Le classi dirigenti europee stanno consumando un suicidio politico ed economico. La prosecuzione della guerra in Ucraina “fino alla vittoria” e il massacro senza fine a Gaza e in Cisgiordania sono coerenti alla politica imperiale degli Stati Uniti ma condannano l’Europa all’irrilevanza esterna mentre, nei singoli Stati, deperisce la democrazia e crescono la repressione del dissenso e la manipolazione dell’informazione.
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Da quanto tempo i vari rappresentanti dell’amministrazione USA annunciano come prossimo il cessate il fuoco a Gaza? E ora, dopo 10 mesi di massacri, oltre 40 mila morti, gran parte degli edifici abbattuti, gli ospedali e le scuole rasi al suolo, centinaia di giornalisti e volontari soccorritori uccisi, la morte provocata per fame e malattie, non è evidente che essi mentono? Che i loro annunci sono propaganda di guerra? Servono alla campagna elettorale dei democratici, a scrollarsi di dosso un po’ del sangue palestinese agli occhi del mondo, a cui devono apparire umani e portatori di pace. Intanto riforniscono l’esercito di Israele di tonnellate di bombe. Ma il cessate il fuoco a che cosa servirebbe? Dopo l’auspicabile restituzione degli ultimi ostaggi israeliani ai parenti, che cosa accadrebbe? Non è evidente che per Netanyahu e compagni non mancheranno mai terroristi di Hamas da bombardare fino a quando nella striscia rimarrà qualche forma di vita? Basta infatti chiedersi: qual è il disegno di Israele e degli USA per dare un minimo assetto di pace a quei territori dopo la tregua? Questo disegno non c’è. Perché il progetto dei “due popoli due Stati” non è realizzabile, dato che il territorio palestinese è stato frantumato, deliberatamente ridotto a un puzzle da Israele, per impedire una qualsiasi configurazione statale. Mentre è evidente che il disegno di Tel Aviv è di rendere inabitabile Gaza, costringere la popolazione a emigrare nei paesi arabi contermini, come fanno ormai da 77 anni a suon di massacri. La grande operazione degli ultimi giorni in Cisgiordania non fa che confermare questa desolante lettura. Forte delle armi e dell’appoggio incondizionato degli USA, tranquillizzato dall’inerzia o dal sostegno anche militare dell’UE, consapevole della necessaria prudenza dell’Iran, sostenuto dai grandi media, Israele intende risolvere la “questione palestinese”, in un solo modo: annettendosi il territorio altrui come ha sempre fatto, come continua a fare con la colonizzazione strisciante e i progrom in Cisgiordania, incassando senza tanto dolersi le condanne impotenti dell’ONU. Dunque violando il diritto internazionale che USA e UE rivendicano solo in Ucraina.
Questa rapida sintesi, tuttavia, che tratteggia un ben noto paesaggio d’orrore, ci porta a parlare d’Europa. Con stupefacente furia suicida le classi dirigenti europee non vogliono accorgersi, che tanto la guerra in Ucraina quanto quella in corso nel Vicino Oriente, fanno parte di un coerente piano imperiale americano. Gli USA progettano da anni di ripetere in Russia quel che hanno fatto in Jugoslavia, cambiare il regime, dominarne e sfruttarne il territorio, farne un avamposto contro il patrner economico più temuto, la Cina. La cosiddetta “sicurezza d’Israele”, che tanto fa palpitare i cuori dei gruppi dirigenti americani è la formula retorica con cui coprire un interesse vitale: rafforzare la presenza USA nella regione, impedire la penetrazione cinese e russa che ha nell’Iran il principale punto di riferimento strategico a venire. L’altro fine della guerra USA è indebolire l’economia europea, rendere politicamente subalterna e marginale l’UE.
Qual è, dunque, l’interesse europeo nel sostenere tale piano? Nessuno ce lo ha spiegato. Nessuno ci ha mostrato le magnifiche sorti e progressive che ci attendono alla fine di questa avventura. Sono sempre più evidenti, al contrario, le pesantissime conseguenze che ricadono in varia misura sui vari paesi. Non solo i danni autoinflitti con le sanzioni alla Russia, il crollo del modello di sviluppo economico fondato sull’energia a basso costo (che aveva fatto le fortune della Germania), gli impegni in spese militari crescenti che fanno deperire il welfare. La Germania e la Francia, i due paesi guida dell’Unione, dove Scholz e Macron sono stati duramente ridimensionati, sono attese dal crollo di equilibri politici decennali. In Germania, il Partito socialdemocratico, una delle più antiche e nobili formazioni politiche d’Europa, sta scivolando nell’irrilevanza. Mentre in questi due anni ovunque è deperita la democrazia, sempre meno i governi tollerano il dissenso (l’Italia è un laboratorio) e i grandi media hanno assunto un’opprimente china manipolatoria. Leggere i resoconti di guerra di Repubblica o del Corriere (della TV pubblica taciamo) offre lo spettacolo quotidiano di una subalternità desolante del nostro giornalismo. È come se esso non svolgesse un servizio d’informazione per il lettore italiano, ma diffondesse notizie per conto di una potenza belligerante straniera. Ma a una domanda le classi dirigenti UE e il Governo italiano in primissimo luogo non possono sfuggire: qual è l’interesse europeo a inimicarsi l’intero mondo arabo, quello medio orientale e quello nordafricano, appoggiando senza condizioni la guerra di Israele? Non è evidente che privilegiare quel piccolo paese, avamposto degli USA nella regione, equivale a consegnare il Mediterraneo, il Mare nostrum, alla potenza d’oltre oceano e, dunque, a privarci di uno spazio strategico per ogni autonomo progetto a venire verso l’Africa e l’Oriente?
Infine, ma non ultima questione: con quali menzogne i governi credono di nascondere alle proprie opinioni pubbliche lo sterminio del popolo palestinese? Basterà inviare in giro i nostri giovani con le borse Erasmus per convincerli della nostra missione civilizzatrice? Non è evidente che un ceto politico delegittimato sta conservando il suo potere sul genocidio di un popolo? L’ennesimo massacro che segnerà la memoria del secolo, secondo la vecchia tradizione coloniale europea, ma questa volta sotto gli occhi del mondo intero. E sostenuto per conto terzi. Diventata un’appendice della Nato, l’UE, infatti, opprime ormai su mandato di altri.
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