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Gaza, il cinismo senza fine di Netanyahu

L’Idf ordina l’evacuazione di Khan Yunis, Bani Suheila e Abasan. Almeno 136 vittime palestinesi in sole 24 ore.

di Umberto De Giovannangeli da l’Unità

Gli aiuti “centellinati” sono solo un contentino dato a Trump. Un paravento dietro al quale Benjamin Netanyahu intende mascherare la parte finale della guerra di annientamento a Gaza.

Il portavoce dell’Idf in lingua araba ha pubblicato un avviso urgente di evacuazione rivolto ai residenti di Khan Yunis, Bani Suheila e Abasan nella Striscia di Gaza. «L’Idf lancerà un’offensiva senza precedenti per distruggere le capacità delle organizzazioni terroristiche in quest’area. Occorre evacuare immediatamente verso ovest, nella zona di al-Mawasi», si legge nel comunicato, «a partire da ora, l’intera area di Khan Yunis è considerata zona di combattimento pericolosa». Il ministero della Salute di Gaza afferma che nelle ultime 24 ore sono stati trasportati negli ospedali di Gaza 136 cadaveri. Secondo il rapporto le strutture sanitarie hanno anche accolto 364 feriti. Il bilancio complessivo delle vittime palestinesi nella guerra tra Israele e Hamas è ora di 53.486, ha affermato il ministero.

“A Gaza, a due mesi dall’inizio dell’ultimo blocco, due milioni di persone muoiono di fame, mentre 116mila tonnellate di cibo sono bloccate al confine, a pochi minuti di distanza” ha dichiarato sulla crisi in Medio Oriente il segretario generale dell’Organizzazione mondiale della sanità, Tedros Adhanom Ghebreyesus, durante la presentazione del suo rapporto sul 2024 in occasione della 78° Assemblea mondiale della sanità in corso a Ginevra. Le persone, prosegue , “muoiono a causa di malattie prevenibili, mentre i medicinali attendono alla frontiera e gli attacchi agli ospedali negano le cure alla gente”.  Nonostante l’evacuazione di oltre 7.300 pazienti “più di 10mila necessitano ancora di essere evacuati per motivi medici”, spiega il segretario generale. “Chiediamo agli Stati membri di accettare più pazienti e a Israele di consentire queste evacuazioni e di consentire l’ingresso a Gaza di cibo e medicine di cui c’è urgente bisogno. L’Oms è pronta, insieme ai nostri partner delle Nazioni Unite, a intervenire rapidamente per consegnarlo, se e quando ne verrà consentito l’ingresso”.

«Per completare la vittoria, sconfiggere Hamas e liberare i nostri ostaggi, non dobbiamo arrivare a una situazione di carestia, né dal punto di vista pratico, né da quello diplomatico. Semplicemente, non ci sosterrebbero». Lo dice il premier israeliano in un video. «Abbiamo intenzione di prendere il controllo di tutta la Striscia di Gaza, è quello che faremo», la decisione di far entrare aiuti umanitari nella Striscia è stata presa perché «ci stiamo rapidamente avvicinando alla linea rossa, a una situazione in cui potremmo perdere il controllo, e allora tutto crollerebbe», ha spiegato Netanyahu. Bloccare totalmente gli aiuti umanitari non ci conviene, dice il premier per addolcire la pillola ad uso e consumo dei ministri di estrema destra che vorrebbero la soluzione finale a Gaza. Ma nonostante le assicurazioni di Netanyahu, di aiuti “minimi” nella Striscia ancora non se ne sono visti. Al cinismo senza limiti del premier israeliano fa da contraltare il coraggio di chi in Israele continua a ribellarsi a questa deriva bellicista e disumanizzante.

Così Haaretz nel suo editoriale: “Non possiamo più accettare quello che Israele sta facendo a Gaza. Venerdì, il membro della Knesset Zvi Sukkot ha dichiarato: ‘Tutti si sono abituati a centinaia di gazawi uccisi in una notte di guerra – il mondo non è interessato’. In modo raccapricciante, Sukkot non ha detto questo come un appello morale a rinsavire, ma come una giustificazione per la necessità di ‘continuare e prevalere’. Non si tratta solo di disumanizzazione, ma di una totale mancanza di sensibilità morale. Le uccisioni dirette non sono l’unica causa di morte nella Striscia di Gaza. Secondo le organizzazioni umanitarie internazionali e le Nazioni Unite, c’è una crescente preoccupazione per il collasso del sistema di aiuti umanitari che potrebbe portare alla fame di massa.

Sia il mondo occidentale che quello arabo hanno espresso crescente preoccupazione, ma Israele è determinato, come sempre, a impiegare più forza e più pressione, a far scorrere più sangue, a compiere più omicidi e a causare più ‘danni collaterali’. Fino a quando? Quando sarà abbastanza? […]Israele si trova a un bivio. Una strada porta a un’estensione della guerra, al sacrificio degli ostaggi, all’aggravarsi della fame, alla continua uccisione di migliaia di civili, compresi i bambini, al trasferimento di massa pianificato, all’isolamento internazionale e alla corruzione morale. Il secondo percorso porta a un accordo globale per il rilascio degli ostaggi, la fine della guerra, il ritiro delle truppe da Gaza, l’invio degli aiuti umanitari nella Striscia, la ricostruzione e l’avvio di uno sforzo diplomatico internazionale per portare a un cambiamento profondo nella regione, compresa la questione palestinese. Solo una di queste strade offre un futuro a Israele”.

 

 

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