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Per il gas egiziano si rinuncia alla «giustizia per Giulio Regeni»

Il governo Draghi ha sottoscritto un accordo con il governo Egiziano per la fornitura di gas, ritenendo che il regime egiziano sia democratico. Poco importa se il regime di al-Sisi sia quello che ha torturato e ucciso Giuìlio Regeni, incarcerato Patrick Zaki e altre migliaia di oppositori politici. Del resto sono anni che l’Italia fa affari con l’Egitto vendendo armamenti.

Passi per l’Algeria, il Qatar, l’Angola, il Congo, il Mozambico o l’Azerbaigian. Ma neppure la realpolitik più navigata può contemplare con nonchalance l’idea di sostituire il gas russo – al fine, giustamente, di non finanziare la guerra di Putin – con il gas proveniente dall’Egitto del generale Al-Sisi, proprio mentre la magistratura italiana è costretta a registrare l’ennesimo sfregio alla giustizia inferto da un regime che continua a tutelare e nascondere i torturatori e gli assassini materiali di Giulio Regeni.

Succede infatti che, a causa della crisi economica e dell’instabilità politica, l’Algeria non riesce a soddisfare le richieste di aiuto avanzate dal premier Draghi, tanto che già all’inizio di aprile la compagnia pubblica algerina, Sonatrach, ha fatto sapere di avere disponibili nel breve periodo solo «alcuni miliardi di metri cubi addizionali». Secondo un sondaggio Euromedia presentato ieri sera a Porta a Porta, però, il 65% degli italiani sarebbe «disposto a ridurre il riscaldamento o il condizionatore per non dipendere dal Gas russo». Sarebbe bello, se bastasse. In realtà, secondo lo scenario ipotizzato nel quadro tendenziale dell’Istat presentato nel Def, anche se le imprese riuscissero ad assicurare il soddisfacimento del fabbisogno energetico grazie alla diversificazione degli approvvigionamenti, l’aumento dei prezzi del gas, del petrolio e dell’elettricità porterebbero comunque a un tasso di crescita del Pil inferiore rispetto alle previsioni tendenziali di 0,8 punti percentuali nel 2022 e 1,1 nel 2023, mentre il tasso di inflazione risulterebbe più alto di 1,2 punti nel 2022 e 1,7 nel 2023.

Rimane però il fatto che finanziare il regime di Al-Sisi vuol dire ancora una volta aiutare Putin. Perché tra i due dittatori c’è grande intesa, politica ed economica: dall’acquisto delle armi russe da parte del Cairo al finanziamento di Mosca per la prima centrale nucleare egiziana, fino ai vari trattati di cooperazione strategica. Motivi per i quali l’Egitto si è astenuto sulla risoluzione Onu di condanna della guerra russa all’Ucraina.

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