La sezione della Corte d’appello di Parigi che si occupa di estradizioni ha rifiutato di consegnare all’Ungheria Rexhino “Gino” Abazaj, l’attivista antifascista italo-albanese accusato di aver aggredito due neonazisti nel febbraio del 2023 a Budapest, e detenuto in Francia su mandato d’arresto dell’Ungheria.
Le accuse contro Gino erano le stesse rivolte all’europarlamentare italiana Ilaria Salis e a un’altra decina di persone, che in quei giorni si trovavano nella capitale ungherese per partecipare ad alcune contromanifestazioni in occasione del “Giorno dell’onore”, una commemorazione che riunisce ogni anno migliaia di militanti di neonazisti.
La Corte d’appello ha citato come motivazione i «rischi di violazioni dei diritti» stabiliti dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU), riconoscendo che l’Ungheria non rispetterebbe il diritto di Abazaj a un giusto processo. La Corte ha anche revocato le misure cautelari nei suoi confronti.
Abazaj è cresciuto in Italia, dove era arrivato quando aveva tre anni e dove tuttora vive la sua famiglia. Era detenuto in Francia dallo scorso 12 novembre, quando era stato fermato nella periferia di Parigi: ha sempre negato le accuse. Già a gennaio la Corte d’appello di Parigi aveva messo in dubbio la capacità e la volontà dell’Ungheria di garantire un processo equo per Abazaj, e aveva quindi chiesto all’Ungheria di dare «garanzie effettive» e precise sulle sue eventuali modalità di detenzione. Abazaj era stato rilasciato a fine marzo, ma in attesa di una decisione sull’estradizione era rimasto sotto controllo giudiziario (che ora è stato rimosso).
Poche ore dopo la decisione del Tibunale francese, il collaboratore da Parigi per Radio Onda d’Urto, Cesare Piccolo ha incontrato e intervistato Gino che ha espresso la propria soddisfiazione per la decisione dei giudici di non procedere all’estradizione in Ungheria: “è una decisione forte perché riconosce che io, in quanto antifascista, possa essere in pericolo nelle prigioni ungheresi”.
Gino, inoltre, sottolinea come sia stato “pienamente riconosciuto che il processo in Ungheria non può essere equo” e auspica che questo possa rafforzare la lotta e “influenzare i casi degli altri compagni e compagne detenute” altrove, o ricercate dal governo autoritario di Orbán.
“Oggi è stata una vittoria quindi festeggiamo – ha detto Gino nella breve intervista a caldo – ma domani torneremo a lottare e a ricordare ancora tutte le altre compagne. Speriamo di continuare così perché c’è ancora tanta strada da fare, tanto lavoro da fare, in particolare in questo momento in cui il fascismo continua ad avanzare in tutta Europa, come in altre parti del mondo”.
“Ringrazio i compagni e le compagne parigine, il Comitato per la mia liberazione che ha fatto un grandissimo lavoro”, mobilitando l’opinione pubblica, il mondo politico e i media che “si sono sinceramente interessati al mio e al nostro caso”, conclude Gino.
Su Radio Onda d’Urto il commento di Rexhino “Gino” Abazaj a poche ore dalla decisione della Corte di Parigi. Ascolta o scarica
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