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Francia: La guerra e la resistenza a Calais

Alla frontiera con l’Inghilterra la violenza è quotidiana. Gli attacchi della polizia dal 21 settembre 2015, giorno dell’espulsione degli accampamenti in città, sono diventati la regola. I gas lacrimogeni bombardano la bidonville non solo ad ogni avvicinamento dei migranti alla zona di transito nel tentativo di passare il confine, ma anche in assenza di un qualsiasi movimento visibile verso le barriere.

La notte del 31 dicembre è stata un esempio di questa volontà di governare con la paura instaurando un clima di tensione nell’immenso accampamento che i migranti hanno costruito per ripararsi e organizzare la loro sopravvivenza in una sorta di trincea permanente.

Questa “nuova jungle” è sorta in seguito alle successive stagioni di ‘caccia’ ai migranti che hanno caratterizzato l’inumana accoglienza sul suolo francese nel corso del tempo. In un primo tempo le autorità avevano assicurato una soglia di tolleranza molto vicina allo zero, ma credibile per alcune organizzazioni umanitarie che hanno partecipato al concentramento e al confinamento dei migranti lontano dalla città.

Il 2016 alla frontiera di Calais è cominciato sotto una spessa coltre di gas lacrimogeni che ha invaso le tende e i ripari di fortuna, le abitazioni e le capanne per uso collettivo. Una pioggia tossica con lacrimogeni tirati in mezzo ai sentieri, tra i ripari abitativi e le botteghe, anche a centinaia di metri dalle barriere che perimetrano la piattaforma portuale militarizzata. Ancora all’alba la nebbia chimica era visibile tra le dune all’altro capo della bidonville che occupa una vastissima area ai confini della zona periurbana.

La Prefettura invece ha inaugurato il nuovo anno annunciando i numeri dei “migranti” che intende ospitare entro la fine della stagione invernale: 2000. Significa che nella bidonville ci sono almeno 5-6000 persone di troppo che devono essere allontanante o cacciate via con la forza. I calcoli della Prefettura non coincidono con la realtà, che è ben lontana da quella che si vuole vedere in un ufficio del ministero dell’Interno, dove si parla solo di cifre e non di persone. E dove si conta sul fatto che l’inverno rallenta i passaggi del Mediterraneo verso l’Italia e rende la traversata dei Balcani ancora più difficile per via delle barriere installate dai differenti paesi europei con lo scopo di chiudere le frontiere nazionali.

Non tengono soprattutto conto del fatto che di fronte  alle frontiere riabilitate nei paesi del nord, un numero di persone che non è determinabile ripiega sulla Gran Bretagna. La politica francese che rifiuta l’accoglienza non farà che respingere e investire somme mirabolanti nei “campi umanitari” per un numero derisorio di persone. Mentre la Direzione del porto di Calais chiede al ministro dell’Interno, Cazeneuve, la creazione di una no-man’s land, banda di confine “libera” tra la barriera che isola l’accesso al porto  e la bidonville, esigendo di fatto la distruzione della città dei migranti.

Alcune strutture umanitarie hanno contribuito la scorsa primavera ad esiliare i rifugiati nella bidonville di Calais. Si renderanno dunque responsabili anche delle condizioni di vita inumane in cui stanno vivendo i migranti della bidonville Dunkerque ?

Alla Grande-Synthe nei pressi di Dunkerque, i migranti sono passati in pochi mesi da un centinaio a qualche migliaio di persone tra cui famiglie con un centinaio di bambini. Médecins sans Frontières (MSF) ha proposto al Comune di installare un campo a norma internazionale su un sito idoneo che permetta condizioni di vita decenti. Da quel momento la polizia controlla illegalmente e con metodi brutali l’accesso della bidonville e impedisce gli aiuti (tende, cibo e coperte o materiali per proteggersi dal freddo) necessari a dotarsi di servizi minimi di sussistenza.

Esiste dunque una dichiarata volontà di eliminare con qualsiasi mezzo la presenza dei migranti e quella delle associazioni, dei comitati o dei collettivi di aiuto e solidarietà ai rifugiati nella regione di Calais. Regione Pas-de-Calais, che alle ultime elezioni ha raccolto oltre il 40% di voti favorevoli al FN al primo turno.

Il 6 gennaio alcuni rifugiati hanno bloccato l’autostrada di accesso all’area portuale e al tunnel con lo scopo di riuscire a salire sui Tir diretti verso l’Inghilterra. La polizia è intervenuta installando uno sbarramento di filtraggio per rallentare il traffico nelle corsie, mentre i rifugiati continuavano a organizzare i gruppi al limiti della “jungle” per respingere gli assalti della polizia anche contro gli abitanti della bidonville. Al rumore continuo dei generatori si aggiungeva quello dei tiri delle granate assordanti e delle urla “Fuck You Police”.

La punizione collettiva è durata per tre notti consecutive.  Il numero delle forze dell’ordine, tra CRS, gendarmi e poliziotti, a Calais è esploso. I mezzi dotati di cannoni ad acqua stazionano ai limiti della bidonville e sulle vie di accesso al porto. La barriera chimica, come i tiri di pallottole di gomma mirando deliberatamente alla testa, sono diventati la norma, un modello di gestione della massa di esiliati, di rifugiati e di migranti che lascia feriti e distruzione sul quel campo di battaglia che è diventata la bidonville di Calais e il suo perimetro.

Nonostante la repressione sia diventata ossessiva, le persone sono determinate a sfidare la polizia e a battersi per passare la frontiera.

A chiosare, si segnala la presenza di blindati per “rinforzare i dispositivi di sicurezza interna”. Lo Stato d’emergenza e l’esercito risolveranno “la crisi dei migranti” nella patria della “libertà de dei diritti umani”?

Il Governo di Hollande ha infine annunciato l’11 gennaio il suo “piano umanitario”: l’ autorizzazione del campo di MSF alla Grande-Synthe, frutto di una mobilitazione e della perseveranza del sindaco nonché della campagna mediatica su una situazione particolarmente indegna e scandalosa. E di un “Centro di Accoglienza Provvisorio”, campo di container a Calais in una parte della bidonville già evacuata lo scorso settembre in piena illegalità, senza procedura di espulsione nonostante lo Stato non sia proprietario dei terreni (nella bidonville è stata costruita una capanna di informazione e di accoglienza giuridica, le attività sono iniziate l’11 gennaio).

Recintato, sorvegliato da vigilantes armati anche di cani, con un sistema di controllo delle entrate-uscite su impronta della mano, il centro è tutt’altro che ospitale, anzi alimenta solo diffidenza perché le impronte digitali sono utilizzate per ostacolare i progetti di immigrazione e costringono i migranti a richiedere l’asilo in un paese che di solito non è quello scelto. Poi,  senza la possibilità di lavarsi, di cucinare o preparare un thé, un caffé, il centro è un luogo dove non esiste accoglienza.

Questo intervento per perimetrare la “jungle” sancisce una situazione che si protrae da oltre vent’anni, ma che viene gestita come “emergenza” invece di investire risorse per strutturare l’inserimento, ossia facilitare un percorso per integrare la presenza delle persone esiliate, rifugiate e immigrate nel tessuto sociale ed economico della città. Con la necessità di assicurare assistenza e di garantire strumenti giuridici per chi viaggia o transita sul territorio nazionale in direzione di altri paesi con l’intenzione di installarsi altrove, ma che invece si ritrova in un campo a causa delle politiche migratorie di uno o dell’altro paese.

Lo Stato francese sta bloccando la possibilità che i migranti creino nuovi campi facendo pressione perché vivano in condizioni inumane con lo scopo di dissuaderle dal venire in Francia. Dichiara inoltre che intende liberarsi dai rifugiati, esiliati, migranti prendendo come pretesto “la violenza che regna a Calais”. I tremila abitanti di troppo della Grande-Synthe devono di fatto sparire come i novemila di Calais.

La violenza regna a Calais perché la guerra ai migranti parte dai ministeri e arriva nelle bidonvilles di Calais e di Dunkerque con una continua e sistematica violazione dei diritti, con l’accanimento poliziesco e i muri di gas tossici, e grazie alle milizie della destra radicale e radicalizzata in Francia che minaccia, offende, aggredisce e colpisce. Polizia che con quotidiane provocazioni, attacchi con lacrimogeni e pallottole di gomma ad altezza uomo,  coopera con i Calaisiens en Colère, milizia neo-nazisti sostenuta dal Mouvement Action Sociale.

I fascisti locali, protetti dalla polizia, oltre alle aggressioni, ai lanci di pietre e di petardi contro i migranti, filmano poi diffondono indirizzi e foto delle persone che aiutano, sostengono e sono solidali con le lotte degli abitanti delle bidonvilles.  Persone che provengono sia da Calais e dalla Francia che da altri paesi europei, cittadini che credono che “non si può aiutare tutti ma tutti possono aiutare” e militanti che insieme agli abitanti della bidonville tentano di trasformare temporaneamente la “jungle” in città-laboratorio, perché si tratta della sorte di migliaia di persone ma anche della società in cui viviamo e della sua comune costruzione.

In concomitanza con le mobilitazioni europee contro le politiche migratorie europee, CALL FOR SUPPORT: https://calaismigrantsolidarity.wordpress.com/category/news/

da GlobalProject

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