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«Io, ex ergastolano, dico: la sentenza della Corte Europea fa paura alla mafia»

Intervista a Carmelo Musumeci, da agosto in libertà condizionale. «Molti ‘ soldati’, arrestati quando erano giovani, con una speranza di rifarsi una vita sarebbero stimolati ad uscire, anche culturalmente, dalle loro organizzazioni»

«Dopo le sentenze della Corte Europea e della Corte Costituzionale sulla “Pena di Morte Viva”, che hanno dato fiato alla speranza ad alcuni ergastolani, le mafie tremano perché hanno paura di rimanere senza esercito», così spiega l’ex ergastolano Carmelo Musumeci che ad agosto scorso è riuscito ad ottenere la liberazione condizionale attraverso l’accertamento della cosiddetta “collaborazione impossibile”. Ha varcato la soglia del carcere fin dal 1991 con una condanna all’ergastolo ostativo. La scadenza della pena è fissata al 31 dicembre 9999, mentre anni fa si scriveva: fine pena mai. Il che vuol dire la stessa cosa.

Entrato in carcere con la licenza elementare ha conseguito due lauree, una in Giurisprudenza e una in Sociologia. Ha scritto “L’urlo di un uomo ombra” e altri libri sul fine pena. Musumeci ha attraversato dure prove durante gli anni di prigionia. Il 41 bis, le celle di isolamento a causa della sua ribellione al sistema carcerario, si è trovato a combattere non solo contro l’istituzione penitenziaria, ma anche contro diversi detenuti che, appartenendo alla cultura mafiosa, mantenevano l’ordine, quello di subire e basta, senza rivendicare i diritti. Un percorso che l’ha portato a creare relazioni con il mondo esterno, quello della cultura e della politica. Da anni ha intrapreso delle lotte per l’abolizione dell’ergastolo ostativo ed è contento per la sentenza della Consulta che ha aperto un varco alla speranza.

Ma come fa a dire che la mafia ha paura di questa sentenza?

Perché molti ‘ soldati’ ( la manovalanza, ndr), specialmente arrestati quando erano giovani, con una speranza di rifarsi una vita sarebbero stimolati ad uscire, anche culturalmente, dalle loro organizzazioni.

Però c’è chi dice il contrario e infatti c’è stata una indignazione generale.

Sì, dai salotti televisivi e dalla carta stampata si sono scatenate tante polemiche, come se la mafia fosse solo tutta in quei 700 detenuti condannati al carcere duro e in un migliaio, poco più, di ergastolani ostativi, in carcere da 20, e anche 30, anni. Si è detto che potrebbero uscire i condannati per le stragi di mafia, dimenticando di dire che la stragrande maggioranza di loro sono diventati collaboratori di giustizia. Si è detto che il carcere duro non va abolito perché c’è il rischio che i mafiosi diano ordini dal carcere, dimenticando di dire che arrestato un boss ce n’è subito un altro che prende il suo posto.

Lei dice spesso che l’ergastolo aggiunge ingiustizia ad ingiustizia.

Certo, per questo i rivoluzionari francesi nel 1789 avevano mantenuto la pena di morte e abolito la pena dell’ergastolo. Penso che il carcere senza speranza sia una fabbrica di mostri e in tutti i casi la pena non dovrebbe essere una vendetta, ma piuttosto una malattia da cui si può, e si deve, guarire. La vendetta individuale è comprensibile, invece quella collettiva è disumana. Dopo dieci, venti, trent’anni di carcere un uomo, senza più vedere un tramonto, un’alba, un albero, un fiore, senza più sentire le voci dei bambini, non è più un uomo normale. Non è facile vivere senza futuro. Non è umano! Solo i morti possono vivere senza futuro. La giustizia potrebbe, anche se non sono d’accordo, ammazzare un criminale quando è ancora cattivo, ma non dovrebbe più tenerlo in carcere quando non lo è più, o farlo uscire solo quando baratta la sua libertà con quella di qualcun altro, collaborando, e spesso usando la giustizia.

Quindi un ergastolano che ha ucciso per mafia ha il diritto di una seconda possibilità?

Se la pena è solo vendetta, sofferenza e odio come può questa fare bene o far guarire? Se siamo umani non possiamo stare prigionieri tutta una vita. Molti ergastolani sono nati già colpevoli, per il contesto sociale dove venuti al mondo, e non meritano di morire in carcere, in particolar modo i ragazzi che hanno subito la condanna all’ergastolo all’età di diciotto, diciannove e vent’anni. Penso che la pena dell’ergastolo sia una pena stupida e inutile, che distrugge il presente e il futuro a chi lo sconta e non dia vita a nessuna vita. È disgustoso essere contro l’abolizione dell’ergastolo per solo consenso sociale o politico e citare in modo strumentale le vittime, perché come dice Agnese Moro, figlia di Aldo Moro: “La sofferenza dei colpevoli non allevia il dolore delle vittime”.

E quindi, cosa propone?

Credo che alle vittime dei reati interesserebbe di più far uscire ai colpevoli il senso di colpa per il male fatto e penso che questo sia più facile con una pena che faccia bene e che dia speranza, altrimenti il carnefice si sentirà a sua volta vittima, senza chiedersi mai quanto dolore ha inferto, ma rimanendo perennemente concentrato sul suo.

Damiano Aliprandi

da il dubbio

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