Ergastolo ostativo. Antigone invia ai parlamentari un proprio documento: “rispettare le indicazioni di Consulta e Corte Edu”
Antigone ha inviato ai componenti della Commissione Giustizia della Camera dei Deputati un documento (consultabile a questo link) contente le proprie proposte in materia di ergastolo ostativo. È qui che sono in discussione attualmente tre proposte di legge che sembrano più orientate a salvaguardare le ragioni alla base del regime speciale di cui all’art. 4-bis dell’Ordinamento penitenziario che al rispetto delle chiare e vincolanti indicazioni provenienti dalla Corte Costituzionale nonché dalla Corte di Strasburgo.
Entro il prossimo maggio il Parlamento dovrà infatti modificare la disciplina dell’ergastolo ostativo prevedendo che la collaborazione con la giustizia non sia più il solo strumento per ottenere la liberazione condizionale. Così ha chiesto la Consulta con l’ordinanza 97 del 2021, affermando che “il condannato alla pena perpetua è caricato di un onere di collaborazione, che può richiedere la denuncia a carico di terzi, comportare pericoli per i propri cari, e rischiare altresì di determinare autoincriminazioni, anche per fatti non ancora giudicati. Ciò non significa affatto svalutare il rilievo e utilità della collaborazione, intesa come libera e meditata decisione di dimostrare l’avvenuta rottura con l’ambiente criminale, e che certamente mantiene il proprio positivo valore, riconosciuto dalla legislazione premiale vigente, qui non in discussione. Significa, invece, negarne la compatibilità con la Costituzione se e in quanto essa risulti l’unica possibile strada, a disposizione del condannato all’ergastolo, per accedere alla liberazione condizionale”.
Nel documento inviato al legislatore, Antigone precisa in particolare tre punti fra quelli in discussione, riguardanti l’onere probatorio, le condizioni generali per accedere alla liberazione condizionale e la proposta competenza unica nazionale in capo al Tribunale di sorveglianza di Roma.
Gli ergastolani in regime ostativo sono oggi circa il 70% del totale dei condannati alla pena perpetua, si tratta perciò di oltre 1.250 detenuti che – salve le ipotesi di collaborazione – non hanno alcuna possibilità di reintegrazione sociale, come invece prescrive l’art. 27 della Costituzione.
Andrea Oleandri
Ufficio Stampa Associazione Antigone
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