Alla sbarra Alaa Abdel Fattah e Mahienour el Massry, le voci più note dell’opposizione al regime di al-Sisi. Parte la campagna per il rilascio
Oggi in Egitto tre diversi tribunali si troveranno a dover decidere sulla sorte di numerosi attivisti. È l’ennesima goccia in uno stillicidio continuo di processi, condanne, arresti e denunce che ormai da oltre quattro anni colpisce chi si schiera contro il presidente al-Sisi e in difesa dei diritti umani. Stavolta dall’Egitto è stata lanciata una campagna per tenere alta l’attenzione sui processi e non lasciarli cadere nel silenzio.
L’occasione è data anche dal fatto che in due di questi processi sono coinvolti alcuni degli attivisti egiziani più importanti e più noti anche a livello internazionale.
Ad Alessandria sarà Mahienour el Massry, avvocatessa trentunenne, a comparire in aula insieme ad un gruppo di altri avvocati, tutti a processo per una protesta contro il trasferimento delle due isole egiziane di Tiran e Sanafir all’Arabia saudita.
Insieme a Moatasem Medhat del partito Pane e Libertà, el Massry è stata arrestata il 18 novembre durante un’udienza a cui era stata convocata. Negli anni Mahienour si è sempre distinta per il suo essere in prima linea a difesa dei più deboli.
Si è occupata di lotte dei lavoratori, processi militari, bambini di strada e rifugiati siriani e ha già scontato quasi due anni di carcere tra il 2014 e il 2016, ricevendo il premio internazionale Ludovic Trarieux per i diritti umani.
E sempre nella giornata di oggi è atteso anche un’altro importante processo contro Alaa Abdel Fattah, attivista simbolo della rivoluzione egiziana del 25 gennaio 2011, in carcere ormai da oltre tre anni.
Abdel Fattah era stato imprigionato e condannato in base alla famigerata legge sulle proteste emanata dai militari golpisti nel 2013. Oggi però, a 18 mesi dal suo fine pena, rischia un’ulteriore condanna con l’accusa di aver «insultato» la magistratura. Definito il «detenuto di tutte le epoche», Abdel Fattah è stato incarcerato sotto tutti i regimi che hanno governato l’Egitto negli ultimi anni (da Mubarak passando per Morsi fino ad al-Sisi).
Sono processi simbolici, che mettono alla sbarra alcune delle icone di quella che Amnesty International definiva «generazione protesta» e che oggi invece è stata ribattezzata «generazione carcere». Ma l’invito a continuare a resistere e lottare arriva proprio da loro, dalle celle in cui sono rinchiusi.
Scriveva Mahienour alcune settimane fa dal carcere: «In realtà sono sicura e vedo che la rivoluzione per cui milioni di persone stanno pagando il prezzo, è ancora nel cuore di ognuno/a di noi ed è ancora in grado di minacciarli e terrorizzarli… Nonostante tutto siamo ancora forti!».
Pino Dragoni
da il manifesto
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