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Draghi ringrazia i libici per come trattano i migranti

A Tripoli il presidente del Consiglio dimentica la sistematica violazione dei diritti umani. Diciamolo francamente, le parole di Mario Draghi in missione d’affari a Tripoli da Dabaiba, l’ultimo leader tripolino da noi accreditato dopo lo sponsorizzato al-Sarraj, rappresentano insieme una menzogna ed una offesa

Certo, vanno ricostruiti i rapporti con la Libia e il suo nuovo governo, provare a riprendersi qualche spazio occupato nel frattempo dalla Turchia e poi si sa, gli affari sono affari e la diplomazia ha le sue regole, quindi se sei ospite a casa di qualcuno non ti metti a criticare tutto.

Ma quelle poche parole sui migranti dette ieri dal premier Mario Draghi a Tripoli sono di quelle che lasciano il segno: «Noi esprimiamo soddisfazione per quello che la Libia fa, per i salvataggi, e nello stesso tempo aiutiamo e assistiamo la Libia». Apprezzamento per un Paese che imprigiona uomini, donne e bambini in condizioni disumane, ma anche per il lavoro di una Guardia costiera, quella libica appunto, da tempo sotto accusa per le violenze ai migranti al punto che in molti ormai, prima di citarla, fanno precedere l’aggettivo «cosiddetta». Certo, Draghi ha subito aggiunto che, per quanto riguarda i disperati che fuggono in mare «il problema non è solo geopolitico ma è anche umanitario», ma è sembrato davvero molto poco.

A sinistra, anche se non tutta la sinistra, quel riconoscimento fatto da Draghi a un Paese che l’Onu e la stessa Unione europea definiscono «non sicuro» per i migranti, hanno avuto l’effetto di uno schiaffo in faccia. «Significa dirsi soddisfatti della sistematica violazione dei diritti umani. Era inaccettabile quando lo dicevano i suoi predecessori. E’ inaccettabile anche oggi che a dirlo è lui», attacca su Twitter il dem Matteo Orfini. Sulla stessa linea l’ex presidente della Camera Laura Boldrini, mentre l’ex medico di Lampedusa, oggi vicepresidente della commissione Libe all’europarlamento Pietro Bartolo, si dice «interdetto se non stupito» per le affermazioni del premier. Insorgono anche i Verdi mentre il segretario di Sinistra italiana Nicola Fratoianni ironizza: «Draghi ha confuso la parola salvataggi con la parola cattura».

Il problema adesso è capire cosa farà Enrico Letta. Da presidente del consiglio nel 2013 varò la missione Mare nostrum che in un solo anno salvò più di centomila persone in fuga dalla Libia senza pensare neanche per un attimo di riportarli indietro. Quell’operazione viene giustamente ricordata ancora con orgoglio. Bisogna vedere se da segretario del Pd Letta accetterà di rifornire ancora la Libia con mezzi e soldi per andare a prendere quanti cercano di fuggire oggi. A sera, in televisione, il segretario risponde solo in parte alla domanda: sulla questione dei migranti e dei salvataggi in mare, dice, «il Pd sarà sulla linea che io voglio portare avanti: c’è bisogno di trattare con umanità e rispettando i diritti delle persone e bisogna dire che c’è una differenza tra il salvataggio in mare di chi muore e la questione dei migranti. Il salvataggio in mare è un dovere del nostro Paese».

I salvataggi di cui parla il premier vengono effettuati con le motovedette fornite fino a oggi dall’Italia, che finanzia anche la cosiddetta Guardia costiera libica. Finanziamenti rinnovati ogni anno attraverso il decreto missioni. Nel 2020 alla Libia sono andati complessivamente 58.292.664 euro, quasi dieci milioni in più rispetto all’anno precedente, e di questi 10.050.160 euro sono stati destinati alla Marina per andare a riprendere i migranti che fuggono nel Mediterraneo. Oltre ai soldi ci sono poi i mezzi e la loro manutenzione con relativi appalti assegnati anche quest’anno.

Sempre l’anno scorso il Pd è stato a un passo dal mettersi, per una volta, di traverso. A febbraio l’assemblea nazionale votò una mozione presentata da Matteo Orfini per bloccare i finanziamenti alla Guardia costiera libica. Sembrava fatta ma alla fine il partito votò il decreto missioni spiegando la giravolta col fatto che nel rinnovare il Memorandum Italia-Libica per i contrasto all’immigrazione era stata inserita la presenza delle organizzazioni umanitarie nel Paese nordafricano. Tra non molto il parlamento dovrà discutere di nuovo il decreto missioni e Orfini ha già chiesto al partito un atto di coraggio: «Il modo migliore per dimostrare che vogliamo cambiare le cose, è farlo davvero», ha detto il deputato.

Carlo Lania

da il manifesto

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Draghi, libico e soddisfatto

«Sul piano dell’immigrazione noi esprimiamo soddisfazione per quello che la Libia fa nei salvataggi e nello stesso tempo aiutiamo e assistiamo la Libia…». Diciamolo francamente, le parole del presidente del consiglio Mario Draghi in missione d’affari a Tripoli da Dabaiba, l’ultimo leader tripolino da noi accreditato dopo lo sponsorizzato al-Sarraj, rappresentano insieme una menzogna ed una offesa.

Una menzogna – con pure una sua spolverata umanitaria sui «corridoi» che purtroppo restano iniziativa marginale – perché, ed è impossibile che non ne sia informato, i governi che lo hanno preceduto – Renzi, Gentiloni, Conte 1, Conte 2, unica eccezione Enrico Letta che attivò la missione della Marina militare Mare Nostrum per salvarli davvero i migranti – si sono caratterizzati per avere delegato alle sedicenti autorità libiche e alle loro milizie, volta a volta ammantate da divise ufficiali, la gestione sia del controllo dei migranti a terra che del blocco, whatever it takes, delle loro disperate partenze. Di questo siamo soddisfatti? La nostra delega ha costituito infatti la legittimazione di una aperta violazione dei diritti umani, perché l’area della Tripolitania e non solo si è trasformata – in piena e prolungata guerra civile intestina tra clan contrapposti dopo la caduta di Gheddafi ad opera della Nato – in un immenso campo di concentramento, dove i migranti sono stati catturati come prede, raccolti come merce di scambio.

Spesso barbaramente torturati e sottoposti a violenze di ogni genere. Parliamo di una migrazione inarrestabile che arriva dalla poverissima – ma ricchissima di materie prime – Africa dell’interno, dove le crisi politiche e le guerre si moltiplicano e spesso vedono coinvolti proprio gli interessi europei e occidentali. Fuggono dalla miseria e dai conflitti armati che contribuiamo ad alimentare con il traffico di armi e la corruzione di tanti governi in carica. Nell’imbuto libico, attraversando i deserti, devono essere fermati, non debbono arrivare nella Fortezza Europa. Il misfatto deve essere tenuto lontano.

Iinfatti abbiamo inventato l’esternalizzazione delle frontiere dell’Europa: arrivano fino al Sahel, al Mali, al Niger, al Ciad. Fino dove arrivano i nostri affari. Lì portiamo avanti con missioni militari e occupazioni, con interventi «mirati» alimentando nuovi nemici, nuovi conflitti e radicalità che ormai dappertutto in Africa vestono i panni dell’integralismo islamico, il nemico propizio del circolo vizioso della nostra «civiltà»: più armi più guerre, più guerre più asimmetrico terrorismo di ritorno, più macerie più profughi, più profughi più campi di concentramento e più razzismo populista, più conflitti, più distruzioni più affari per le ricostruzioni…

Ma le parole di ringraziamento di Draghi suonano anche come offesa a quanti hanno denunciato la gestione criminale in tutti questi anni della questione dei migranti: parliamo dell’Oim, dell’Alto Commissariato per i Diritti umani delle Nazioni unite (Unhcr), che hanno più volte denunciato la dichiarazione cara prima al democratico neo-coloniale Minniti poi al razzista Salvini, che la Libia era «un posto sicuro», documentando le sevizie e la prigionia alle quali sono stati sottoposti – senza dimenticare i tanti reportage del giornalismo d’inchiesta non embedded; una offesa alle Ong di soccorso a mare che, incuranti della prepotenza dei governanti che hanno voluto e vogliono la loro criminalizzazione, hanno rischiato sottraendo ogni essere umano dalle mani delle milizie costiero-carcerarie. Ma soprattutto è una offesa ai tanti morti delle stragi nel Mediterraneo dove, nella sostanziale amministrazione della «teoria e pratica dei porti chiusi» l’Unione europea e l’Italia nel rimpallo di responsabilità nei soccorsi e nel salvataggio, sono stati a guardare che si estendesse il vasto cimitero mediterraneo, con una strage di affogati dietro l’altra.

Dal 2011 a oggi i morti nel Mediterraneo sono 25 mila, secondo i dati Oim e Unhcr-Onu. E dal 2017 a oggi, cioè dalla firma del memorandum di Minniti, oltre 55 mila persone sono state riportate indietro dalla guardia costiera libica, ossia sono respingimenti per procura – l’Italia o l’Ue non potrebbero farlo ma lo abbiano fatto fare ai libici, pagandoli profumatamente. Senza contare le vittime cadute negli attraversamenti dei deserti.
Draghi però non si muove certo in solitudine. Fatto significativo, nelle stesse ore della sua missione a Tripoli con Di Maio, i rappresentanti dell’Europa Charles Michel e von Der Leyen sono stati ospiti di Erdogan in Turchia. Viaggio d’affari anche lì, quindi con il dare e l’avere: riallacciare i rapporti con il Sultano atlantico perché continui nell’opera di contenimento delle rotte dei profughi in fuga da tre guerre: irachena, afghana e soprattutto dall’inferno della Siria. Dove Erdogan – che cancella in patria i diritti umani – ha fatto di tutto: è entrato in guerra, ha massacrato i curdi, ha gestito il flusso di jihadisti trafficando con loro in petrolio e armi – come hanno denunciato giornalisti indipendenti finiti in galera o in esilio – , diventandone il santuario. E questo su istigazione della coalizione degli Amici della Siria (Usa, Arabia saudita, Paesi europei) nell’intento di destabilizzare la Siria com’era riuscito in Libia. Il risultato è un paese di milioni di esseri umani in macerie. Ora l’Europa, così attenta ai diritti umani altrui, chiede offrendo miliardi di euro, che la Turchia continui a trasformare parte del suo territorio a partire dalle sue frontiere in un immenso sistema concentrazionario.

Così Draghi fa la sua parte sull’altra sponda del Mediterraneo. Sa poco di Libia, forse, ma sa di affari e finanza: al primo posto nuovo import export energetico e business della ricostruzione. Lo scambio vale dunque la consegna della medaglia al «salvataggio» alle milizie libiche che a giorni anche il «parlamento» italiano, vale a dire questa mega-coalizione di governo con la finta opposizione dell’estrema destra di Fd’I, sta per ri-approvare. E ora Draghi, contento e soddisfatto, elogia la Libia per le catture delle prede umane.

Tommaso Di Francesco

da il manifesto

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