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Diritti Senza Confini: dalla questura di Roma allarmi ingiustificati.

“State sereni” il 16 dicembre percorreremo le vie di Roma con una manifestazione popolare, pacifica e di massa.

La manifestazione nazionale di sabato 16 dicembre a Roma promossa da noi – italiani e stranieri, migranti e profughi che continuano a subire ogni forma di violenza fisica, legislativa, sociale e lavorativa – sarà popolare, pacifica e di massa.

 All’allarme lanciato dalla Questura di Roma con ben due note negli ultimi giorni – e prontamente riprese da certa stampa con tono allarmistico – rispondiamo con la seguente nota volta a sottolineare che ogni allarme è assolutamente ingiustificato.

Il 12 dicembre scorso, gli stessi organizzatori di “Diritti Senza Confini” hanno chiesto un incontro urgente al ministro dell’Interno Marco Minniti per aprire un’interlocuzione sui temi in cui si articola la manifestazione. Speriamo con questo di aver posto fine agli allarmismi veicolati dalla campagna di stampa in atto contro i migranti e i profughi, i senza casa, i precari, gli studenti e quanti sono diventati puntualmente oggetto di campagna elettorale.

Il 16 dicembre sarà la giornata degli uomini e delle donne resi “invisibili” dalle norme antisociali che continuano a produrre povertà, disoccupazione, guerra tra persone già impoverite e senza casa. Indipendentemente dalla provenienza geografica. Marceremo insieme per le vie di Roma, lo faremo partendo dai nostri bisogni comuni di dannati delle politiche di austerità, della colonizzazione politica ed economica e delle guerre geopolitiche e della devastazione ambientale in corso in Europa, Africa, Asia e Americhe.

Manifesteremo insieme a centinaia di associazioni laiche e religiose, alle forze sindacali e sociali, per rivendicare:

–          la libertà di circolazione e di residenza

–          il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari ai profughi a cui non è stata riconosciuta la protezione internazionale

–          la regolarizzazione generalizzata dei migranti presenti in Italia

–          la solidarietà, l’antirazzismo e la giustizia sociale

–          l’abolizione delle leggi repressive (Bossi-Fini, Minniti – Orlando e Dublino III)

–          la rottura del vincolo permesso di soggiorno/contratto di lavoro e residenza

–          il diritto all’iscrizione anagrafica

–          lo smantellamento dei lager e la fine degli accordi di deportazione

–          la cancellazione dell’art. 5 della legge Lupi e della legge sulla Sicurezza urbana

–          un’accoglienza e un lavoro dignitosi per tutti e tutte

–          la fine di qualsiasi forma di ghettizzazione

–          spese per i servizi sociali fuori dal patto di stabilità

–          il diritto al reddito minimo per tutte e tutti

L’appuntamento è alle ore 14.00 a Piazza Della Repubblica, a seguire il corteo fino a Piazza del Popolo.

Facebook. Fight/Right – Verso il 16 Dicembre Twitter. @Roma16dicembre

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Allarme infiltrati e altre bufale: è partita la solita campagna contro il corteo Fight/Right

Il copione è consumato e sempre lo stesso: si avvicina la data di un’importante manifestazione e alcuni giornali e la questura si adoperano per una campagna allarmistica, i contenuti di chi manifesta passano in secondo piano e i titoli sono dedicati alla possibilità di ‘infiltrati’ e agli imponenti dispositivi di sicurezza. Esattamente quello che sta accadendo in vista del corteo nazionale di sabato 16 dicembre in programma a Roma contro il razzismo di Stato e le politiche securitarie e xenofobe. Un corteo che non fa piacere evidentemente al Governo dei provvedimenti Minniti-Orlando, dei lager in Libia e delle campagne di criminalizzazione delle Ong: per dimenticarlo non basta la nuova professata fede antifascista del Partito democratico. Una manifestazione per giunta autorganizzata da forze sociali e sindacali, associazioni e gruppi di base, ma che soprattutto vedrà il protagonismo di migliaia di migranti che lottano nelle città per un’accoglienza degna, contro lo sfruttamento nei magazzini della logistica e nelle campagne del caporalato.

Il questore di Roma Guido Marino spiega a mezzo stampa che non saranno tollerati petardi, vestiario atto a travisare il volto e qualsiasi cosa non sia gradita alle forze dell’ordine schierate in maniera massiccia per le strade del centro della città. Annunciati anche controlli approfonditi e capillari di chi raggiungerà la manifestazione all’ingresso della città e nelle vie limitrofe al concentramento. E il rischio concreto è che i pullman in arrivo in città, come già accaduto nell’ultimo anno, siano a lungo trattenuti con controlli infiniti e pretestuosi, e che i filtri attorno alla piazza di partenza (con il controllo di striscioni e cartelli) possano ledere il diritto a manifestare e contribuire ad alzare inutilmente la tensione.

Una campagna e un clima d’intimidazione a cui il comitato organizzatore della manifestazione risponde in maniera ferma, ribadendo che si tratterà di un corteo di massa che vedrà la partecipazione di tanti e diversi, ma anche spiegando che per sabato sarà mobilitato un legal team con l’obiettivo di monitorare, denunciare e impedire eventuali abusi o provocazioni da parte delle istituzioni prima, durante e dopo lo svolgimento del corteo.

«Questa è una manifestazione radicale perché siamo resi radicali dalla radicalità della Reazione. Era impensabile fino a dieci anni che si potesse dire “criminalizzo i soccorritori in mare e faccio l’accordo con gli assassini”, perciò l’opposizione oggi è e deve deve essere radicale. Quella di sabato 16 sarà una manifestazione utile a dimostrare che l’opinione pubblica non sta da quella parte, perché c’è un’opinione pubblica fatta dai cittadini di diversa provenienza geografica che vivono in Italia che dicono no a queste politiche. E lo dicono in maniera pacifica, ferma, possente. In piazza». A parlare non è un facinoroso di quelli tanto temuti dai media mainstream ogni qual volta siamo alla vigilia di una manifestazione di piazza, ma l’avvocato Arturo Salerni, penalista del foro di Roma, esperto di diritto internazionale e immigrazione. Salerni è uno dei tanti firmatari dell’appello con cui i giuristi italiani hanno aderito a “Diritti senza confini”, la manifestazione indetta da più di 100 organizzazioni che sfileranno per le strade di Roma il pomeriggio di sabato 16 dicembre.

Migranti e profughi, senza casa e senza reddito, precari e studenti, di ogni provenienza geografica e uniti dal filo spesso dello sfruttamento e della repressione, sotto i colpi dei decreti Minniti-Orlando e del Jobs act, della Buona scuola e degli sfratti a oltranza. «Gli invisibili, i dannati della globalizzazione», si sono autodefiniti gli organizzatori. Gli avvocati italiani saranno al loro fianco, mentre già montano i toni allarmistici dopo che la questura di Roma ha diramato due note sul “rischio infiltrati” facendo divieto di usare caschi, indumenti che travisano il volto, fumogeni e così via. E certa stampa ha prontamente ripreso l’allarmismo, sempre pronta a raccontare le manifestazioni di piazza come una questione di ordine pubblico.

Perché i giuristi hanno deciso di aderire al 16 dicembre e scendere in piazza?
I giuristi oggi entrano in campo sulla vicenda delle migrazioni perché sulla questione del rispetto del diritto d’asilo e dei diritti umani si gioca il futuro del nostro stato di diritto.

Che già adesso non è messo molto bene…
Beh sì, forse dovremmo dire che si gioca il presente e il futuro del nostro stato di diritto. La questione fondamentale delle politiche europee e del nostro governo poggiano oggi sul mancato rispetto dei diritti umani fondamentali e in primo luogo del diritto alla vita.

I morti in mare, la schiavitù, i diritti umani pubblicamente violati nei campi in Libia ma anche nei centri di detenzione e persino di accoglienza europei e italiani.
La detenzione di uno straniero, senza alcun reato altro, è anche una violazione delle regole generali del diritto penale del fatto. Questo è un diritto penale delle persone, e non del fatto, che riguarda misure privative delle libertà nei confronti di chi ha l’unica colpa di essere straniero e di avere qualche irregolarità amministrativa. Un fatto che caratterizza i regimi autoritari e non i regimi democratici.
Noi oggi stiamo affermando come criterio fondamentale della relazione tra gli Stati la negazione della libertà di movimento. Di viaggiare, di muoversi, di migrare. Che è una questione non separata ma distinta dal diritto di essere accolti nei confronti di chi fugge da uno Stato autoritario dove vengono negate le libertà fondamentali, che è un diritto previsto dalla nostra Costituzione, all’art. 10, e che costituisce un elemento fondamentale di tutte le Costituzioni successive alla Rivoluzione francese. Una cosa è il diritto a non essere respinti e altra cosa è la libertà di migrare.

E altra cosa ancora è la libertà di circolazione degli stessi cittadini italiani. Eppure le privazioni delle libertà e lo scivolamento dei diritti riguardano oramai pure gli italiani.
Quando si abbassano gli standard di libertà – normativi, salariali, di diritti – per alcune categorie in realtà è un scivolamento verso il basso per tutti gli altri. Pensiamo alla legislazione dell’emergenza degli anni 70 che introduceva misure nei confronti di chi praticava la lotta armata, ma poi tutti quegli elementi emergenziali, carcerari e così via sono stati estesi ad altre categorie. Tutti quelli che dicono: togliamo i diritti a qualcuno per averne noi di più (anche sociali, del lavoro, e così via), in realtà fanno un’operazione bugiarda perché poi è sempre il contrario. Vale anche per i Daspo prima applicato ai tifosi e poi esteso. Si tratta di una violazione di regole, come per esempio la quasi flagranza al posto della flagranza, la limitazione della libertà di circolazione basata non sulla commissione del reato ma sull’appartenenza a un determinato gruppo, e così via… In realtà operazioni come questa aprono un buco da una parte – tanto che ce ne frega dei tifosi? – ma poi si estendono e raggiungono i territori del conflitto sociale. Che poi, in conclusione, sempre a quello si mira.

Lo scivolamento è già cominciato. Ma un legal team è pronto all’occorrenza.

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