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Diritti civili o diritti sociali? La parabola discendente di un intellettuale del ’68

E’ possibile essere fautori dei diritti civili ma al contempo negare i diritti sociali, è lecito per alcuni sostenere le istanze dei movimenti contro le devastazioni ambientali ma allo stesso tempo assumere posizioni sulla guerra attigue all’imperialismo e al militarismo.

E per molti si deve scendere in piazza, giustamente, a difesa della Legge Zan ma ignorare il Green pass e tacere davanti alla gestione capitalistica della pandemia.

La parabola discendente di Enri De luca è propedeutica per una area di intellettuali provenienti dagli anni sessanta e settanta, intellettuali che ritroviamo oggi a fianco della Ue e della Nato. E’ già accaduto nel passato con intellettuali europei diventati anti comunisti dopo avere inneggiato alla rivoluzione proletaria tra gli anni sessanta e settanta.

E forse si comprendono anche i silenzi di tante aree conflittuali, avanzatissime nella difesa dei diritti sociali ma ignavi davanti alla guerra, pronti a sostenere le istanze dei Kurdi ma ignavi davanti a quanto accade in Palestina o nel Donbass

I diritti civili non dovrebbero essere in antitesi a quelli sociali , i diritti dei cittadini davanti allo stato, i diritti che scaturiscono dalla democrazia economica, dal lavoro, da un reddito adeguato e da retribuzioni dignitose, da una casa dove abitare, dalla lotta alle disuguaglianze economiche e sociali.

Perchè, a scanso di equivoci,  quanto avvenuto negli ultimi 30 anni vede i diritti sociali soccombere davanti ai diritti civili, in nome di quella libera circolazione delle persone che poi si accomuna, nell’era liberista, alla libera circolazione delle merci e dei capitali.

Una società equa ha bisogno di entrambi i diritti, anzi quelli sociali sono spesso determinanti per affermare i diritti civili come accaduto negli anni settanta quando le lotte per il divorzio e l’aborto scaturirono dalle lotte sociali, sindacali e politiche degli anni sessanta e settanta.

Questa premessa è dirimente per capire quanto accade oggi, nel pieno del conflitto tra Ucraina e Russia.

Le dichiarazioni rese da De Luca al Fatto Quotidiano  del 14 Marzo sono un campionario perfetto di quella ipocrisia perbenista e borghese che è passata, in un ventennio, dall’avversione per le guerre umanitarie e della Nato alla partecipazione attiva , e cosciente, delle ragioni della Ue e degli Usa, una inversione di rotta sconcertante ma eloquente di una arrendevole subalternità politica e culturale ai dominanti.

De Luca , al pari di tanti esponenti liberal democratici e della sinistra che fu pacifista, si schiera a fianco dell’Ucraina e favorevole all’invio delle armi che da mesi partono dagli aeroporti militari Italiani, ben prima della guerra.

Il sostegno solidale di De Luca va al governo dell’Ucraina, lo stesso che ha incluso nelle fila dell’esercito quel battaglione Azov protagonista di eccidi in Donbass. Ma del Donbass come dello Yemen De Luca non parla, la difesa della dignità indossa l’elmetto e si schiera a fianco dell’Ucraina e della sua annessione alla Ue e alla Nato.

E l’ipocrisia regna sovrana quando si invoca l’accoglienza dei profughi che dovrebbe valere per tutti i cittadini provenienti dalle aree di guerra, quei cittadini lasciati morire al freddo e al gelo ai confini dei paesi solidali con l’Ucraina, due pesi e due misure nell’umanitarismo a senso unico dell’odierno pensiero borghese.

E la ipocrisia invoca sanzioni ancora più severe tacendo sulle speculazioni attorno ai prezzi di gas e petrolio che avranno ripercussioni negative sull’economia e soprattutto sul potere di acquisto di tutti\e.

Federico Giusti

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