Difendiamo il diritto democratico a manifestare. Il divieto per la manifestazione a Roma il 5 ottobre è sbagliato e ingiusto
- ottobre 01, 2024
- in appello, lotte sociali
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Ogni individuo ha diritto alla libertà di espressione. Tale diritto include la libertà d’opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera.
di Federico Giusti
art 21 Costituzione Italiana
Nella Costituzione italiana esiste la piena libertà di manifestare il pensiero in ogni forma eccezion fatta se ci sono reati di ingiuria, calunnia, diffamazione, vilipendio, istigazione a delinquere e se viene recata offesa al “buon costume.
La Costituzione ha recepito tuttavia il Codice penale Rocco di emanazione fascista e per quanto siano affermati principi di libertà molte manifestazioni sono state proibite e ferocemente represse in nome della difesa dell’ordine pubblico.
La sinistra italiana e prima il Pci non hanno mai voluto porre al centro dell’operato la riscrittura del codice penale e per questo sono arrivate tutte le legislazioni emergenziali che da eccezionali sono divenute con il tempo ordinarie.
Se il fascismo trasformò il codice penale in una sorta di “schermo” dietro il quale celare i veri intenti del regime, oggi analoga considerazione potremmo fare in merito al decreto di legge 1660.
Il divieto posto alla manifestazione per la Palestina del 5 ottobre da parte della Questura arriva dopo pesante intrusioni da parte governativa, e non solo, per impedire questo corteo promosso dalla Comunità palestinese.
Questo divieto è assolutamente illegittimo anche alla luce dei recenti fatti, in presenza del genocidio in corso con decine di migliaia di morti tra i civili palestinesi e libanesi, vietare una manifestazione per alcuni documenti o commenti apparsi sui social evidentemente lede un diritto costituzionale.
Il diritto costituzionale è ormai una tigre di carta ed è evidente la natura politica della posizione assunta per vietare il corteo del 5 ottobre.
Anche Amnesty international scende in campo per difendere il diritto a manifestare
Negli ultimi anni abbiamo assistito ad alcune delle più grandi mobilitazioni da decenni a questa parte: Black Lives Matter, MeToo, i movimenti contro i cambiamenti climatici hanno ispirato milioni di persone a scendere in strada per chiedere giustizia per le persone discriminate su base etnica e per l’uguaglianza, i mezzi di sostentamento, la giustizia climatica, la fine della violenza e della discriminazione di genere.
Ovunque, le persone si sono mobilitate contro la violenza e gli omicidi della polizia, la repressione di stato e l’oppressione. Quasi senza eccezione, la risposta delle autorità statali a questa ondata di proteste di massa è ostruttiva, repressiva e spesso violenta. Invece di creare le condizioni per esercitare il diritto di protesta, i governi stanno ricorrendo a misure ancora più estreme per stroncarlo. Ecco perché Amnesty International ha deciso di lanciare questa campagna.
https://www.amnesty.it/campagne/proteggo-la-protesta/
Quanto scrive Amnesty vale anche per l’Italia in rapporto al decreto 1660.
Le organizzazioni sindacali e sociali dovrebbero adoperarsi direttamente per la revoca del divieto a manifestare sapendo che in ogni caso migliaia disobbediranno scendendo in piazza contro il genocidio del popolo palestinese, questo divieto è solo l’inizio di una svolta autoritaria che presto si abbatterà su tante altre istanze sindacali, sociali e politiche.
Anni fa gli accordi di Abramo vennero accolti con troppa sufficienza in Europa, l’idea di uno stato di Israele “dal fiume al mare” dimostra che la guerra in corso si prefigge l’obiettivo di estenderne i confini e di proseguire con quel colonialismo da insediamento che anche alcune risoluzioni Onu hanno condannato.
Convocare a un anno dall’inizio delle operazioni militari una manifestazione contro il genocidio del popolo palestinese e la politica annessionista di Israele è quindi da configurare come una risposta legittima e democratica delle comunità palestinesi e delle tante realtà solidali presenti nel paese.
Il divieto di manifestare serve per gettare nell’oblio quanto oggi accade in Medio Oriente, equiparare l’antisionismo con l’antisemitismo, va detto e urlato con estrema chiarezza: siamo in presenza di un velenoso antipasto di quanto avverrà dopo la approvazione al Senato del decreto legislativo già approvato alla Camera.
Sono in gioco le libertà e le agibilità sociali e collettive, per questo difendere la libertà di manifestare il 5 ottobre è una battaglia di civiltà, di democrazia ma anche la risposta legittima contro il genocidio del popolo palestinese con una Ue silente e complice al contrario di quando invece prendeva parola e posizione per rivendicare il diritto a una terra per un popolo martoriato e cacciato via dalle proprie case.
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