«Senza depositi (bancari) non ci sono diritti umani». E ancora: «Siamo contro la corruzione e la violenza del governo». Sono alcuni degli striscioni comparsi davanti alla sede della People’s Bank of China (Pboc) di Zhengzhou, capoluogo della provincia cinese dello Henan, dove nella mattina di domenica circa un migliaio di persone si sono riunite per chiedere a quattro banche locali di restituire i loro risparmi.

Tutto era iniziato ad aprile dopo che migliaia di persone in diverse zone della Cina avevano scoperto di non essere più in grado di ritirare contanti. La somma rivendicata dai correntisti si aggirerebbe complessivamente intorno agli 1,5 miliardi di dollari. Alle prime proteste era seguito l’avvio di indagini.

POI IL VERDETTO delle autorità: gli istituti, tutti controllati dalla Henan Xincaifu Group Investment Holding Co., sarebbero coinvolti in operazioni illegali di raccolta fondi attraverso piattaforme online. Dei soldi i legittimi proprietari non hanno più avuto notizie. Così domenica hanno raggiunto la sede provinciale della Pboc, che in Cina supervisiona le istituzioni finanziarie.

Tra la folla sono spuntate scritte in inglese, appelli al premier Li Keqiang e immagini di Mao Zedong, simbolo di una Cina egualitaria ormai sepolta da decenni di arricchimento glorioso. Nulla da fare. Centinaia di poliziotti in borghese hanno circondato i manifestanti e risposto alle prime resistenze con la forza: diverse persone sono state viste allontanarsi con ferite sanguinanti. Una donna incinta ha riferito al South China Morning Post di essere stata trascinata via con violenza.

Tornata la calma, le autorità hanno annunciato che definiranno «un piano per proteggere i diritti legali delle persone coinvolte» e procederanno con i primi rimborsi. Sono anche scattati diversi arresti. Ma la scarsa trasparenza adottata nella gestione del caso continua a far parlare: sul web foto e video delle proteste sono state censurate e i media statali hanno per lo più evitato di riportare quanto accaduto.

IN CINA non capita frequentemente di vedere la popolazione scendere in strada per far valere i propri diritti. Tuttavia, negli ultimi anni non sono mancate accese esternazioni di malumore in risposta all’altalenante performance dell’economia. A gennaio era stata la volta degli investitori di Evergrande, il colosso dell’immobiliare vicino al collasso sotto il peso dei debiti.

Sebbene di piccole dimensioni, le banche rurali hanno un’importanza enorme: prestano alle piccole e medie imprese che danno impiego all’80% della popolazione. Il loro stato di salute ha ricadute sistemiche. Secondo gli esperti, proprio la loro esposizione al real estate le rende sul lungo periodo particolarmente esposte a pericolose scosse sismiche. Il passo dall’instabilità finanziaria a quella sociale è breve.

Solo pochi giorni fa alcuni correntisti intenzionati a raggiungere Zhengzhou per partecipare alle proteste hanno visto il proprio codice sanitario – necessario per accedere ai trasporti pubblici – diventare inspiegabilmente rosso. Dopo alcune denunce, le autorità hanno parlato di un errore del sistema, salvo poi punire cinque funzionari per essere intervenuti sull’app «senza autorizzazione».

MA SECONDO varie testimonianze il problema «tecnico» si è manifestato di nuovo la scorsa settimana. Recentemente, proprio la provincia dello Henan era stata accusata dalla stampa internazionale di fare un uso coercitivo della tecnologia con scopi di sorveglianza di massa, anche contro giornalisti stranieri. Ecco che dietro la storia dei conti bancari potrebbe esserci in gioco molto più che l’integrità del sistema finanziario cinese.

da il manifesto