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“Denunciate chi occupa”, linea durissima del ministero sulle occupazioni studentesche romane

Linea dura del Ministero dell’Istruzione sulle occupazioni studentesche. In particolare l’ondata di proteste che hanno riguardato negli ultimi mesi le scuole romane: da fine ottobre infatti, sono state decine le scuole occupate o autogestite nella sola capitale.

Le denunce che arrivavano dagli studenti erano chiare, un maggiore investimento sull’istruzione e un maggiore interessamento da parte della politica, dagli edifici fatiscenti a rischio crollo, dalle aule mancani, dagli insegnanti assenti o continuamente sostituiti, dalla dad mal funzionante alle strumentazioni per i laboratori assenti. Le basi necessarie per una istruzione pubblica, che il Pnrr del governo Draghi non soddisfava.

Ora, proprio alla vigilia della chiusura per la pausa natalizia, interviene il capo dell’ufficio scolastico regionale del Lazio, Rocco Pinneri, con un documento inviato ai presidi in cui chiede di usare la mano pesante con gli studenti che hanno occupato. “Vi chiedo di denunciare formalmente il reato di interruzione del pubblico servizio e di chiedere lo sgombero dell’edificio, avendo cura di identificare, nella denuncia, quanti possiate degli occupanti”, una linea durissima da parte del ministero, sotto le veci di Rocco Pinneri che firma la circolare.

Da Roma c’è Ernesto, studente romano di Osa. Ascolta o Scarica

da Radio Onda d’Urto

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No al pugno di ferro contro gli studenti e le studentesse!

“Vi chiedo di denunciare formalmente il reato di interruzione del pubblico servizio e di chiedere lo sgombero dell’edificio, avendo cura di identificare, nella denuncia, quanti possiate degli occupanti” e ancora: “Agli occupanti identificati occorrerà anche applicare le misure disciplinari previste dal regolamento interno di ciascuna scuola e dell’occupazione si terrà conto nel determinare il voto in condotta“.

Sono queste le parole che il direttore generale dell’ufficio scolastico regionale Lazio, Rocco Pinneri, utilizza per affrontare una situazione di mobilitazione generale che a Roma ha portano negli ultimi due mesi ad oltre settanta occupazioni scolastiche, numeri che non si vedevano da più da più di dieci anni.

Un dato cosi macroscopico deve fare riflettere il dottor. Pinneri cosi come tutti coloro che hanno in gestione il ruolo di direzione degli ambiti formativi nel nostro Paese, il Ministro Bianchi per primo.

Quanto sta avvenendo a Roma, e in maniera minore in altre città come Firenze, Bologna e Torino, non può essere derubricato a questione di “ordine pubblico” ma chiama in causa profonde ferite che le giovani generazioni stanno vivendo dopo oltre due anni di convivenza con la pandemia.

Alle carenze strutturali di sempre del diritto allo studio si è aggiunto in questo periodo un vero e proprio blackout pedagogico, con centinaia di migliaia di studenti che hanno abbandonato gli studi e la perdita di credibilità del processo formativo come strumento di emancipazione.

È tempo che si apra una discussione di ampio respiro sulla funzione sociale della scuola nella società in cui viviamo, capace di rimettere in discussione le fondamenta di un sistema che parla solo di competizione e meritocrazia e che ha perso ogni capacità di ascolto.

Crisi sanitaria, economica e sociale ed infine ambientale. Probabilmente molti giovani non hanno gli strumenti per conoscere nel dettaglio molti di questi temi, quello che però percepiscono chiaramente è che per loro non c’è futuro, non esiste prospettiva in questo mondo.

Non è un caso infatti che, come denuncia il Prof. Stefano Vicari, responsabile di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza del Bambin Gesù di Roma, siano in crescita tra gli adolescenti disturbi di ansia, irritabilità, stress e disturbi del sonno, fino ad arrivare ai casi estremi in aumento di autolesionismo e tentato suicidio.

Le occupazioni di queste settimane sono un segnale di allarme generale con cui gli studenti stanno comunicando la propria sofferenza al mondo e alla politica, la risposta non può e non deve essere il pugno di ferro della repressione.

Sono già, invece, diversi i casi di sospensioni, denunce e sanzioni disciplinari di vario tipo disposte dalle scuole a danno degli studenti e delle studentesse in mobilitazione e sempre più frequenti terrificanti immagini di forze dell’ordine che, in divisa o in borghese, entrano dentro edifici scolastici e aggrediscono fisicamente gli studenti.

Facciamo dunque appello al mondo della cultura, agli insegnanti, alle organizzazioni di categoria, a giuristi e tutti coloro condividano quanto scritto affinché questi episodi e questo sistema di gestione delle proteste cessi immediatamente di essere applicato, in nome dell’agibilità democratica di questo Paese è necessario cogliere le spinte progressiste che vengono invocate dagli studenti aprendo un tavolo di confronto con tutte le parti chiamate in causa.

Solidali con gli studenti e le studentesse in lotta

Per sottoscrivere l’appello scrivere alla mail: solidalistudentiestudentesse@gmail.com

Primi firmatari del mondo della formazione, arte e cultura:

Marco Veronese Passarella (economista, docente alla Link Campus University)

Alberto Prunetti (scrittore)

Fioramonti Lorenzo (ex ministro dell’istruzione)

Marta Fana (economista)

Davide Steccanella (avvocato)

Moni Ovadia (uomo di teatro, attivista per i diritti)

Ascanio Celestini (attore)

Fabio Marcelli (giurista)

Fabrizio Casari (giornalista)

Sergio Cararo (giornalista, direttore Contropiano.org)

Alessandro Bianchi (giornalista, direttore l’Antidiplomatico)

Emiliano Brancaccio (economista, docente all’Università del Sannio)

Raul Mordenti (Storia della critica letteraria, Università di Roma Tor Vergata)

Luciano Vasapollo (professore di Politica economica presso Università la Sapienza di Roma)

Lorenzo Giustolisi (insegnante e sindacalista USB)

Lucia Donat Cattin (insegnante e sindacalista USB)

Dario Furnari (insegnante e sindacalista USB)

Luigi del Prete (insegnante e sindacalista USB)

Nadia Cardello (insegnante e sindacalista USB)

Stefano D’Errico (professore e sindacalista UNICOBAS)

Alessandra Fantauzzi (professoressa e sindacalista UNICOBAS)

Giovanna lo Presti (professoressa e sindacalista CUB)

Renata Puleo (già dirigente scolastica, Collettivo NiNaNd@)

Andrea Vento (coordinamento del gruppo insegnanti di geografia autorganizzati)

Matteo Saudino (docente di filosofia)

Riccardo Pariboni (Coniare Rivolta, docente all’Università di Siena)

Caterina Manicardi (dottoranda in economia al Sant’Anna)

Tancredi Salamone (dottorando in storia economica al Sant’Anna)

Alessandro Brizzi (dottorando in storia alla Normale di Pisa)

Cristina Re (dottoranda in economia all’università di Siena)

Fanco Russo (Forum diritti lavoro)

Daniela Albano (docente Torino)

Christian Raimo (docente, scrittore, assessore)

Daniela Torro (avvocato del Foro di Milano)

Ernesto Screpanti (docente di Economia politica presso l’Università degli Studi di Siena)

Giorgio Gattei (economista)

Stefano Gallo (primo ricercatore Cnr Istituto di studi sul Mediterraneo – Napoli)

Pierpolo Capovilla (cantautore)

Stefano Azzarà (docente di Storia della filosofia Università di Urbino)

Riccardo Bellofiore (economista)

Giovanni Carosotti (insegnante)

Rossella Selmini (professoressa associata di Criminologia all’Università di Bologna)

Primi firmatari del mondo della politica:

Doriana Sarli (deputata gruppo misto)

Matteo Mantero (senatore Potere al Popolo)

Paola Nugnes (senatrice gruppo misto/Sinistra Italiana)

Virginia La Mura (senatrice gruppo misto)

Simona Suriano (deputata gruppo misto)

Giorgio Cremaschi (Potere al Popolo)

Marta Collot e Giuliano Granato (portavoce nazionale Potere al Popolo)

Nunzio d’Erme (osservatorio repressione)

Giulia Livieri e Alvise Tassell (Cambiare Rotta)

Tommaso Marcon e Calcagnile Myriam (OSA)

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Lettera aperta di USB Scuola agli insegnanti delle scuole romane

Car* collegh*,

Come insegnanti siamo consapevoli che non ci sia nulla di più fastidioso e invadente dei consigli o dei suggerimenti di chi ci dice cosa dobbiamo fare o come dobbiamo rapportarci ai nostri studenti.

Se ci permettiamo di intervenire è solo sulla base della nostra internità al mondo della scuola, del nostro sforzo per migliorarla, del nostro lavoro per rivendicare la funzione sociale degli insegnanti e dei lavoratori della scuola, per tutelare e sviluppare il principio di indipendenza culturale che è iscritto nel dettato costituzionale.

Non ci è mai piaciuto, peraltro, un atteggiamento di contiguità e di falsa amicizia tra docenti e studenti, perché riteniamo che il rapporto pedagogico sia una cosa troppo seria per ridurlo a una generica vicinanza umana, o a una perenne giustificazione delle scelte giuste o sbagliate degli allievi e che non producono crescita reale.

Ma un punto ci sembra debba essere oggi messo al centro del nostro lavoro, ovvero una percezione quanto più possibile chiara e consapevole di quel che si agita nella testa e nei cuori delle giovani generazioni.

Due cose stanno avvenendo, in questi anni di crisi pandemica dalla quale non siamo affatto fuori. I ragazzi si sentono spesso estranei alle istituzioni, e non hanno intenzione di vivere passivamente il loro disagio.

Come rispondiamo a tutto questo? Dopo tanti anni siamo in presenza di una disponibilità alla politica, nel senso più ampio e alto del termine, che rifà irruzione nelle scuole, specie in alcune città.

Roma è stata attraversata da circa 70 occupazioni. Questo dato numerico è importante perché rimarca il bisogno dei giovani di essere ascoltati rispetto al malessere che vivono. La Scuola evidentemente non sta riuscendo a dare loro strumenti né spazi per esprimersi, confrontarsi, crescere e in generale superare due anni di pandemia che li hanno segnati. Pensare di essere dentro a uno scenario consueto, di quella che Marcuse chiamava “tolleranza repressiva”, sarebbe un errore di prospettiva notevole. Oggi la risposta istituzionale è molto netta e passa da chiusure a ogni tipo di dialogo e all’uso dello strumento repressivo-disciplinare come unica risposta a quanto avviene.

Su questo siamo chiamati a una responsabilità notevole. Non per avallare ogni decisione studentesca, non è questo il punto, ma per chiederci come rispondiamo a questo bisogno di prospettiva che le proteste studentesche indicano chiaramente.

Non è pensabile stare sul piano della circolare dell’USR Lazio o dei verbali dei Consigli di Istituto o dei CDC di tante scuole romane, tutti attenti a stigmatizzare la dimensione vandalica (ma un’inchiesta sulle condizioni materiali di quelle scuole non la fa nessuno, né il MIUR né altri), a chiedere il “massimo della pena”, a chiudere la partita prima ancora di iniziarla.

USB non intende accettare questo ruolo da esecutori e invita tutti i colleghi a problematizzare le questioni, ricordando che la chiusura degli spazi democratici per gli studenti e la liquidazione tutta disciplinare delle questioni, è preludio di una perdita di democrazia complessiva nelle scuole che riguarda tutti, ed è già in corso da tempo.

Fermiamo i procedimenti disciplinari e troviamoci dopo la pausa natalizia per una assemblea cittadina, aperta a tutto il mondo della scuola. Ne daremo presto notizia più precisa, intanto invitiamo tutti a condividere questo testo, a discuterlo, a scriverci, a fare di questa discussione non un fastidioso accidente ma un importante momento di riflessione su quello che rischiano di diventare definitivamente le nostre scuole.

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