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Se denunci, ti licenzio. Le pressioni sui lavoratori dell’ex-Ilva di Taranto

Nella fabbrica siderurgica più grande d’Europa, sequestrata otto anni fa dalla magistratura perché produceva malattie e morte e che cade ormai a pezzi, gli operai e i delegati sindacali che denunciano l’assenza di sicurezza rischiano il licenziamento

Taranto: «L’inquinamento che vediamo all’esterno, in Città, è la manifestazione visibile della debolezza dei rapporti di forza sindacali, della mancanza di democrazia all’interno della fabbrica», mi disse una volta Alessandro Leogrande, giornalista e scrittore scomparso troppo presto il 28 novembre del 2017 e che della condizione degli operai dell’Ilva di Taranto si occupava fin dalla metà degli anni ’90. È quello che sta accadendo anche nelle ultime ore nello stabilimento siderurgico più grande d’Europa, l’ex Ilva, appunto, che dal 26 luglio 2012 tornato a essere di proprietà dello Stato dopo il sequestro operato dalla magistratura, con gli impianti che dal settembre del 2018 sono stati “affittati” alla multinazionale franco-indiana, Arcelor Mittal.

Il delegato sindacale della Fiom/Cgil, l’operaio dell’ex Ilva di Taranto, Giuseppe D’Ambrosio, infatti, ha ricevuto qualche giorno fa una lettera di sospensione dal servizio con preavviso di licenziamento e altri tre lavoratori in queste ore rischiano di perdere il posto di lavoro all’interno della fabbrica. L’accusa mossa dall’azienda nei loro confronti è di aver messo a rischio la sicurezza degli impianti all’interno dello stabilimento. Di tutt’altro avviso, invece, sono le fonti sindacali interpellate. «La realtà è che chi denuncia le gravi condizioni di sicurezza in cui si trovano gli impianti rischia il licenziamento», afferma il delegato del consiglio di fabbrica della Fiom/Cgil, Francesco Brigati:

«La ricostruzione della vicenda compiuta da Arcelor Mittal è chiaramente artefatta, perché Giuseppe D’Ambrosio ha semplicemente svolto il suo ruolo di rappresentante dei lavoratori, denunciando anche in passato le criticità relative alla sicurezza presenti in fabbrica». Da ultimo, la condizione dei treni nastri, impianti su cui D’Ambrosio lavorava.

Continua Brigati, mostrando le denunce sulla sicurezza fatte negli anni anche alla procura: «È del tutto evidente che lo stato in cui si trova il siderurgico è ormai al collasso e la mancanza di manutenzione ordinaria sta determinando un serio rischio per la salute e la sicurezza dei lavoratori». Poi Brigati rivela: «In fabbrica si respira un clima di intimidazione anche nei confronti delle forze sindacali, oltre che degli operai. “State attenti quando denunciate agli enti ispettivi”; come interpretare, infatti, diversamente, questa frase che è stata pronunciata da Arturo Ferrucci, il responsabile delle risorse umane di Arcelor Mittal durante un incontro con i coordinatori di fabbrica delle Rsu, le rappresentanze sindacali unitarie».

Una manifestazione Usb (dalla pagina Facebook di Usb – Taranto)

E conclude: «La sospensione del delegato della Fiom non è un caso isolato, altri lavoratori sono stati sospesi dall’azienda». Per questo, ieri, a Taranto, si è tenuta una conferenza stampa che ha rivelato nuovi dettagli sulle condizioni in cui si trovano ad operare in fabbrica, attualmente, i delegati sindacali, alla quale ha partecipato anche la segretaria generale della Fiom Cgil, Francesca Re David.

Anche Francesco (il nome è di fantasia) è un operaio della fabbrica che nell’ultimo anno è stato oggetto di alcuni rapporti disciplinari, ma è anche un iscritto del sindacato Usb che ha denunciato decine di gravi situazioni che mettono a rischio la salute dei lavoratori, come la presenza di amianto nei reparti e lo stoccaggio improprio di rifiuti e materiali da risulta.

In generale, la presenza di materiali potenzialmente dannosi in stato di totale abbandono. E per questo è stato “richiamato”, più volte, dall’azienda. Anche se in fabbrica continua a lavorare, denunciando ciò che non va. Così spiega l’operaio della grande fabbrica tarantina: «È uno stabilimento che rischia di cadere a pezzi, dove neppure l’ordinaria manutenzione viene più assicurata». Dice: «Se guardiamo solo ai numeri, c’è da rimanere allibiti. Su un totale di più di 8000 lavoratori assunti, più della metà si trovano attualmente in cassa integrazione. In fabbrica siamo poco più di 3000». E ancora: «Per la mancanza di personale in loco sugli impianti, la sicurezza è a rischio. Sono gli operai che denunciano, più dei delegati sindacali, perché temono sempre di più per la loro stessa vita. E siamo noi, soprattutto, a subire i licenziamenti. Perché i più ricattati. Sono stati circa ottanta, infatti negli ultimi due anni, i licenziamenti strani, che sono apparsi punitivi, strumentali. Quattro soltanto nell’ultimo mese».

A queste cifre, ancor più drammatiche, si sommano quelle di quanti in questi anni non hanno retto il peso della cassa integrazione. E si sono tolti la vita. Quattro operai dell’ex Ilva si sono ammazzati nell’ultimo anno. A ciò si aggiungono i nove lavoratori che hanno perso la vita sul posto di lavoro, dal 2012 ad oggi, da quel 26 luglio del 2012 quando un magistrato di provincia, Patrizia Todisco, decretava il sequestro dello stabilimento siderurgico più grande d’Europa perché all’esterno di esso «produceva malattie e morte, anche nei bambini».

Ed era così cominciata una vertenza sanitaria, ambientale, economica e occupazionale che ha visto coinvolti decine di ministri, di commissari europei, diversi presidenti del consiglio e che ha dato inizio a un processo giudiziario per disastro ambientale, tuttora in corso, che ha decimato la classe politica e imprenditoriale locale. Ma da allora qui a Taranto è cambiato tutto per non cambiare nulla.

«A nessuna istituzione degna di questo nome, in realtà, sembra importare di noi, al di là dei proclami. Mi chiedo perché il ministro dell’ambiente, Sergio Costa, ad esempio, non è mai venuto a visitare Taranto e l’Ilva», me lo ripete più volte l’operaio, nel corso della nostra conversazione. Anche lui come il 50% della Città che li ha votati alle ultime politiche, credeva che i “Cinque Stelle” avrebbero risolto la questione, come promesso in campagna elettorale.

Ma, intanto, per i commissari va tutto bene. Proprio ieri l’altro in Commissione attività produttive della Camera si sono svolte le audizioni dei Commissari straordinari Francesco Ardito, Antonio Lupo, Alessandro Danovi, in merito alla crisi economica che attraversano le aziende dell’indotto ex Ilva. «Non è particolarmente critica la situazione», hanno ribadito all’unisono i commissari governativi.

Gaetano De Monte

da DINAMOPress

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