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Il decreto che chiude i porti non rispetta le convenzioni internazionali, va abrogato

Migranti salvati dalle Ong, pubblichiamo l’intervento pronunciato al senato da Gregorio De Falco nel corso dell’interrogazione alla ministra delle infrastutture De Micheli

Il 7 aprile 2020 è stato firmato un decreto che dichiara non sicuri, «unsafe», i porti della Repubblica a causa dell’emergenza in atto, per impedire l’approdo in un porto italiano alla navi soccorritrici come l’”Alan Kurdi”. Quel provvedimento, però non risulta pubblicato e dunque non è conoscibile.

Preliminarmente: 1) Una nave ha diritto di entrare in un porto se è in grave difficoltà, o se in difficoltà siano le persone a bordo. Forza Maggiore o Stato di Necessità, Convenzione 1923 sul Regime dei Porti Marittimi. 2) Per i possibili richiedenti asilo a bordo di nave in acque interne, lo Stato costiero ha piena giurisdizione e deve verificare il ricorrere dei requisiti. Diversamente si tratta di respingimento illecito. 3) Negare in modo “automatico” il diritto di passaggio è illegittimo, perché incompatibile con le norme internazionali sul diritto di passaggio inoffensivo che può essere sospeso, ma solo in presenza di uno specifico e concreto pregiudizio per lo Stato costiero. 4) L’ingresso nel mare territoriale collegato all’attività di Search and Rescue è, in quanto tale, legittimo (art 98 Unclos) e non può considerarsi attività compiuta in violazione delle leggi nazionali sull’immigrazione, se l’obiettivo della nave è semplicemente quello di far sbarcare i naufraghi.

Dice il decreto: «I porti italiani non assicurano i requisiti necessari ….(come) Place of safety in virtù di quanto previsto dalla Convenzione di Amburgo sulla ricerca ed il salvataggio marittimo, per i casi di soccorso effettuati da parte di unità navali battenti bandiera straniera al di fuori dell’area Sar italiana». Quindi abbiano la compiacenza di fare naufragio qui da noi!

Il decreto del 7 aprile opera un richiamo erroneo ed una grave torsione logico-giuridica, delle norme delle Convenzioni internazionali Unclos e Sar: si limita l’ingresso di una nave non perché essa rappresenti un pericolo per lo Stato (presupposto previsto dall’art 19 Unclos), ma perché i porti italiani («unsafe») sono un pericolo per le navi.

Questo decreto è paradossale e non impedisce lecitamente l’ingresso alle navi soccorritrici (Art 98 Unclos), ma può mettere in scacco l’intera portualità, poiché, assumendo che i porti non sono luoghi sicuri in relazione alla pandemia in atto, si afferma logicamente l’esistenza di un pericolo potenziale per i marittimi comunque presenti in porto. In effetti, alcuni giornali spagnoli hanno scritto che «i porti italiani sono chiusi a tutte le navi straniere fino al prossimo 31 luglio», evidenziando così che la norma può pervenire ad una pericolosa eterogenesi dei fini.

Inoltre, trasbordare i naufraghi su un’altra nave non serve a nulla ed è una ipocrisia, poiché essi sono comunque in acque interne, su nave italiana e totalmente soggetti alla giurisdizione nazionale, dunque sono in Italia. Dunque si tratta solo un aggravio per i contribuenti, se si considera anche che non vi è stato sinora alcun caso di positività tra i migranti soccorsi in mare da Ong, mentre ne arrivano dai cosiddetti sbarchi autonomi, quelli sono incontrollabili.

Chiedo se al ministro Paola De Micheli consti che la decisione presa abbia come conseguenza logica e giuridica la dichiarazione di “unsafe” tutte le strutture portuali italiane, con le conseguenze esposte in premessa, e se questa sia a volontà sua e dell’intero governo; quale sia il senso del provvedimento del capo del Dipartimento della Protezione civile, richiesto dal ministro, e che prevede l’inutile trasbordo delle persone salvate da una nave all’altra, impedendo la soluzione più logica, quella dello sbarco e dei successivi controlli sanitari legati all’epidemia di Coronavirus.

I migranti della Alan Kurdi siano stati assistiti e posti in quarantena su una nave italiana significa che se questa era la soluzione non vi era motivo per emanare quel dannoso decreto. Dannoso politicamente, ipocrita, e soprattutto che ha messo in discussione il concetto di salvaguardia della vita in mare, violando sia la Convenzione Unclos che la Sar.

Concludendo, quel decreto è erroneo, torce le norme internazionali e si traduce in ipocrisia, ma è soprattutto la conferma indiretta, ma chiara, che questo governo non ha alcuna intenzione di modificare i Decreti sicurezza secondo i rilievi del presidente della Repubblica, e che sta procedendo nel segno della continuità con i governi precedenti, in dispregio delle dichiarazioni rese, qui in Senato, dal presidente del Consiglio Conte, dichiarazioni con le quali chiese la fiducia e così ottenne la mia e forse quella di alcuni altri colleghi.
Per tutto quanto detto quel decreto deve essere abrogato.

Gregorio De Falco – senatore del Gruppo Misto

da il manifesto

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