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Decreto anti-terrorismo: Trojan di stato per spiare i computer

Il decreto legge “anti-terrorismo” approda nell’Aula della Camera, dopo un passaggio nelle Commissioni di merito. Ancora non chiaro se l’esecutivo porrà e o meno alla fiducia, davanti ai 250 emendamenti presentati.

Tra gli emendamenti inseriti uno che permette le intercettazioni “preventive” via web di semplici sospettati, senza quindi ci siano indagati per reati specifici, attraverso “Trojan di Stato” capaci di controllare i dispositivi informatici da remoto, oltre alla possibilità di conservare fino a due anni i dati del traffico telefonico.

Il decreto, che rifinanzia pure le missioni militari all’estero, autorizza la polizia a effettuare le intercettazioni preventive dei semplici sospettati sulle reti informatiche, utilizzando programmi per acquisire “da remoto” le comunicazioni su social, Whatsapp o altre piattaforme. Tutto quello che c’è su pc e altri supporti – documenti, contatti, mail e altro ancora – sarà quindi a disposizione dello spionaggio di Stato. Portato inoltre fino a 2 anni il termine di conservazione dei dati di traffico telematico e delle chiamate senza risposta (oggi di un anno e di un mese).

Non manca poi una norma per assunzione di altri allievi dei carabinieri, che costa 4 milioni di euro. L’assenza del parere del Tesoro ha tuttavia impedito – per ora – alla Commissione Bilancio di esprimersi.

Sempre sul fronte economico del testo sul terrorismo, le commissioni Bilancio propongono di ridurre ancora il Fondo per le politiche di asilo dei migranti per coprire le spese dell’operazione strade sicure. Si tratta di 14 mln di euro, ora (pare) ridotti a 3. Le altre risorse, 30 mln, vengono pescate da fondi generici ministeriali.

Renzi ha cercato in tarda mattinata di correre al riparo annunciando lo stralcio dal ddl antiterrorismo del passaggio che consente di frugare nei computer da remoto. Il tema verrà comunque riproposto nel provvedimento sulle intercettazioni già in esame in Commissione.

Un primo commento con Italo Di Sabato, dell’Osservatorio Repressione, a cui abbiamo chiesto i possibili risvolti del ddl antiterrorismo per i movimenti, in particolare per quelle realtà solidali a lotte internazionali, come quelle del popolo curdo o della sinistra rivoluzionaria colombiana, ancora oggi considerate ufficialmente composte da organizzazioni “terroristiche”.

Ascolta o scarica qui.

da Radio Onda d’Urto

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Il decreto antiterrorismo emesso dal governo il 18 febbraio sta ora affrontando la discussione alla Camera dei Deputati per essere convertito in legge. Il testo del DL presenta diversi aspetti inquietanti, che preoccupano anche nella compagine istituzionale, perché potrebbe consegnare allo stato un potere di controllo sulla popolazione enorme, senza precedenti nella storia. In particolare il decreto autorizza l’intercettazione delle comunicazioni informatiche anche attraverso programmi che consentono di controllare da remoto tutte le comunicazioni e i dati presenti su un computer.

Due gli aspetti principali. Trattandosi di una modifica dell’articolo 266-bis, questo tipo di intercettazioni non sono ristrette ai casi di reati di “matrice terroristica”, ma riguarderanno tutti i cittadini sospettati di qualsiasi tipo di reato commesso con un computer (anche reati d’opinione o violazione del copyright…).

L’uso di captatori informatici (Trojan, Keylogger, sniffer…) non è paragonabile ad una semplice intercettazione, bensì consente di accedere a tutte le informazioni contenute su di un computer: comunicazioni, dati personali, file, etc…

Vista l’importanza di smartphone e computer nella vita quotidiana della maggioranza delle persone, è facile rendersi conto dei rischi connessi a questo provvedimento. Qualcuno parla di svista da correggere, tuttavia se nulla dovesse cambiare, l’Italia si appresta ad essere il primo stato europeo a rendere possibile un tale controllo invasivo e capillare sulla popolazione.

da InfoAut

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Con la scusa dell’Isis hanno istituito la legge marziale da Contropiano

Con la scusa dell’Isis viene formalizzato uno Stato di polizia integrale. Il decreto “antiterrorismo” approvato in Commissione, alla Camera, costituisce un gigantesco passo avanti verso il controllo totale sulle comunicazioni di qualunque cittadino di questo paese (ma anche di altri, visto che la Rete e i social network sono uno degli obiettivi principali del testo). “Preventivamente”, ossia in assenza di qualunque reato o sospetto giustificato da indizi.

La polizia sarà infatti autorizzata utilizzare programmi (“trojan”) per acquisire “da remoto” le comunicazioni e i dati presenti in un sistema informatico e viene anche autorizzata l’intercettazione preventiva sulle reti informatiche. Di fatto, si potrà impossessare del computer o dello smartphone che usiamo, da casa o dal lavoro, e fare quello che vuole; anche depositarvi “prove false”, in assoluta assenza di qualsiasi controllo terzo e, ovviamente, in barba qualunque diritto di difesa. Sembra quasi che questo decreto intervenga a inquadrare legislativamente pratiche già in atto. Anche questa non è una novità. Ma la ripetizione è un’aggravante, non un’attenuante.

La cosa stupefacente, ma non troppo, è che quasi nessun parlamentare abbia osato eccepire alcunché a un’invasione di questa portata nella vita di ognuno. E’ insomma evidente che su questa materia non ci si fanno più troppe domande: ci sono i jihadisti tagliagole alle nostre porte, che volete che sia un po’ di privacy in meno?

Il problema, appunto, non è un po’ di privacy in meno – ormai quasi tutti postano di tutto su Facebook e altrove, in forma accessibile a chiunque – ma il dominio assoluto del potere poliziesco sui singoli e sui gruppi. Non è una convinzione soltanto nostra, “veterocomunisti che vedono spie dappertutto”, ma addirittura di un ex generale della Guardia di Finanza specializzzato, appunto, nelle indagini informatiche. L’intervista, realizzata da Il Fatto Quotidiano – è riportata in fondo a questo articolo.

Dov’è il salto di qualità? Non solo nel “controllo totale” delle nostre comunicazioni (pratica fin qui illegale, ma che sappiamo essere comune per gli investigatori di questo paese come per i servizi Usa (se lo “scandalo Datagate” vi ha insegnato qualcosa). Ma nel fatto che, impossessandosi via software dei nostri strumenti di comunicazione, diventa possibile “agire al nostro posto”. E quindi addebitarci qualsiasi infamia convenga al potere.

Troppo sostettosi? Beh, non dite che non avete mai sentito di poliziotti/carabinieri che infilano buste di droga nelle tasche di qualcuno che vogliono arrestare… E, per restare alla cronaca di queste ore, immaginatevi cosa potrebbero fare due “agenti delle forze dell’ordine” come i due carabinieri arrestati in Campania per una rapina al supermercato.

Ma lasciamo anche perdere il caso delle “rare mele marce” presenti in ogni corpo repressivo. Concentriamoci invece sul tipo di rapporto che in questo modo si stabilisce tra “potere” e singolo cittadino. Il primo può qualsiasi cosa, il secondo nulla, neanche difendersi.

Rapporto tanto più “inquietante” se si pensa che questo Parlamento è costituito interamente di individui “nominati” dai capi di partito (meno i Pentastellati che si sono affidati a comunque incerte primarie telematiche); che l’attuale governo è il terzo consecutivo non votato da nessuno ed obbediente a trattati e vincoli sovranazionali mai sottoposti all’approvazione popolare; che il premier non è neanche parlamentare, “lo abbiamo messo lì noi” (disse Marchionne, senza mai smentire), e qundi risulta quanto meno in deficit di legittimità democratica “preventiva” (è proprio il caso di dire).

Secondo il decreto, inoltre, il Pm potrà conservare i dati di traffico raccolti in questo modo fino a 24 mesi. I providers su Internet saranno obbligati a oscurare i contenuti illeciti legati ai reati di terrorismo, pubblicati dagli utenti. L’uso del Web e di strumenti informatici per perpetrare reati di terrorismo (arruolamento di foreign fighters, propaganda, ecc) diventa un’aggravante che comporta l’obbligo di arresto in flagranza.

Messa così, ben pochi hanno qualcosa da eccepire. Ma chi decide cosa è “terrorismo” e cosa no? Se dobbiamo dar retta alla procura di Torino, per esempio, qualsiasi atto di resistenza o sabotaggio ai lavori del Tav in Val Susa sono qualificabili come tali (non però secondo i giudici di primo grado, sempre di Torino, che non hanno riconosciuto tale aggravante per i quattro ragazzi condannati per danneggiamento di un generatore). Ricordiamo – banalmente – che non esiste nessuna definizione condivisa a livello internazionale. L’Onu non ha mai trovato una maggioranza sufficiente ad approvare una formulazione inequivoca.

Così siamo nella situazione, assolutamente extra legem, per cui ogni Stato – o meglio: ogni governo di qualsiasi Stato – considera “terrorismo” quanti gli si oppongono (in forme non necessariamente armate, come si visto sopra), e magari riconosce come “freedom fighters” i combattenti che prendono di mira uno Stato considerato “nemico”.

Non è una noovità, il mondo è stato sempre pieno di questo tipo di conflitti e anche delle retoriche conseguenti.

Ma, ripetiamo, nessuno aveva mai provato a legalizzare l’espropriazione dei mezzi di comunicazione dei cittadini per operarvi in loro vece. E successivamente incriminarli per quello che nessuno più può dimostrare di “non aver fatto” (che sarebbe comunque già un rovesciamento dell'”onere della prova” dall’accusa alla difesa).

Neanche il fascismo.

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Ultim’ora. Forse preoccupato da alcune reazioni interne (dalle parti dell’Nce e di Forza Italia, ma anche dentro il Pd, ci dovrebbe essere qualche preoccupazione per l'”eccessivo” potere concesso in questo decreto agli “investigatori”) Matteo Renzi sembra aver deciso di stralciare la parte “Intercettazione via trojan dei computer” per rielaborarla in modo più attento.

Il premier di Pontassieve ha chiesto ed ottenuto lo stralcio dal testo di quel del passaggio. “Un tema delicato e importante”, spiegano fonti di governo fin qui non attente all’importanza e alla delicatezza, che “verrà affrontato in maniera più complessiva nel provvedimento sulle intercettazioni già in esame in Commissione”.

E son belle gatte da pelare, quelle per cui vorresti dare tutto il potere a giudici e poliziotti per apparire “duro”, ma qualcuno deve strattonarti per la giacchetta ricordandoti che “così ci arrestano tutti”…

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L’ex Generale GdF Umberto Rapetto.Hanno istituito la legge marziale di Pa. Za.  da Il Fatto Quotidiano

Io sono sbigottito. Non ce l’hanno detto e hanno istituito il regime marziale?”. Umberto Rapetto – già generale della Guardia di Finanza, “colpevole” di aver indagato troppo sulle slot machine, soprannominato “lo sceriffo del web” – scorre il testo del dl antiterrorismo con gli occhi fuori dalle orbite.

Cosa la sconvolge di più?

Intanto, solo il fatto che si ponga l’attenzione su semplici sospettati di qualunque reato, non indagati, fa già venire meno le basi del diritto. E poi si autorizzano le perquisizioni senza alcun controllo.

Parla dell’accesso remoto ai computer?

Vorrebbero guardare nei computer attraverso dei grimaldelli come trojan: fa rabbrividire. Cioè, quello stesso Stato che manda a morire i processi, tira fuori le unghie con chi non potrà nemmeno dire “quella roba non era sul mio computer”.

Sta dicendo che non si potrà avere nessuna certezza sulla paternità dei dati estrapolati?

Dico che durante una perquisizione tradizionale io, o il mio legale, ho la possibilità di assistere e dunque non potrò mai negare l’evidenza delle prove raccolte. Qui invece, se l’accesso avviene da remoto senza alcun controllo, viene meno addirittura la certezza che quei documenti fossero realmente lì. Salta il diritto alla difesa. E poi chi l’ha detto che un dato, fuori da un determinato contesto, possa avere una rilevanza diversa? Facciamo un esempio. Io l’altro giorno ho visto on line i video di propaganda dell’Isis. Ho consultato quel materiale perché dovevo fare un’intervista, ma non sono né un loro fan né un istigatore. I comportamenti possono essere dettati da curiosità, diritto di cronaca e mille altre ragioni. Che il decreto non contempla. Ce lo dicano: o riconosciamo lo stato di guerra e allora le leggi marziali prevalgono sul diritto vigente, oppure non si può istituire una opportunità investigativa senza garanzie contro gli abusi. Il momento è delicato, ma servono regole che vadano al di là delle suggestioni emotive. Ci vogliono modalità di attuazione stringenti, oltre alla garanzia che il materiale sequestrato sia usato solo per quelle finalità. Non vorrei che finissero per vedere anche se sono vegetariano, quale collega odio e che squadra tifo

 

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