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Daspo, più poteri al giudice penale

La Cassazione lo equipara ai provvedimenti di prevenzione mafiosa  

Più potere al giudice penale nella gestione dei daspo. La Corte di Cassazione – Terza sezione penale, sentenza 24819/16 depositata ieri – cambia orientamento sulla prevenzione dei disordini durante le manifestazioni sportive e decide di equiparare a tutti gli effetti gli ordini di allontanamento da stadi palazzetti etc ai provvedimenti amministrativi in materia di antimafia.

Il caso scaturisce da un tifoso fiorentino che, raggiunto dall’inibitoria – compreso l’obbligo di presentazione alla caserma dei carabinieri durante l’orario delle partite – aveva per due volte chiesto al giudice preliminare la revoca della parte più afflittiva del provvedimento.

In particolare, il tifoso puntava alla cancellazione dell’obbligo di firma in caserma, ma per due volte i giudici di merito avevano rilevato la mancanza di potere della magistratura ordinaria una volta adottato il daspo richiesto dal questore (e avallato dal Gip stesso, come previsto dalla legge 401 del 1989).

L’equivoco nasce dalla incompletezza della norma che, nello stabilire la forchetta della durata del daspo – da 1 a 5 anni – aggiunge che il provvedimento amministrativo è modificabile anche per effetto di provvedimenti dell’autorità giudiziaria adottati nel frattempo (p.es. un’assoluzione penale su fatti inerenti), ma non stabilisce «quale » autorità debba/possa intervenire.

Secondo la Terza, il daspo assistito da obbligo di firma è un provvedimento che incide sulla libertà personale di movimento, limitandola, come recepito tra l’altro dalla sentenza 193/1996 della Consulta.

L’anno successivo gli stessi giudici dalla Corte costituzionale avevano esteso tutte le garanzie processuali a alle decisioni dell’amministrazione che incidono sulla libertà personale, mentre nel 2002 (sentenza 512) veniva definitivamente stabilita l’aderenza della questione all’ambito dell’articolo 13 della Costituzione, giustificando la necessità dell’intervento del giudice penale ( e prima ancora l’adeguatezza motivazionale del provvedimento di polizia) .

Questa premessa, scrive la Terza, deve portare oggi all’estensione armonica delle garanzie giurisdizionali anche alla fase dell’esecuzione del provvedimento amministrativo, in particolare alla sua modifica sollecitata dall’interessato stesso. «Opinare diversamente – scrive l’estensore – e quindi limitare le garanzie al solo momento genetico della misura, risulterebbe infatti non solo contrario alla disciplina e alla ratio della stessa, ma anche foriero di seri dubbi di costituzionalità, quantomeno nell’ottica dell’articolo 3, con riguardo a coloro che sono sottoposti alle misure di prevenzione tipiche di cui al dlgs 159 del 2011, quand’esse parimenti incidenti sulla libertà del soggetto».

Alessandro Galimberti da Il Sole 24Ore

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