Cronaca di una partita di pallone fra comunisti e uomini ombra
- novembre 13, 2011
- in carcere, testimonianze
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Alcuni vivono per la politica, molti della politica (Max Weber)
Sabato 29 ottobre del 2011 dentro l’Assassino dei Sogni (il carcere come lo chiamo io) di Massima Sicurezza di Spoleto per la prima volta in assoluto c’è stata una partita di calcio tra una squadra composta da ergastolani ostativi ( cattivi, i colpevoli per sempre) e una composta da dirigenti e militanti del partito di Rifondazione Comunista, da associazioni mutualistiche, politiche e culturali e da lavoratori in lotta della Fiat di Pomigliano.
Per gli ergastolani ostativi tutti i giorni sono uguali, rotondi e vuoti, ma oggi è stata una giornata diversa da tutte le altre. Mi sono svegliato presto, ero preoccupato per il tempo e subito ho guardato fra le sbarre il cielo per vedere se pioveva o se era nuvoloso. Quando ho visto che la giornata non era troppo bella, ma neppure troppo brutta per non poter giocare la partita, ho tirato un grosso respiro di sollievo. All’apertura delle celle sono andato dal dentista e poi subito di corsa al campo sportivo del carcere. Erano già tutti lì prima di me, gli operai cassaintegrati di Pomigliano, Giovanni Russo Spena (ex senatore della Repubblica) Mario Pontillo e Italo Di Sabato (dell’Osservatorio sulla Repressione), Giuliano Capecci dell’Associazione Liberarsi, (un fratello adottivo che mi segue da venti anni) Nadia e Giuseppe della Comunità Papa Giovanni XXIII ( due angeli fra molti diavoli rossi) e tanti altri che io non ricordo i nomi ma il mio cuore ricorda bene i loro visi e i loro meravigliosi sorrisi. Ho iniziato a salutare e abbracciare tutti e subito vengo a sapere che il Ministro di Giustizia ci ha vietato le riprese televisive, ci ha autorizzato solo di fare una foto di gruppo. Peccato, ma non fa nulla, non mi arrabbio, non voglio rovinarmi la gioia di questa giornata diversa da tutte quelle passate e da tutti quelle che verranno. Intanto la partita incomincia, si nota subito che le due squadre sono diverse perché la nostra è composta esclusivamente da uomini ombra (ergastolani ostativi). Poi per miracolo e magia anche gli uomini ombra s’illuminano d’amore sociale e non noto più nessuna differenza fra le due squadre. I miei compagni smettono di essere uomini ombra, mi sembrano pieni di luce come i giocatori dell’altra squadra, sorridono ed esultano ogni volta che segnano un goal.
Finita la partita, per la cronaca cinque a cinque, si va alla biblioteca del carcere e inizia il momento più politico, comunicativo della giornata:
-Anche la fabbrica è diventata un carcere e devi chiedere persino il permesso di andare in bagno
-Finirò la mia pena nel 9.999.999, ma credo che in quel anno non ci sarò più, almeno in questo mondo. Forse sarò da un’altra parte, ma spero che l’aldilà non esista perché non vorrei continuare a scontare la mia pena anche nell’altro mondo.
-Come la maggioranza dei partiti sfruttano la criminalità per farsi eleggere, poi sfruttano pure gli operai per farsi mantenere.
-La condanna più assurda è una pena che non finisce mai, perché non è ragionevole ritenere una persona colpevole e cattiva per sempre.
– Lottiamo insieme e uniti per cambiare e portare legalità e diritti dentro e fuori nelle fabbriche.
-Per prima cosa al mattino quando apro gli occhi guardo le sbarre della mia finestra per assicurarmi che mi trovo dove un giorno dovrò morire. Si vive come morti che respirano, ma che cazzo di giustizia ci potrà mai essere in una pena che non finisce mai?
Poi arrivano le guardie, bisogna andare via, ci scambiamo gli ultimo saluti, gli ultimi abbracci, gli ultimi sorrisi e gli ergastolani ostativi ridivengono uomini ombra, ma con la speranza là fuori di non essere più soli.
Carmelo Musumeci
Carcere Spoleto, novembre 2011
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