
E’ ripreso, dopo la pausa estiva, il processo al Sud ribelle. Il processo era stato avviato in seguito alle indagini condotte dalla procura di Cosenza. L’accusa formulata per i tredici imputati è quella di associazione sovversiva. Sul banco dei testimoni, tra gli altri, Enzo Mangini, giornalista di Carta, Giovanni Russo Spena, capo gruppo di Rifondazione comunista al Senato, Grazielle Mascia, vicepresidente del gruppo Prc alla Camera dei deputati e Ramon Mantovani, deputato dello stesso partito. Durante il suo interrogatorio la vice capogruppo del Prc alla Camera ha tra l’altro detto: “Ricordo, che prima dell’omicidio Giuliani, ero vicino a Franco Giordano, all’epoca capo gruppo alla Camera, a cui chiesi, preoccupata da veri segnali di allarme che arrivavano, di telefonare al ministro dell’Interno Claudio Scajola per sapere se era vero che le forze dell’ordine avevano intrapreso la via degli scontri con cariche continue. La risposta di Scajola fu: ‘non ci sono problemi, non c’è stata nessuna carica, la situazione è tutta sotto controllo'”. “Di lì a poco – ci fu la morte di Giuliani, preceduta da almeno due ore di scontri, quindi suppongo – ha detto ancora Graziella Mascia – che il ministro abbia mentito al telefono con Giordano”. Ma la deposizione di Mascia si arricchisce di ulteriori dettagli, come quello che a suo avviso “durante gli scontri vennero usati dalle forze dell’ordine 6200 candelotti lacrimogeni, ed un gas del tipo Cs che è vietato in tutta Europa, perché particolarmente penetrante”.