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Chi ci salverà dal “populismo penale”?

Nel DL giustizia, condiviso in parte anche dall’opposizione, vi sono gravi forme di repressione. Si può notare come vi siamo delle oscenità di Bonafediana memoria.

di Gaetano Giongrandi

Sfortunatamente, con quest’assetto politico il garantismo non s’ha da fare.

Ovviamente, nel nostro paese, non appena si accenna minimamente al discutere di pene alternative al carcere e all’abolizione dei regimi di detenzione, si alza un vento riparatore che va dai populisti ai liberali di pezza di casa nostra. Ma credo che una distinzione tra i due approcci che questi schieramenti applicano, sia d’obbligo: gli uni, i populisti, sono come degli ipocondriaci giudiziari. Vedono reati ovunque e metterebbero guardie in ogni angolo di casa. I liberali di pezza, invece perpetrano un garantismo di bandiera.

Nel DL giustizia, condiviso in parte anche dall’opposizione, vi sono gravi forme di repressione. Si può notare, seppur con un tono cautelativo volto ad imbonire gli organi internazionali preposti, come in questo DDL vi siamo delle oscenità di Bonafediana memoria. La parte maggiormente scabrosa è la seguente: Si asserisce, come un assunto del tutto ovvio, che tutti i criminali attualmente in carcere in regime ostativo possano collaborare. Infatti i condannati dovranno dimostrare, nello sconto di pena, di avere «elementi specifici, diversi e ulteriori rispetto alla regolare condotta carceraria, alla partecipazione del detenuto al percorso rieducativo» e «alla mera dichiarazione di dissociazione dall’organizzazione criminale di eventuale appartenenza».

Questi elementi, tuttavia non sono specificati in alcun modo (peraltro, ci sono molti detenuti per cui la collaborazione risulti pressoché impossibile) e l’ultimo brano qui riportato di questo decreto sembra scritto in una lingua aliena. Dunque, come si può essere favorevoli ad un decreto nel quale uno dei brani principali è scritto in un italiano poco corretto e arzigogolato?

Questa è solo una delle modifiche presenti nel DDL, scritto seguendo la più totale illogicità. Quando la finiremo di essere vittime di manettite?

Come potremmo diventare uno stato liberale quando i liberali sono feticisti della galera?

Il nostro compito, da garantisti quali siamo, dovrebbe essere quello di impedire in ogni modo una criminalizzazione premeditata dell’essere umano, non guardando il reato commesso da un dato condannato, ma il mantenimento dei propri diritti di fronte ad uno stato canaglia.

Chi ci salverà dal cosiddetto «populismo penale»?

La nostra nazione sarà in grado di rispettare i dettami preposti dalla Cedu?

Nel mio piccolo sento l’impellente urgenza di rivolgere un appello ai nostri organi giudiziari e di rappresentanza istituzionale. Se c’è un gruppo esteso di uomini e donne contrari all’applicazione vigente del processo penale, si facciano sentire. Il tempo è galantuomo, ma il topo vorrebbe bucare la noce prima dei prossimi cinquant’anni, sperando che la tiepida spinta riformatrice già cominciata non si esaurisca in un fuoco di paglia, attenuando l’idea contiana che attanaglia questo tema con un’eccessiva morsa autoritaria.

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