Sarebbero almeno otto le persone sulle quali è concentrata l’attenzione del pm Stefano Luciani che indaga per tentato omicidio in concorso sul caso di Hasib Omerovic, il giovane disabile rom che il 25 luglio scorso è precipitato dalla finestra della propria abitazione, nel quartiere romano di Primavalle, mentre in casa erano presenti – senza alcun mandato di perquisizione – almeno quattro agenti della Polizia di Stato, tra i quali una donna. In borghese, secondo la testimonianza della sorella di Hasib, Sonita, anche lei disabile ma unica testimone oculare. Altri agenti in divisa sarebbero però intervenuti con due volanti, secondo la testimonianza di una vicina, e sarebbero stati presenti sul luogo già prima che Hasib volasse dalla finestra per otto metri precipitando a testa in giù, come sembrano confermare le fratture che ha riportato solo nella parte superiore del corpo e alle braccia. Purtroppo gli inquirenti della Squadra mobile incaricati dalla procura hanno accertato che nei pressi dell’abitazione della famiglia Omerovic/Sejdovic non ci sono immagini di impianti di videosorveglianza utili alle indagini.

QUALUNQUE COSA sia accaduta in quell’appartamento di una delle case popolari di via Gerolamo Aleandro, dovrebbe essere riportato per filo e per segno sul rapporto di servizio della polizia. Ma è davvero così? Se tutto fosse stato scritto correttamente, e considerato che Hasib è rimasto in prognosi riservata (a rischio vita) fino al 2 agosto, la procura avrebbe dovuto essere immediatamente informata. Cosa che non sembra sia avvenuta. Ecco perché il pm Luciani potrebbe ipotizzare anche altre fattispecie di reato, oltre il tentato omicidio in concorso, come il falso in atto pubblico.

AI FAMILIARI che nei giorni successivi al 25 luglio si sono recati personalmente al commissariato di Primavalle, a poche decine di metri dalla loro abitazione, «un agente di nome Andrea informalmente ci ha riferito – si legge nella denuncia datata 5 agosto – che erano andati a chiedere i documenti ad Hasib perché lui aveva “infastidito molestandole alcune ragazze del quartiere”». Hasib avrebbe, secondo il racconto fatto da tal agente Andrea (di cui non si conosce il cognome) esibito i documenti e sarebbe rimasto tranquillo durante la permanenza dei poliziotti, tanto che gli agenti lo avevano fotografato seduto sul letto. Ma poi «al termine delle operazioni, mentre se ne stavano andando via, all’improvviso avrebbero sentito tirare su la tapparella della finestra della camera da letto da dove improvvisamente Hasib si sarebbe buttato nel vuoto».

OGGI FORTUNATAMENTE il giovane, che compirà 37 anni il 13 ottobre prossimo, non è più in pericolo di vita e negli ultimi giorni ha ripreso coscienza, sebbene solo in alcuni momenti, e ha riconosciuto i suoi genitori, Fatima e Mehmegalija, e le sue sorelle Sonita e Erika che ogni giorno si recano all’ospedale Gemelli dove è ricoverato e dove ha subito più interventi chirurgici alle braccia, al volto e all’addome. Ma non è perfettamente cosciente: «Si emoziona molto quando vede i familiari – ci riferisce la sua avvocata Susanna Zorzi – ma è ancora sotto shock: tenta di urlare ma non può perché è intubato e ha avuto delle complicanze, e non può comunicare neppure a gesti, come faceva prima con i suoi (è sordo dalla nascita, ndr). Perciò è costantemente sedato».

IN ATTESA DI POTERE essere ascoltato dal sostituto procuratore Luciani, a piazzale Clodio potrebbero estendere le verifiche anche alle minacce comparse su un post Facebook pubblicato a luglio e poi cancellato da una signora, il cui profilo da ieri è stato rimosso, che additava Hasib come molestatore di ragazze. Sarebbe stato proprio quel post a convincere le forze dell’ordine (ancora non è chiaro se l’operazione è stata avallata da qualche funzionario) ad effettuale «un controllo preventivo» per «acquisire le generalità» di un uomo che tutti nel quartiere conoscevano. ha mai presentato formale denuncia nei suoi confronti.

da il manifesto