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Carceri Torino: un medico denuncia; "detenuti maltrattati e picchiati"

“Squadrette” di agenti picchiatori, scene-horror nei reparti psichiatrici, medici complici o conniventi dei violenti o costretti a dimettersi se non “allineati”. È la sintesi della pubblica denuncia di un ex medico delle Vallette, Ilaria Bologna. Adesso la senatrice Pd Donatella Porretti presenterà un’interrogazione al ministro della Giustizia, Angelino Alfano. “Se vera, la situazione è a dir poco gravissima. Mi sono già messa in contatto con la dottoressa. Vogliamo sapere la verità”. Scrive Bologna: “Mi sento di sottolineare che all’interno delle strutture carcerarie i pestaggi da parte degli agenti, addirittura organizzati in apposite “squadrette”, sono all’ordine del giorno, sono l’ovvietà”. Poi: “Nella maggior parte delle Case Circondariali il medico, presente 24 ore su 24, volente o nolente a stretto contatto con gli agenti, ha un ruolo da “manutentore”… L’istituzione per cui lavora esige ordine, e non esiste ordine se non attraverso “la salute” del detenuto”. Ancora: “Il pestaggio raramente avviene nella totale ignoranza del medico: è piuttosto frequente che il detenuto picchiato venga poi portato in infermeria per “un controllo” e che siano palesi segni che rendono possibile, e francamente non solo al cosiddetto “occhio clinico”, risalire all’accaduto. A seconda di quanta complicità-connivenza esista tra il medico e gli agenti, più o meno espliciti nel riconoscere cosa è effettivamente successo: potranno sostenere che “sono stati costretti”, che “il detenuto era agitato e aggressivo”, o addirittura apertamente compiacersi di “aver dato una lezione””. E i detenuti pestati? “Non parlano per paura – osserva il medico – e in alcuni casi non vengono nemmeno portati in infermeria”. Quindi l’agghiacciante capitolo delle “violenze praticate nei Reparti di Osservazione Psichiatrica: “La contenzione a mezzo di manette, la sedazione non consensuale con iniezioni di psicofarmaci, la rimozione degli oggetti personali e di abiti, lenzuola e coperte “a scopo precauzionale” sono comuni ed “automatiche”, e anche quando sono iniziative autonome degli agenti di polizia penitenziaria devono comunque essere confermate ed autorizzate in cartella clinica dal medico, quasi sempre uno psichiatra”.E i medici? “La risposta è duplice… i medici penitenziari si dividono grossolanamente in due categorie. Alcuni, sia per convinzione, comodità o quieto vivere, assumono totalmente il ruolo dei garanti dell’ordine e nella pratica… indistinguibili dagli agenti, se non perché rispetto a loro hanno più potere. Certamente non saranno loro a denunciare i pestaggi. Altri, la minoranza, pur riconoscendo la realtà della sistematica violenza di Stato, arrivano comunque presto a considerarla la “tragica quotidianità” con cui devono avere a che fare… i pochi che condannano e tentano di denunciare sono voci sole facilmente zittite, anche con la perdita del posto di lavoro: un medico “disallineato” crea diseconomia nel sistema”. La dottoressa Bologna non lavora più nel carcere, per una “sua scelta… francamente anche indotta”. Dopo avere realizzato “l’enormità dell’aberrante meccanismo”. Gelida la reazione dei sindacati della polizia penitenziaria. Dice Gerardo Romano, segretario regionale Osapp: “È tutto falso. Ma ora si rischia di pregiudicare ulteriormente la già difficile situazione che c’è nel carcere, dove le condizioni di lavoro sono pesantissime. Viene infangata l’immagine degli agenti, che in passato hanno pagato un alto tributo di sangue nel nome delle istituzioni. A questo punto, solo la magistratura potrà fare chiarezza”.
fonte: La Stampa

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