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Carcere: Le squadre speciali usavano la “cella zero” per violenze di ogni tipo.

Incappucciati, spogliati nudi e azzannati dai cani di razza fino a fargli mordere i genitali. A seguito della nostra inchiesta sui Gom, i reparti speciali del corpo della polizia penitenziaria conosciuti anche per i loro metodi non propriamente democratici e civili, ci scrive l’ex detenuto Pietro Ioia che ci racconta la terribile esperienza vissuta negli anni 80 al carcere di Poggioreale.

In particolar modo ci descrive l’utilizzo della cosiddetta ”cella zero” e i metodi di tortura delle squadrette speciali, i precursori dei Gom. Erano gli anni della faida interna della criminalità organizzata campana. Una guerra tra la ”nuova camorra organizzata” di Raffaele Cutolo e la ”nuova famiglia”, la quale si combatteva anche all’interno delle carceri. Per salvaguardare la propria incolumità, ogni detenuto, anche chi non era affiliato, doveva proteggersi con la pistola e fare da sentinella armata all’interno del proprio padiglione. Per far fronte a tutto ciò, lo Stato faceva intervenire il corpo speciale della polizia penitenziaria, la quale utilizzava metodi simili alla tortura di Pinochet.

Pietro Ioia attualmente è un uomo libero e ha fondato un’associazione napoletana che si batte per i diritti dei detenuti. A primavera uscirà un suo libro intitolato L’origine e fine della cella zero, dove racconta tutta la terribile vicenda della cella utilizzata per torturare i detenuti. L’eventuale ricavato delle vendite, verrà utilizzato per aiutare i detenuti più poveri che non hanno i soldi per comprare i beni essenziali utili per sopravvivere all’interno del carcere.

Grazie alle denunce e testimonianze di Pietro Ioia, la Procura di Napoli ha aperto un’inchiesta per far luce sull’utilizzo recente della ”cella zero”. Secondo la denuncia, tale cella è stata utilizzata fino a qualche mese fa. Oggi, grazie anche al cambio della dirigenza, il carcere di Poggioreale è diventato un po’ più ”dignitoso”. A seguire, la sua lettera shock dove racconta la brutalità delle squadre speciali

Erano le 11 del mattino ed eravamo situati al terzo piano del ”padiglione Salerno” del carcere di Poggioreale. Fuori dalla mia cella si commentava il trasferimento notturno e coatto di alcuni boss mafiosi avvenuti nei giorni scorsi, quando all’ improvviso ci fu l’irruzione armata delle ”teste di cuoio” dei penitenziari, la squadretta che dopo anni verrà chiamata Gom: spararono all’impazzata verso il soffitto del padiglione e tutti noi ci rifugiammo all’interno delle nostre celle. Io mi infilai sotto al mio letto dove sentivo fischiare le pallottole fin dentro la mia cella. Il tutto durò per pochi e interminabili minuti e restammo chiusi per tutta la giornata nelle celle. La ”pace” finì presto.

Verso le 19 e 45 della stessa giornata, mentre stavamo guardando il Tg3 regionale, sentimmo delle urla strazianti in lontananza. Piano piano si fecero sempre più forti finché fu la volta della nostra cella: entrarono due uomini alti, robusti e incappucciati dove con fucili alla mano ci intimarono di spogliarci nudi. Una volta spogliati ci pestarono con il calcio del fucile e ci obbligarono ad uscire di corsa fuori dalla cella. Ad aspettarci c’erano altri uomini che ci accompagnarono con calci, pugni e manganellate giù al piano terra. A quel punto, sotto il tiro delle armi, faccia al muro fummo pestati con manganelli dietro la schiena e sui glutei. Poi ci fecero correre tra le due fila composte da giovanissimi guardie che arrivarono dalla scuola della polizia penitenziaria di Portici. Continuarono a pestarci con manganelli, pugni e, come se non bastasse, venimmo azzannati da cani di razza, i pastori tedeschi.

Ad alcuni detenuti, i cani gli morsero i genitali e rischiarono di farseli strappare. Poi di corsa, tutti tumefatti, pieni di sangue e senza alcuna assistenza medica, fummo portati giù alle compresse dove all’epoca cerano celle segrete molte ampie. Dopo due giorni, legato mani alla schiena e incappucciato, venni prelevato e portato in un ufficio. A quel punto mi fu tolto il cappuccio e vidi davanti a me molti uomini con il viso coperto. Alla domanda dove avevo nascosto la pistola, io risposi di non saperlo. Quindi mi fu rimesso il cappuccio e portato di peso al piano terra di un padiglione, mi fu tolto di nuovo il cappuccio e vidi una cella vuota con una luce rossa opaca, uno sgabello e una corda a cappio. Al tal punto io subito dissi dove nascosi l’arma e mi fu risparmiata l’ennesima tortura.

Correva l’anno 1982 ed era in corso la guerra di camorra di Raffaele Cutolo e la ”nuova famiglia”: era in quell’anno che io e molti altri detenuti abbiamo assistito alla nascita della cella zero.

Pietro Ioia, presidente “ex detenuti organizzati napoletani” da il Garantista

Comments ( 1 )

  • ornella

    non ho parole…..pur conoscendo da vicino quando succedeva in quel periodo per racconti di altri resto sempre piu’ perplessa davanti a tanta crudelta’!!!!

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