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Il braccio armato del governo

Guido Crosetto, il Richelieu di Meloni, dal 2014 è il presidente della Confindustria delle imprese militari. Ora le finanzierà. È il più feroce avversario della legge 185, che disciplina il controllo dello stato sull’import ed export di armi. Ha una passione sfrenata per quel mondo, colmo di bombe, caccia, carriarmati. E detesta le banche “etiche”, che ostacolano il business di un settore «tra i pochi asset strategici e tecnologici rimasti in questo paese»

di Gianni Ballarini

Il neoministro alla difesa è considerato, soprattutto a sinistra, uno dei pochi leader pensanti e stimabili del fronte opposto. Un provocatore schietto. Uno che non sopporta gli equivoci e le ambiguità. E lo dice con supponenza. Allergico alla retorica buonista e agli slogan a uso e consumo di giornali e media. Guido Crosetto abbiamo imparato a conoscerlo nei salotti televisivi. Ora siederà a Palazzo Baracchini.

Fondatore, nel 2012, di Fratelli d’Italia con Meloni e La Russa, è considerato il Richelieu della neo premier. Tra i pochi di cui Meloni si fida ciecamente. Uno che non ha bisogno di Palazzo Chigi per condizionare il prossimo governo. Perché questa figura, dalla stazza ingombrante, racchiude in sé tutti gli aspetti del potere: è un politico, un imprenditore, un lobbista. Soprattutto è il braccio armato del nuovo esecutivo. Uno che da tempo ha fatto pace con la guerra, guadagnando, in questi anni, quando la spesa militare aumentava.

Ha guidato la Confindustria delle imprese militari

Dal 2014, infatti, il colosso di Cuneo indossa l’elmetto nella trincea della rappresentanza dell’industria bellica: è presidente dell’Aiad, la Confindustria delle imprese impegnate nel comparto della difesa. Carica che metterà in naftalina da ministro.

A Palazzo Baracchini, tuttavia, potrebbe vivere momenti imbarazzanti: dal bilancio del suo ministero, infatti, ogni anno parte un flusso consistente di risorse, come investimenti, destinato all’industria nazionale della difesa. A quelle stesse aziende che ha rappresentato per otto anni.

Le giravolte politiche

Ma andiamo con ordine. Piemontese. 59 anni. Inizi politici nella Dc. Folgorato sulla via di Arcore. Coordinatore regionale di Forza Italia del Piemonte dal 2003 al 2009. Nel 2001, la prima elezione alla Camera dei deputati. Rieletto nel 2006 e 2008. Dal 2008 al 2011 ricopre la carica di sottosegretario di stato alla difesa nel quarto governo Berlusconi. Nel 2012 lascia il Popolo delle Libertà. Nel 2014 la nomina all’Aiad coincide con il suo primo addio alla politica. Ritorna in parlamento nel 2017. Ma lo lascia definitivamente un anno dopo. L’impegno “armato” lo assorbe troppo. Perché nel tempo non solo diventa consulente di Leonardo, la nostra holding nel comparto militare, ma viene nominato anche, nel 2020, presidente di Orizzonti sistemi navali, società del settore detenuta al 51% da Fincantieri e per il 49% da Leonardo.

Per lui si producono poche armi

Sebbene nelle sue comparsate televisive dissimuli spesso questo suo ruolo, come se lo desse per scontato (ma scontato non è), ha una passione sfrenata per questo mondo, colmo di bombe, caccia, carriarmati: «È un settore ad altissimo valore aggiunto. Uno dei pochi asset strategici e tecnologici rimasti in questo paese. Il problema è che non c’è abbastanza produzione per soddisfare una domanda di investimento in tutte le nazioni». Tradotto: si producono ancora troppe poche armi.

Quando può rifila al suo interlocutore i risultati di una ricerca commissionata, nel 2019, da Aiad a Prometeia, da cui risulta che il fatturato del comparto sfiora i 16 miliardi di euro, impiega 50mila addetti diretti e 150 mila indiretti. «Ogni euro di valore aggiunto generato dall’industria militare ha un effetto moltiplicatore pari a 3, con un gettito fiscale superiore a 5 miliardi di euro».

Tutti dati contestati, o letti con un’altra chiave interpretativa, da ricercatori indipendenti.

La guerra alla 185 e alle banche “etiche”

Ma lui ama quei numeri. Mentre ne detesta uno: 185. È il numero della legge del 1990 che disciplina il controllo dello stato sull’import ed export di armi. A suo avviso, una legge che ingabbia. Prevede troppi lacci e lacciuoli. Troppa burocrazia. «Non esiste che una legge metta in capo alla Farnesina le decisioni sul settore della difesa», uno dei suoi numerosi commenti di “apprezzamento”. Gli venne un coccolone quando, nel dicembre del 2020, la maggioranza parlamentare votò la risoluzione proposta da Lia Quartapelle, deputata del Pd. Impegnava l’esecutivo Conte a «mantenere la sospensione della concessione di nuove licenze per bombe d’aereo e missili che possono essere utilizzati a colpire la popolazione civile, e della loro componentistica» verso Arabia Saudita ed Emirati Arabi, misura già in essere da metà 2019. In Commissione difesa del senato, Crosetto vi si scagliò contro: «Bisogna intervenire sulla 185. Se si vuole cooperare o meno con un paese deve deciderlo il governo non il parlamento».

Ma il tema che in assoluto lo fa andare su tutte le furie è quello delle “banche etiche”, come le chiama lui. Quelle che talvolta si rifiutano di mettere a disposizione i loro servizi alle imprese militari che operano in teatri di guerra o in assenza di diritti civili. «È davvero critico l’atteggiamento delle banche che arrivano a bloccare pagamenti dall’estero nonostante siano autorizzati da diversi ministeri e con arroganza decidono di chiudere i rubinetti ad attività del tutto legali». Sul tema usa toni sprezzanti: «Le aziende non riescono a lavorare. Più sono piccole, e minori sono i loro affari, e più le banche diventano etiche. Ma la stessa banca diventa meno etica se sul tavolo c’è un affare da un miliardo di euro».

In commissione difesa aveva auspicato che Mediobanca e Banca Popolare di Puglia finissero nella galassia del ministero economia e finanze (Mef). Come in effetti è avvenuto. «A quel punto diventeranno le banche del sistema e le uniche con cui si potrà lavorare tranquillamente. Perché avuta l’autorizzazione dalla Farnesina, dal ministero della difesa e dal Mef, una banca pubblica non può dire di no come fanno le altre banche».

Il kingmaker meloniano ha le idee chiare. E ora che è al potere, per la 185 si profila un futuro accidentato.

fonte  Nigrizia

da Comune-Info

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Guido Crosetto, il conflitto perfetto

Guido Crosetto sarà il ministro perfetto. Bene ha fatto Giorgia Meloni a piazzarlo al dicastero della difesa. Cosa peraltro che ci aspettavamo. Bene per gli azionisti dell’industria militare e per la belligeranza euro-atlantica del nostro Paese. Un disastro per la maggior parte degli italiani e delle italiane.

di Gregorio Piccin

Crosetto, co-fondatore e colonna portante di Fratelli d’Italia, è un personaggio chiave del complesso militare industriale nostrano: nel 2018 “lascia” l’impegno politico e viene nominato presidente della Federazione Aziende Italiane per l’Aerospazio, la Difesa e la Sicurezza (AIAD) ossia un’appendice di Confindustria che raggruppa gli industriali delle armi e che ha un peso specifico sui governi decisamente ingombrante rispetto allo “zero virgola” del Pil che concretamente rappresenta. Sul sito web dell’AIAD si legge infatti che questo sodalizio “mantiene stretti e costanti rapporti con organi e istituzioni nazionali, internazionali o in ambito NATO al fine di promuovere, rappresentare e garantire gli interessi dell’industria che essa rappresenta…” mentre con “l’Amministrazione e il Segretariato Generale della Difesa è ormai consolidato uno stretto rapporto di collaborazione così come con altri dicasteri quali Affari Esteri, Sviluppo Economico, Università e Ricerca Scientifica od Enti e Istituzioni quali ENAC, ASI, CNR…”

Crosetto entra poi nel Comitato Direttivo dell’Istituto Affari Internazionali, il think tank organico al comparto militare industriale che elabora le analisi di scenario funzionali alle acquisizioni dei sistemi d’arma da parte delle forze armate.

Nell’aprile 2020 viene quindi nominato presidente di “Orizzonte Sistemi Navali“, impresa creata come joint venture tra Fincantieri e Leonardo e specializzata in sistemi ad alta tecnologia per le navi militari e di gestione integrata dei sistemi d’arma.

La inossidabile fede atlantica di Crosetto (oggi, a quanto pare, più importante di quella antifascista), la sua folgorante carriera di industriale e lobbista delle armi che lo ha visto negli ultimi anni sempre a braccetto con ministri della difesa in quota Pd da Pinotti a Guerini, lo rendono oggi un perfetto e accreditato ministro bipartisan.

Una missione, a sentirlo, tutta rivolta al bene del Paese che naturalmente fa il paio con i fatturati dell’industria bellica.

Quando l’ex ministro Guerini (governo Conte Bis) nell’ottobre 2019 regala agli industriali delle armi la norma Government to Government per trasformare formalmente il Ministero della difesa nel loro agente di commercio globale, Crosetto organizza a tempo record una conferenza dell’AIAD presso la sede dell’Istituto affari internazionali a Roma per celebrare la norma appena guadagnata e spingersi oltre.

In quella sede, l’ineffabile presidente dell’AIAD indica la necessità di affrontare la questione delle banche etiche che “…creano enormi ostacoli in termini di sostegno bancario al settore…” segnalando inoltre la necessità che venga “… esclusa una parte delle spese per la difesa dal calcolo del deficit di bilancio…” poiché la stessa difesa non sarebbe un settore da “ …collegare ad un momento economico specifico ma, piuttosto, ad una funzione esistenziale dello Stato…”.

Uno slancio ducesco quello di Crosetto che non gradiva un ramo della finanza intento a svolgere il suo business come gli pare, magari eticamente, ostacolando così il bene supremo anzi “esistenziale” del Paese: il fatturato tricolore dell’industria militare.

Ma tutto questo legittimo vigore profuso a difesa del profitto dell’industria bellica non si potrebbe configurare come un pesante conflitto d’interessi rispetto al dicastero che il nostro andrà ad occupare?

Sembra di no. Le cariche che avrebbero potuto intralciare l’atterraggio sulla prestigiosa poltrona di comando della difesa nazionale sono state per tempo abbandonate.

La forma in questo caso vale più della sostanza. Inoltre, come ha avuto modo di dire Guerini, l’industria bellica è il pilastro della politica estera e di difesa del Paese. Ed il Paese è in guerra contro una superpotenza: non c’è spazio per fare le pulci ad un uomo come Crosetto. Le porte girevoli girano vorticosamente e come perno hanno l’atlantismo.

Difficilmente assisteremo anche in questo caso ad una levata di scudi come è stato per l’assegnazione del ministero degli esteri…

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