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Sei attiviste italiane sono state espulse dalla Bosnia

Prosegue silenziosa la guerra contro migranti e solidarietà indipendente.

Identificate, fermate, interrogate per ore. E infine espulse come criminali. Sei attiviste italiane sono state espulse dalle autorità bosniache.

Da quasi un anno operano a Bihać, alla frontiera tra Bosnia e Croazia, per fornire aiuti sanitari ai corpi straziati lungo la rotta balcanica. Curano le ferite fisiche, provano a dare sollievo a quelle dell’anima e – soprattutto – raccolgono le testimonianze delle sistematiche violazioni di ogni diritto umano e libertà di movimento.

Questa volta, in particolare, stavano fornendo trattamenti sanitari contro la scabbia alle persone bloccate alla frontiera e per questo le autorità bosniache hanno notificato 6 decreti di espulsione dalla Bosnia per «attività umanitaria illegale e tradimento della costituzione bosniaca».

In altre parole, ancora una volta, reato di solidarietà.

Puniscono la solidarietà come attività umanitaria illegale, mentre accettano e finanziano il business di detenzione e sfruttamento.

Le associazioni bolognesi – YaBasta Bologna Laboratorio Salute Popolare – hanno deciso di impugnare l’ordine di espulsione per smascherare l’ipocrisia delle politiche migratorie dell’Unione Europea.

La Bosnia è uno dei luoghi in cui l’Ue esternalizza la barbarie, come la Libia, come la Turchia.

L’Ue paga profumatamente Stati e governi senza scrupoli per sporcarsi le mani al posto suo, per tenere i migranti fuori dai confini europei.

Tiziana Barillà

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