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«Arancia meccanica» nel carcere di Chieti: il garante «rieduca» i reclusi

Detenzione Speciale. Nel carcere «programma innovativo» «non invasivo» per valutarne i comportamenti

Le scene che balzano subito alla mente sono quelle del film Arancia meccanica di Kubrick, quando il protagonista, Alex DeLarge, si sottopone «a un innovativo programma di rieducazione» per cercare di uscire più in fretta possibile dal carcere in cui è rinchiuso. Divaricatori nelle palpebre per tenere gli occhi sempre spalancati, viene obbligato a fissare a lungo immagini violente allo scopo di annichilire la sua pericolosità sociale. In Abruzzo ecco ora «un innovativo programma» che vede come cavie i detenuti del penitenziario di Chieti.

LO DESCRIVE, in un comunicato ufficiale, pubblicato, nelle scorse settimane, sul sito web, quindi quello istituzionale, del Consiglio regionale, il garante dei detenuti dell’Abruzzo, Gianmarco Cifaldi. Che annuncia la sottoscrizione, poi avvenuta, tra egli stesso, in veste di garante, il rettore dell’Università «Gabriele d’Annunzio» di Chieti-Pescara Sergio Caputi e il direttore della casa circondariale «Madonna del Freddo» di Chieti Franco Pettinelli di un «protocollo di collaborazione» per un progetto «di ricerca altamente innovativo che mira a valutare le risposte comportamentali di detenuti sottoposti ad un determinato stimolo». Esso – continua la nota – «verrà svolto attraverso tre diversi Dipartimenti dell’ateneo», ovvero quelli di «Scienze giuridiche e sociali nella persona del professor Gianmarco Cifaldi» – cioè sempre lui -; di «Scienze mediche, orali e biotecnologiche nella persona del professor Michele D’Attilio» e di «Neuroscienze, Imaging e Scienze cliniche nella persona del professor Arcangelo Merla». «La ricerca – spiega ancora Cifaldi – volge a verificare i presupposti di un comportamento deviante mediante una metodica di stimolo-risposta» che vuole accertare «il grado di aggressività del detenuto».

SI ANDRÀ A VERIFICARE – viene sottolineato – «se c’è o meno un cambiamento posturale in soggetti dotati di una particolare aggressività» con l’utilizzo di «apparecchiature non invasive: la pedana posturo-stabilometrica, che rileva le variazioni del baricentro corporeo nei tre piani dello spazio; la termografia, che stabilisce la temperatura dei muscoli superficiali del viso». «Il test – continua Cilfadi – sarà suddiviso in tre fasi». I soggetti interessati – e riecco Kubrick – verranno sottoposti «alla visione di immagini emotivamente significative ed emotivamente neutre» e «ad un questionario di anamnesi medica ed odontoiatrica». Inoltre verranno testati «col protocollo posturale di D’Attilio». «Il confronto statistico che ne verrà fuori e tra i vari esami – è la conclusione – ci darà informazioni circa l’obiettivo del nostro studio». Il progetto – conclude – si è potuto realizzare «anche grazie alla disponibilità del ministero della Giustizia e del provveditore interregionale, Carmelo Cantone».

INIZIATIVA CHE FA SALTARE dalla sedia Maurizio Acerbo, segretario nazionale di Rifondazione – Sinistra europea, ex consigliere regionale e promotore e autore della legge che, nel 2011, ha istituito, in Abruzzo, la figura del garante.

«I detenutiafferma Acerbohanno già tanti problemi, ora devono pure subire gli esperimenti del garante neo eletto dall’attuale governo di centrodestra con l’appoggio dei 5Stelle». Cifaldi, sociologo e criminologo, «professore stipendiato» dalla «d’Annunzio», condurrà la «ricerca – rileva Acerbo – assieme ad altri colleghi. Siamo di fronte alla palese distorsione del ruolo che dovrebbe avere come garante» che non è «certo quello di emulare Cesare Lombroso. Con tutto il rispetto, mi sembra che esista un evidente di conflitto di interessi. Si dimetta e poi presenti a un nuovo garante le sue proposte di sperimentazione».
Nostalgia degli anni Quaranta e Cinquanta? «Limitandomi a commentare quanto annunciato dal garante – dichiara Patrizio Gonnella, giurista e presidente dell’associazione Antigone – mi auguro che questo progetto, scorretto e dal carattere pseudo-scientifico, non parta mai. Ci fa fare passi indietro ed è un triste elogio della semplificazione. La devianza è questione legale, sociale e culturale, non una patologia e, soprattutto, non è legata alla postura: basterebbe cambiare le leggi sulle droghe e, in Italia, avremmo il 30 per cento di detenuti in meno».

«Un programma – evidenzia Danilo Montinaro, di Lanciano (Chieti), psichiatra forense – che non ha senso, con cui si faranno danni. I criteri in esso individuati per rilevare aggressività e pericolosità sono inutili e deleteri, oltre che sconvolgenti. Bisogna invece tener conto di altri fattori, come la situazione carceraria, il sovraffollamento delle celle, la lontananza dalla famiglia…».

Serena Giannico

da il manifesto

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