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Aggressioni ed espulsioni: l’emergenza anti-rom

9 regioni e 15 province. 383 persone arrestate. 115 italiani. 268 immigrati. 118 espulsioni. 53 persone accompagnate alla frontiera, 65 chiuse nei Cpt. 50 marocchini, 32 romeni, 25 tunisini, 18 nigeriani, 16 egiziani, 16 serbi, 14 albanesi e 97 persone di altre nazionalità. Maxi blitz condotto in collaborazione con la polizia romena, riuscito con successo. E, visto che la polizia romena funziona, si è pensato bene di farne venire altra: una task force di 15 investigatori. Certo, poco importa che i metodi della polizia romena non siano dei migliori, l’importante è conoscere la criminalità. Per sconfiggerla. Ormai è guerra. Gli sgomberi nei campi non si fermano. I sindaci invocano commissari straordinari per l’emergenza rom [come a dire, in fondo, se i cittadini bruciano le baracche, hanno ragione]; Letizia Moratti giustifica, quasi imbarazzata, il ritardo del suo, affrettandosi a spiegare «Non si tratta di un rinvio ma di un problema di procedure tecniche: il ministro ha firmato la proposta che, perché sia valida, deve passare dal Consiglio dei ministri con la dichiarazione di emergenza». Alemanno la segue, non può certo lasciarsi sfuggire un’occasione tanto ghiotta. «Il commissario straordinario per i rom sarà rapidamente esteso anche a Roma», dice. Nel frattempo, a Bruxelles, Giusto Catania, Roberto Musacchio e Vittorio Agnoletto, europarlamentari del Prc rivolgono un’interrogazione all’Ue proprio sui commissari straordinari «L’istituzione del commissario straordinario per i rom si profila come un tentativo di criminalizzare cittadini stranieri, spesso comunitari, a causa della loro etnia. Tale scelta è in contrasto con la direttiva europea [N43/2000] sulla parità di trattamento indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica», spiegano. Secondo la commisione europea ha il dovere di bloccare l’azione del nuovo governo che, con la nomina del commissario straordinario, disattende le indicazioni del parlamento europeo contrario alle discriminazioni nei confronti dei rom. Questa notte è scattato il blitz nel campo regolare di via Salone a Roma. Non importa se lì vivano 700 persone, il 50 per cento bambini, molti nati in Italia. Agiscono di notte, le «forze dell’ordine», entrano nel campo e colpiscono, rumorosamente, mettendo a soqquadro ogni cosa; fermano i migranti senza documenti, li portano via, in questura. «Un’operazione di routine – dicono gli agenti – ce ne saranno molte altre». Quando lo sgombero diventa routine la frase suona più come una minaccia, ma è questo quello che vuole Alemanno. Tolleranza zero. «Per alcuni reati il carcere è una misura troppo dura e costosa – ha detto ieri il sindaco a Matrix – vanno bene i Cpt». Intanto nella periferia est di Napoli è caos, l’esodo è cominciato. Da via Malibran, via Argine e via Virginia Woolf i rom fuggono verso zone più sicure. Circa cinquecento persone, donne con in braccio i bambini e uomini stanchi, scappano. Camminano veloci, evitano di voltarsi, di guardare le case di legno e lamiera avvolte dal fuoco. I campi di Ponticelli ardono e i residenti guardano. I ragazzi italiani ridono davanti al fuoco, fischiano i pompieri venuti a spegnere gli incendi. Il fuoco distrugge ogni cosa. I pochi rom rimasti sono disperati, hanno paura. Le donne italiane attaccano, si scaraventano contro le rudimentali barriere messe su dagli abitanti delle baraccopoli. I rom fuggono veloci nei capanni, gli occhi terrorizzati, lo sguardo perso. Le italiane colpiscono, urlano, inveeiscono. Con mani decise distruggono le recinsioni, intervengono i finanzieri, bloccano la massa impazzita. I rom aspettano. Le donne del quartiere bloccano il traffico, non vogliono saperne di fermarsi. Tutti gli accampamenti devono essere rasi al suolo, bruciati. Non importa che dentro ci sia qualcuno, forse un bambino. Gli zingari devono scomparire.

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