Afrin: come calpestare i diritti dei curdi in nome dei palestinesi
In nome di una malintesa solidarietà con i palestinesi di Gaza, i mercenari filoturchi impongono ulteriori balzelli alla popolazione nei territori occupati della Siria. Meno gradito – pare – l’invio nel nord dell’Iraq contro i curdi del PKK
di Gianni Sartori
Sinceramente bisognerà inventarsi qualcos’altro. Ormai dell’autodeterminazione dei popoli rimane ben poco. Usata (e gettata) in base all’opportunità (a geometria variabile), strumentalizzata, sostanzialmente tradita.
L’ultimo esempio in ordine di tempo, una “imposta per Gaza” ideata dalla Liwa Sultan Suleiman Shah (Brigata Sultan Suleiman Shah) nel distretto di Mobata (cantone curdo di Afrin sotto occupazione turca dal marzo 2018).
Tale brigata, fondata nel 2016 e affiliata all’Esercito Siriano Libero, è costituita principalmente da combattenti turcomanni siriani (ma pare sotto il comando di ufficiali turchi). Già nota per essere stata impiegata da Ankara (nel quadro del progetto di espansione turco) in Siria (in particolare contro i curdi), contro gli armeni (v. Alto Karabakh, a fianco degli azeri), e anche in Libia (v. la “Battaglia di Tripoli”).
E’ probabile che appartengano a tale formazione la maggior parte dei circa 550 mercenari inviati nel Kurdistan del Sud (Bashur, in territorio iracheno) – in base ai recenti accordi intercorsi tra Ankara e Baghdad – per combattere la guerriglia curda (v. quanto segnalava l’Osservatorio siriano dei diritti dell’Uomo – OSDH).
Del “corpo di spedizione” filoturco farebbero parte, oltre a quelli della Brigata Sultan Suleiman Shah, anche miliziani provenienti da altre formazioni paramilitari come Sultan Murad. A quanto si dice la partecipazione a tale spedizione non sarebbe entusiastica. Tanto che si è dovuto ricorrere ad arruolamenti forzati.
La notizia del nuovo balzello è filtrata solo recentemente e ovviamente richiederebbe ulteriori accertamenti. Ma quello che è dato per certo da fonti locali è che le milizie mercenarie della Divisione del Sultano Suleiman Shah (al-Amshat), in stretta collaborazione con il mukhtar del distretto e con qualche esponente del cosiddetto “consiglio locale”, costituito da miliziani filoturchi (tra cui Aref Mohammad Ali Bilal, nome di battaglia “Aref orecchio mozzato”), hanno imposto il versamento – entro 24 ore – di 100 dollari statunitensi per ogni abitazione del distretto. Ufficialmente per “sostenere i palestinesi di Gaza”. Chiunque osasse rifiutarsi di subire supinamente l’estorsione, verrebbe sottoposto (stando a quanto viene diffuso con un minaccioso messaggio audio di Aref Mohamed Ali Bilal) alle “peggiori forme di tortura fisica e psicologica”.
Sempre stando a quanto sostengono le fonti locali, in questi giorni si va intensificando e inasprendo il controllo degli abitanti da parte delle milizie di al-Amshat. Con verifiche dell’identità dei cittadini in base alle liste in mano dei mercenari. E chiunque non paga le imposte arbitrariamente stabilite rischia di venir sequestrato in modo da costringere i familiari a pagarne il riscatto.
Particolarmente disgustoso che tutto questo avvenga (sotto la supervisione turca ovviamente) in nome del popolo palestinese. Un popolo oppresso e calpestato così come quello curdo (anche se da governi contrapposti). Un modo per allargare ulteriormente (vedi in precedenza i rifugiati palestinesi insediati nei territori curdi del nord della Siria attualmente sotto occupazione turca) la frattura tra le due popolazioni, in passato unite dalla comune lotta internazionalista e antimperialista.
Del resto non questa la prima tassazione arbitraria imposta dalle milizie mercenarie nei distretti di Shehra e Mobata: 500 lire turche per ogni albero di noce, 300 dollari statunitensi per ogni pozzo artesiano, 200 dollari statunitensi per ogni negozio.
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