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Abolite l’ergastolo. Carceri in movimento

C’è chi chiede l’applicazione di misure penali nei confronti di lavavetri e writers, chi propone modifiche restrittive di provvedimenti approvati in una stagione di garanzie e diritti, come la legge Gozzini, ma c’è anche chi promuove una campagna per l’abolizione dell’ergastolo. Dal primo dicembre, in cinquanta carceri italiane, settecentocinquanta ergastolani hanno cominciato uno sciopero della fame per dieci giorni – ma almeno quaranta sarebbero disposti a proseguire ad oltranza – per chiedere al presidente e ai capogruppo del Senato che la discussione del disegno di legge [prima firmataria Maria Luisa Boccia, Prc] sull’abolizione dell’ergastolo venga effettuata prima possibile. L’organizzazione della protesta è stata affidata al sito internet dell’associazione di volontariato fiorentina Pantagruel [www.informacarcere.it]. Centinaia di detenuti, così si sono messin in rete. L’idea di organizzare uno sciopero della fame l’ha avuta un detenuto di Spoleto, Carmelo Musumeci: la sua lettera, pubblicata su web, ha fatto ben presto il giro delle prigioni. E in poche settimane sul sito sono comparse le risposte, centinaia di adesioni da tutte le carceri. Con un testo sempre uguale: «Per il rispetto dell’articolo 27 della Costituzione secondo cui le pene devono tendere alla rieducazione del condannato, dichiaro che dal primo dicembre 2007 inizierò uno sciopero della fame ad oltranza a sostegno dell’abolizione dell’ergastolo». In un’altra lettera inviata dagli ergastolani al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, tra l’altro, si legge: «L’ergastolo è una pena che rende il nostro futuro uguale al passato, un passato che schiaccia il presente e toglie speranza al futuro… È una morte bevuta a sorsi. È una vittoria sulla morte perché è più forte della morte». Lo sciopero della fame è stato sottoscritto al momento da 750 ergastolani [cioè quasi due su tre], ma anche da altre 10 mila persone, fra familiari, detenuti comuni, operatori sociali e politici. Per sostenere il lancio della campagna, alcune settimane fa l’associazione Antigone e Rifondazione comunista hanno promosso anche un appello al mondo della cultura e dello spettacolo perché possa veicolare il grido dei detenuti e spingere il parlamento a una scelta «coraggiosa, opportuna e civile». Tra gli altri, hanno aderito Mimmo Calopresti, Ascanio Celestini, Erri De Luca, Leo Gullotta, Wilma Labate, Carlo Lizzani, Citto Maselli, Mario Monicelli, Massimo Ranieri, Ettore Scola e altri. In concomitanza con l’inizio dello sciopero della fame, gli ergastolani Annino Mele e Salvatore Pezzino del carcere di Saluzzo [Cuneo] hanno promosso invece il loro «autoseppellimento». «Non potendo guardare in faccia alcun nostro futuro – spiegano in una lettera –, proviamo a chiuderci dentro le rispettive morgue rinunciando a tutto e tutti, con la differenza che ogni giorno per cinque minuti a partire dalle ore 16 ci suoniamo le campane a morto». L’autoseppellimento consiste nel non uscire dalla cella per nessun motivo, niente udienze con il direttore o colloqui con i familiari, niente docce, nessuna visita medica. In realtà, finora il no all’abolizione dell’ergastolo di molti politici e del ministro della giustizia Clemente Mastella non sembrano lasciare grandi speranze, se non quella di riaprire almeno un dibattito pubblico serio su questi temi. Ma secondo Vittorio Antonini, deteneuto e vicepresidente dell’associazione Papillon [alla quale aderiscono settemila detenuti di cinquantadue istituti di pena] non tutte le proposte del disegno di legge che prevedono l’abolizione dell’ergastolo sembrano condivisibili, a cominciare dalla quelle sulla «detenzione speciale», cioè l’allungamento della pena che può arrivare fino a 38 anni. «In alternativa bisognerebbe applicare le leggi vigenti–dice Antonini- come la condizionale per tutti gli ergastolani che hanno raggiunto il limite minimo che oggi è di ventisei anni».

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