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[27.06.2015] L’amore nostro non conosce catene – Dibattito sulla repressione – Iskra Roma

Contro la società galera il nostro percorso è la lotta di classe

La repressione è endemica ed ineliminabile dentro il sistema borghese, perchè ne è il presupposto al suo perpetuamento. Una società senza repressione può nascere solo sulle macerie di quella presente, cioè solo dopo la rottura rivoluzionaria.

La lotta contro la repressione o è lotta generale contro il sistema capitalista che la produce o non è.

La repressione nel regime capitalistico è una costante di ogni giorno di fronte a uno Stato che altro non è che un’immensa e contorta macchina burocratica che dietro continue dichiarazioni di imparzialità si dimostra ogni giorno al servizio di chi sfrutta, licenzia e matura profitti su chi è costretto a vivere a pochi metri da una discarica o un inceneritore. Quello che però è evidente è che a partire dall’insediamento del governo Monti, poi Letta, adesso Renzi, lo Stato e i suoi apparati repressivi siano più che mai decisi a non tollerare il minimo segnale che scalfisca il nuovo clima di “concordia nazionale”, adesso sostituito dalla retorica del “coraggioso cambiamento”.

Elencare le decine di avvisi, intimidazioni e denunce subite dai compagni afferenti a questa o quell’area politica della sinistra di classe in tutta Italia sarebbe inutile oltre che noioso. Quello che invece ci interessa portare all’attenzione è una tendenza che mette in evidenza come le classi dominanti in Italia e in Europa, pur non essendoci vogliano imprimere un ulteriore salto di qualità in senso repressivo alla nostre democrazie già sufficientemente blindata.

Al di là delle disquisizioni sull’opportunità di definire “deriva autoritaria” la fase attuale quello che è certo è che nell’Italia in cui viviamo accadono cose che fino a qualche anno fa sarebbero state impensabili. E in effetti ormai non siamo più soltanto in uno Stato che condanna a decine di anni di carcere per “devastazione e saccheggio” i manifestanti contro il G8 del 2001, o i combattenti del 15 ottobre 2011 come Davide Rosci e Mauro Gentile per poi proteggere gli assassini dei Carlo Giuliani, Federico Aldovrandi, Stefano Cucchi, Davide Bifolco e delle altre decine vittime della tortura di Stato legalizzata all’interno delle carceri. Ormai siamo in un paese in cui avvengono fatti a prima vista sembrerebbero più lievi ma che in verità ci dicono molto sullo scenario con cui ci dovremo confrontare nel prossimo futuro: a Milano un sindacalista del Si-Cobas può essere condannato a cinque giorni di carcere per aver proclamato uno sciopero; un delegato sindacale della CUB alla Bormioli di Parma può essere minacciato di licenziamento durante una trattativa; i dirigenti di organizzazioni sindacali considerate “eversive” per il semplice fatto di non leccare i piedi ai padroni vengono regolarmente raggiunti da fogli di via.

Dalla scuola riproduttrice su scala allargata di controllo e comando, all’asfissia della famiglia coercitrice in ruoli e dominii, ai rapporti umani spesso ridotti a merce. L’intera società esprime la propria intima struttura di divisione di classe permeandosi di repressione, di cui il carcere è solo l’ultimo tassello, dedicato a chi, in forme e modi diversi, piu’ o meno “politicamente”, da essa dissente, ad essa si oppone.

Quelli che si sono citati sono solo una piccola parte di quello che avviene quotidianamente nella realtà e più che deprimerci e farci sentire vittime ci fanno capire quali siano i compiti che ci aspettano ed è per questo che ci sentiamo di dover ritornare a parlare e discutere di alcune proposte (come quelle del’assemblea del 20 dicembre a Teramo o di quella di Febbraio a Napoli) che nella loro semplicità e nella loro non facile praticabilità indicano secondo noi la strada giusta da seguire a partire dalla necessità di un gruppo di lavoro che scevro da primogeniture aiuti a rispondere in modo coordinato agli attacchi dello Stato per esempio attraverso la creazione di una cassa di resistenza per chi viene colpito dalla repressione e chi sta già scontando pene detentive, infatti i militanti devono comunque imparare a difendersi tecnicamente sapendo però che la vera liberazione nasce solo tramite il superamento della società presente. Perché al di là delle divergenze tattiche o strategiche che ci possono essere all’interno della sinistra di classe come è scritto nel comunicato di chiusura dei compagni dell’Azione Antifascista di Teramo che hanno promosso l’iniziativa: “Si può trattare della Val Susa e del T.A.V. come di Bagnoli e dell’Italsider, di Taranto e dell’Ilva come di Teramo e del 15 ottobre; si può trattare dell’Aquila e del processo alla Commissione Grandi Rischi come di Ferguson negli Stati Uniti e della polizia assassina, di Casale Monferrato e la strage dell’Eternit come di Bussi e del vergognoso sversamento impunito, ma un cosa sola emerge chiara, la Legge non è uguale per tutti, è una questione di classe”.

h. 17:00
con i contributi di
Mauro Gentile, Lello Valitutti (Croce Nera Anarchica), Lab. Pol. Iskra, SI COBAS, Osservatorio sulla Repressione, NonSolo Marange (Cassa di Resistenza e Supporto Legale), C.o.c (Comunisti per l’Organizzazione di Classe), Rete Evasioni, Avv. Flavio Rossi (Foro di Roma), Comitato Popolare di Via passino, rivista Punto Critico.

-Stand/Distro: HELLNATION Store; Runnin’ Riot – Distro e DIY; Centro di Controcultura Mala-Testa; Stand solidale per gli imputati del 15 ottobre

h. 20:30 – concerto con FUN – PLAKKAGGIO – THE 80′ S – ISTINTI OSTILI – CATTIVO SANGUE – SUD DISORDER 

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