Narin Capan, una compagna curda della città di Silvan, nella provincia di Diyarbakir, è l’ennesima vittima delle limitazioni del governo turco alla libertà di stampa nel paese. È stata arrestata due giorni fa per aver accompagnato per le strade della città due corrispondenti italiani indipendenti alla fine dello scorso ottobre. Può sembrare incredibile che un comportamento così ordinario possa causare l’incarcerazione con l’accusa di terrorismo e offesa allo stato, ma ormai in Turchia davvero tutto è possibile.
L’accusa si basa sulla tesi che in quei giorni esistevano, a Silvan, delle aree “chiuse”, ovvero non accessibili alla polizia, e sostiene (peraltro senza prove) che Narin avesse accompagnato i giornalisti in quei quartieri, dando così “un’immagine negativa del paese”. In secondo luogo, il giudice istruttore del caso imputa a Narin di aver conservato sul suo cellulare, che fu sequestrato quel giorno, una foto che la ritraeva nella città di Kobane. Ciò dimostrerebbe che si tratta di una terrorista, e più specificamente di un “membro delle Ypg”.
Inutile commentare accuse tanto ridicole e stupide, se non fossero la giustificazione per la privazione della libertà di una persona colpevole soltanto, in questo caso, di aver fatto ciò che chiunque (specialmente lei, visto che è dipendente del comune della sua città) farebbe in presenza di visitatori stranieri: accompagnarli in giro per il centro abitato.
Come in molti altri casi, dietro l’arresto di Narin – persona conosciuta, amata e rispettata da tutti a Silvan – si cela ancora una volta la volontà di intimidire la popolazione curda che abita il sud-est del paese: chiunque tenti di far conoscere la realtà del Kurdistan all’estero è un terrorista; e chiunque si rechi a Kobane, devastata dalla guerra con l’Isis conclusasi soltanto un anno fa, è un terrorista internazionale.
Dopo le chiusure di giornali, gli arresti di giornalisti che svelano gli intrallazzi sporchi del presidente, l’espulsione di giornalisti dal paese e le accuse di terrorismo a migliaia di docenti universitari turchi e stranieri, il caso di Narin Capan aggiunge un altro tassello alla smania di potere del presidente Erdogan, al soffocamento di ogni possibilità di espressione in Turchia e alla vigliaccheria di giudici che non perdono occasione di mostrarsi servili con chi li comanda.
Vogliamo Narin libera subito! Free Narin!
da infoAut
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