Presentata interrogazione parlamentare sul caso di Rachid Assarag, marocchino in carcere “sotto tortura”
Il caso di Rachid Assarag, marocchino in carcere che da anni denuncia i maltrattamenti e gli abusi che subisce, di recente anche tramite delle registrazioni ambientali arriva di nuovo in parlamento grazie ad una interrogazione parlamentare presentata dai deputati Ferraresi, Agostinelli, Bonafede, Businarolo, Colletti, Sarti, D’Incà del Movimento 5 Stelle.
Il caso di Rachid Assarag, è un caso particolarmente inquietante: Le denunce di Rachid sono rimaste ferme anni. Ma dal momento in cui Rashid a iniziato a denunciare è iniziato un vero e proprio braccio di ferro tra Rashid e le istituzioni penitenziarie. Ne ha fatte ben 11 in questi ultimi tempi. Rachid è riuscito a documentare e a provare le violenze e i soprusi subiti, non soltanto da lui, attraverso delle registrazioni ambientali con degli mp3 e dei piccoli registratorini. Da queste registrazioni emerge un quadro che definire inquientante è troppo poco. Sono dialoghi con medici, con magistrati, con gli agenti di polizia penitenziaria, con direttori, assistenti sociali, psicologi e lo spaccato che ne viene è uno spaccato coerente, inaccettabile e indegno di un paese democratico, di uno Stato di diritto.
Il testo dell’interrogazione parlamentare:
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:
Rachid Assarag, di nazionalità marocchina, è attualmente detenuto presso il carcere di Torino, dove sta portando avanti lo sciopero della fame;
durante il suo periodo di detenzione, egli ha sporto numerose denunce per maltrattamenti, percosse e lesioni subite dagli agenti di polizia penitenziaria in diversi istituti di pena, in particolare presso gli istituti di Prato, Solliciano e Parma;
Assarag, a supporto delle proprie denunce, ha fatto pervenire alle procure della Repubblica interessate (Parma, Prato, Firenze) numerose registrazioni audio che egli è riuscito a realizzare durante la detenzione, aventi ad oggetto plurimi colloqui con gli agenti di polizia penitenziaria nonché con altri operatori del carcere;
presso il Tribunale di Parma, all’udienza del 13 ottobre 2014, nel corso di un procedimento a suo carico (r.g. 185/2013), il giudice ha disposto l’acquisizione delle registrazioni audio effettuate da Assarag. Il processo è ancora in corso;
presso la procura di Parma è inoltre pendente un procedimento, attualmente in fase di indagine, in cui egli risulta persona offesa per i reati di calunnia, falso ideologico in atto pubblico, abuso dei mezzi di correzione o disciplina, lesioni volontarie aggravate dalla qualifica di pubblico ufficiale dalla minorata difesa della persona offesa, commessi dal 9 ottobre 2010 al 12 ottobre 2011; per tali reati risultano indagati otto pubblici ufficiali, per i quali il 15 dicembre 2015 è stata richiesta archiviazione a cui è susseguita l’opposizione da parte dell’avvocato Fabio Anselmo;
come riportato dal servizio della trasmissione televisiva «Le Iene» del 24 gennaio 2016, emerge che alcuni operatori del carcere e dell’Asl di Parma, implicati nella vicenda, non sono stati sentiti dalla procura di Parma e che continuino a lavorare nell’ambito del suddetto carcere;
nelle registrazioni pubblicate negli atti giudiziari e riprese da numerose testate giornalistiche, di conversazioni tenutesi all’interno di diverse strutture carcerarie tra il detenuto Assarag e uomini appartenenti al Corpo della polizia penitenziaria, sono espressi, da parte di questi ultimi, pareri sulle modalità di rieducazione dei detenuti che non rispondono per nulla alla Costituzione e alle leggi che disciplinano le pene e la detenzione;
fra le frasi riportate agenti penitenziari avrebbero affermato che «la legge nel carcere siamo noi, quindi comandiamo solo noi !» ed ancora, rivolgendosi al detenuto: «Come ti porto, così ti posso far sotterrare. Comandiamo noi: né avvocati, né giudici, né comandiamo noi ! (…) Non sto scherzando. Nelle denunce tu puoi dire quello che vuoi, io posso scrivere quello che voglio, dipende poi che scrivo io» o, ancora «ed asserzioni del genere» ne ho picchiati tanti, non mi ricordo se ci sei in mezzo anche tu !», descrivendo come vi sia un meccanismo omertoso sui soprusi nei confronti dei detenuti: «per cui scrivono; il detenuto è caduto dalle scale; oppure il detenuto ha aggredito l’agente che si è difeso, ok ? Quindi al magistrato porterei la mia testimonianza e cento testimonianze che dicono il contrario. Capisce ? Poi quando al magistrato gli arriva una testimonianza di un sanitario e cento testimonianze che dicono che è caduto dalle scale, cosa fa ? Ha presente il caso Cucchi ?»;
ancora, dalle conversazioni registrate con agenti, medici, psicologi emerge quadro inquietante delle modalità di gestione della popolazione carceraria nel carcere di Parma, completamente affidate alla sopraffazione, alla violenza ed alla minaccia degli agenti ed al silenzio dei sanitari su pratiche del tutto al di là della legalità e del rispetto dei diritti dei detenuti, registrazioni che, a parere degli interpellanti, offrono dati concreti a supporto della veridicità delle denunce depositate dal signor Assarag, e quindi delle condotte ingiustamente lesive perpetrate dagli agenti a suo danno;
dalle dette registrazioni, nel carcere di Parma i detenuti, non solo vengono picchiati se non si comportano «bene», ma vengono anche lasciati senza acqua, fatti dormire senza materasso e senza coperte. In particolare, quanto emerge dalle registrazioni acquisite – di seguito riportate –, dopo il suo arrivo il Rachid viene lasciato per tre giorni senza poter utilizzare l’acqua corrente; di questo parla con una assistente che pur condannando comportamento tenuto dai colleghi, afferma anche che non testimonierà mai contro di loro: «R (Rachid). Quando gli hai dato il cambio, hai visto la mia situazione ? senza acqua, mi ha dato lei l’acqua…
A (agente). Ho capito, ma non hai prove
R. Come le prove, ma lei ha visto tutto !
A. Si, ma io non posso testimoniare contro il mio collega !
R. Ah, non puoi testimoniare contro il mio collega. Ma non devi testimoniare. Devi solo dire come sono state le cose
A. Assarag, non testimonierò mai contro un collega»;
e poco oltre:
«R. Io sono stato tre giorni così… Ma lei mi ha detto ti apro la doccia, ma lui mi ha detto no, Io non ti apro niente. Mi ha detto ce l’hai l’acqua li, lo hai visto ? …
A. Ho capito Assarag, ma denunciare…
R. Ho capito, ma come mai mi ha aperto la doccia e lui non voleva ?
A. Lo stesso discorso di prima, Assarag, ce’ chi usa di più la testa chi non usa la testa…non è questione di cattiveria, è questione di stupidità
R. Allora che ci vuole a fare come ha fatto lei
A. Purtroppo non siamo tutti uguali, ci sta chi è più intelligente e chi è meno intelligente…
R. Ma io sono qua dentro, chiuso, non posso andare a trovare l’acqua…
A. Ma sai cos’è, a volte anche il collega giovane si trova in difficoltà, perché non sa come agire»;
dalle stesse registrazioni emerge di come delle condizioni in cui i detenuti vengono fatti sopravvivere, oltreché della violenza perpetrata in loro danno il Rachid parla anche con il medico del carcere:
«R. Io sto vivendo questa carcerazione qua, ma la sto vivendo male. Perché il carcere è male, allora … lo sai
D (dottore). Deve abituarsi a questo male.
R. Ma che, devo stare male ?
D. … non può andar via, non decide lei … non può andare via !
R. Non voglio andar via, perché vedo la violenza delle persone. Io ho subito, mi hai visto che io ho subito la violenza ?
D. Certo, ho visto.
R. E allora dottore …
D. Quello che voglio dire, è che lei deve imparare a … a … abituare …
R. Accettare …
D. Si, perché non può cambiare lei, come non lo posso cambiare io !»;
il dottore spiega a Rachid che l’unico modo per sopravvivere nel carcere è abituarsi, rassegnarsi a condizioni di vita degradate e alla violenza;
inoltre, emerge che nel carcere viene attuata la violenza da parte delle guardie nei confronti dei detenuti e Rachid, come molti altri, l’ha subita; è detto espressamente nel successivo passaggio:
«R. E hai visto che il muro della mia cella è tutto pieno di sangue. Ok … ho subito violenza
D. Lo so … ci credo …
R. Lo sai e mi credi, ok. Allora perché nessuno … ho chiesto di parlare col direttore, ho chiesto di parlare col Comandante, nessuno è venuto a sentirmi. Come mai ? Io sto morendo di … non ho capito ? Non gliene frega …
D. Non gliene frega un c…: per il direttore lei è solo una scocciatura ! R. Ah sì ? Anche se uno che sta morendo, che … ?
D. Ma cosa dicono se lei muore ? «Uno di meno»;
ed ancora, sempre sul tema della violenza all’interno del carcere:
«R. No, lo so che lei non può fare niente, ma la cosa che voglio dire è questa; ma c’è tanta violenza qua … eh ? Dimmi la verità, per favore !
D. Lo so, la vedo io, come la vede lei !
R. Io l’ho subita e lei lo vede …
D. E non riuscirà ad avere giustizia …
R. Perché ?
D. Perché avranno coperto tutto: il medico non so cosa avrà scritto; l’appuntato ha scritto che non è successo niente; il direttore scrive che non è successo niente e il magistrato capisce che non è successo niente: e quando lei gli dice che l’han picchiata, questo dice: Ah, l’han picchiata, però non c’è scritto niente !»
R. Ma dottore, lei sa che mi hanno picchiato !
D. Sì e le credo anche …
R. Lei sa … hai saputo dal dottore che …
D. Io le credo …»
«D. Assarag, non posso testimoniare …
R. Non puoi testimoniare contro loro ? Perché …
D. Perché mi fanno il c…»;
Durante il colloquio con la psicologa Rachid parla del decesso del giovane italiano Ciro Campanile, avvenuto nel carcere di Parma in data 15 novembre 2010 raccontandogli di come lui, ripetutamente, avesse rappresentato a ben tre diverse guardie la gravità della situazione;
dopo il decesso del giovane, Rachid, convinto che si sarebbe potuto fare qualcosa, si rivolge al brigadiere e questo è quanto ne ricava:
«R. …potevi salvarlo quel ragazzo … … mi hanno detto che era drogato, era una persona che … allora, che c’entra drogato ? Perché non è morto fuori ? Se fosse lui veramente drogato ? Se lui è venuto qua al carcere ed è morto ? Allora lì ho cominciato a parlare col brigadiere, ogni volta che passa, gli dico: “Ma i vostri colleghi non hanno fatto loro lavoro, non hanno chiamato il dottore !”. Cosa mi ha detto il brigadiere ? “Tu sei un pezzo di merda, che hai la lingua lunga !” Dopo che lui mi ha dato del pezzo di merda, io gli ho risposto: “Questa parola che mi hai detto, lei è due volte,” Mi ha fatto rapporto e ho fatto 15 giorni, per questa cosa qua. Perché io ho cominciato a dire a lui: “vostro collega non hanno chiamato …” allora da lì ho cominciato io…
P. Ad essere oggetto della …inc…
R. Mi hanno detto che la tua lingua è lunga, che non devi parlare di queste cose. (…)»;
a commento di quanto riportato, nella richiesta di archiviazione, il sostituito procuratore della Repubblica presso la Procura di Parma, dottoressa Podda, scrive queste testuali parole: «ed allora, quelle affermazioni, paiono più essere delle lezioni di vita carceraria, che la guardia sta impartendo, al detenuto, che minacce o affermazioni di supremazia assoluta e di negazione dei diritti –:
se sia stata effettivamente avviata e, in caso affermativo, in quale stadio si trovi, l’indagine ispettiva ministeriale sui casi svoltisi presso i due carceri di Prato e di Parma, denunciati dal detenuto Rachid Assarag e, in caso contrario, se non ritenga di doverla avviare;
se non ritenga che la circostanza per la quale il signor Lionello Catini, coordinatore del nucleo scorte del Ministero della giustizia, sia indagato per i fatti di Parma non rappresenti un pregiudizio, non solo all’immagine del Corpo di appartenenza del Catini, ma, soprattutto, all’imparzialità e allo stesso corretto svolgimento di qualsiasi attività ispettiva interna e, in caso affermativo, quali iniziative intenda adottare al riguardo;
se non ritenga di dover approntare apposite misure di tutela per il signor Assarag al fine di scongiurare eventuali atti ritorsivi nei suoi confronti conseguenti alle denunce da lui presentate;
se non reputi infine necessario assumere iniziative ispettive presso la procura di Parma ai fini dell’esercizio di tutti i poteri di competenza, ivi compresa la promozione dell’azione disciplinare.
(2-01283) « Ferraresi, Agostinelli, Bonafede, Businarolo, Colletti, Sarti, D’Incà».