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#12a, il Coisp si sente in guerra. E spara su Acad

L’ormai famoso sindacato di poliziotti si sente in prima fila di una guerra contro i manifestanti e si irrita per la nascita di un’associazione contro gli abusi

«Nessuno dimentichi che questa ‘guerra’, che la si voglia chiamare così o in qualunque altro modo, la dobbiamo condurre noi, schierati in prima fila per la tutela di tutti gli altri». All’indomani del corteo del 12 aprile, arriva puntuale la rivendicazione del Coisp, per bocca del suo segretario generale Franco Maccari, balzato agli onori delle cronache per l’infelice manifestazione in difesa dei quattro uccisori di Federico Aldrovandi messa in scena a Ferrara a pochi passi dalle finestre dell’ufficio della madre del ragazzo.

Se non è chiaro rispetto ai soggetti che intende tutelare, non si può dire altrettanto rispetto all’approccio guerresco. Sembra proprio che questo sindacalista ritenga di essere in guerra con le persone che esercitano il diritto fondamentale di manifestare. Con i cittadini. Non è difficile da credere che la pensino così molti suoi colleghi, basta scorrere i video del 12 aprile, delle cariche violente al corteo per casa, reddito e dignità. Solo chi crede di essere in guerra e chi è addestrato per la guerra (e chi crede nella guerra) si accanisce – come evidenziano le immagini – sui “nemici” quasi sempre inermi, scelti nel mucchio, portatori di una sofferenza sociale così forte da essere spinti a manifestarla a rischio della propria incolumità. Nessuno si sarebbe aspettato nulla di diverso dalla sigla sindacale che prova a farsi largo nella pletora del sindacalismo di polizia rivendicando, a scapito dell’evidenza, tutti i comportamenti più estremi delle forze dell’ordine.

Da quello che si sa, il fuoco di fila di querele, si direbbe il proseguimento della guerra del Coisp in tempo di pace, contro i parenti delle vittime della polizia e contro chiunque solidarizzi con loro (giornalisti, parlamentari e cittadini), si sta rivelando un flop ma l’abitudine a deformare i fatti è tenacissima nel contegno del sindacatino. Ne è prova la lettera inviata da Maccari al ministro di polizia Alfano alcuni giorni prima del corteo di Roma, il 24 marzo. Prima c’è la solita tiritera sul «pezzo di Stato abbandonato» a chi «ritiene che il conflitto sociale debba esperirsi in maniera per nulla pacifica» poi c’è l’attacco frontale e mistificante ad Acad, l’associazione contro gli abusi in divisa accusata di aver attivato un numero verde per bloccare in tempo reale gli interventi della polizia.

In realtà Acad si prefigge di raccogliere le denunce attraverso un numero verde e di fornire sostegno legale. Ma a Maccari dev’essere sfuggito: «Un pezzo di Stato, quello che veste una divisa, è stato ultimamente abbandonato da chi ha governato il Paese e ciò ha prodotto molteplici effetti, il più pericoloso dei quali è la convinzione da parte di non pochi di poterlo delegittimare continuamente e con sempre maggiore forza.

L’Associazione contro gli abusi in divisa (Acad), presentata a Bergamo il 17 gennaio u.s., dietro la dichiarata legittima volontà di “sostenere le vittime di abusi da parte delle Forze dell’Ordine” sembra prefissarsi anche l’obiettivo di essere i controllori di Poliziotti, Carabinieri, etc.., e di intervenire, in ogni modo possibile, al fine di obbligare ad una verità e giustizia diversa da quella giudiziaria ogni qualvolta questa non porta alla condanna degli appartenenti alle Forze dell’Ordine. L’Associazione ha lo scopo di far “intervenire rapidamente” attivisti, non meglio specificati, laddove viene segnalato un presunto abuso da parte delle Forze di Polizia.

Tale Associazione è organizzata con un meccanismo di pronto intervento che, allertando l’avvocato di zona e avvisando gli attivisti attraverso la mailing list (.) e contattando direttamente le persone che si trovano più vicine al luogo consultando il database, chiede agli appartenenti al sodalizio di intervenire su un intervento in corso delle Forze di Polizia: “Prima si interviene e meglio è, vien da sé che più attivisti ci sono e più abbiamo possibilità di intervenire rapidamente”. Il tutto viene promosso su internet per il tramite di una Onlus. La volontà di delegittimare la Polizia di Stato e le altre Forze di Polizia sembra già più che chiara».

E qui il paladino dei poliziotti in guerra rispolvera un suo vecchio cavallo di battaglia, la mistificazione dei fatti di Piazza Alimonda. Come Pippo che non crede alla strega Nocciola, Maccari non riesce a credere che Carlo Giuliani raccolse l’estintore solo dopo aver visto la pistola impugnata da un carabiniere. Il video è agli atti del processo ma a Maccari dev’essere sfuggito.

A questo punto della lettera, il Coisp chiede ad Alfano, accusato di essere troppo distratto a promuovere il suo nuovo partito, di indagare sulla «effettiva natura», «se è lecito intervenire su un intervento in corso delle Forze di Polizia», «se tutto questo integrerà il reato di interruzione di un servizio pubblico o, peggio, favorirà il reato per il quale si sta procedendo», «se, addirittura, possa configurarsi il reato di resistenza a pubblico ufficiale, anche nella forma della resistenza passiva, laddove le modalità di intervento dovessero assumere i caratteri di un impedimento concreto per l’esercizio del pubblico ufficio in corso di svolgimento da parte delle Forze di Polizia». E si apprende che il rodato pool di avvocati del Coisp sta cercando di capire se può denunciare Acad in qualche modo.

Non fosse abbastanza chiaro, Maccari ci mette dell’altro discorrendo con una giornalista di un sito: la nascita stessa di Acad sarebbe un «fatto gravissimo, dell’esistenza cioè di soggetti animati da un evidente intento di delegittimare e infangare l’operato delle Forze dell’Ordine talmente forte da decidere di riunirsi ed organizzarsi e trovare nuovi attivisti trascinando quante più persone possibile nella subdola confusione che fa leva sull’odioso equivoco che tutte le tragedie con cui siamo, nostro malgrado, costretti a confrontarci, dipendano da un’inesistente crudeltà insita nei Tutori della Sicurezza… (Si) vorrebbe dare vita ad un gruppo di non meglio identificati ‘sceriffi’, legittimando un’inconcepibile interferenza dei comuni cittadini in attività loro quasi completamente sconosciute, riconoscendogli oltre tutto l’impossibile capacità di stabilire a priori se e quando esse possano integrare fattispecie di abusi, capacità che in realtà fa capo solo ed unicamente all’Autorità giudiziaria».

Da esperto di guerra, Maccari sa bene che la disinformazione è una delle armi decisive ma stia tranquillo che Acad e i suoi attivisti sono allergici agli sceriffi tanto quanto certi poliziotti sono allergici alla Costituzione e alla verità, e che le polizie italiane sanno benissimo screditarsi da sole. Ne sanno qualcosa i parenti delle loro vittime. I fatti però hanno la testa dura, più dura dei loro manganelli.

da popoff

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