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12 maggio 1977 – Roma

Il 12 maggio 1977, nel terzo anniversario della vittoria referendaria sul divorzio, i radicali edi gruppi della sinistra extraparlamentare, decidono di tenere un sit-in in piazza Navona a Roma per festeggiare l’anniversario della vittoria del referendum sul divorzio e per protestare contro il restringimento degli spazi di agibilità politica.  La polizia carica la manifestazione facendo largo uso di armi da fuoco  uccidendo Giorgiana Masi e ferendo altri 7 giovani.

Racconta Paola Staccioli in “101 donne che hanno fatto grande Roma” (Newton Compton): “I suoi compagni la sollevano, la portano al riparo, la sentono mormorare ‘Oddio che male’. Credono abbia inciampato. Non si vede sangue. Quando la mettono a terra ha gli occhi sbarrati, il corpo rigido. Una crisi epilettica, pensano. Interviene un medico ma in mezzo al putiferio non sa che fare. Caricata su una macchina, Giorgiana arriva in ospedale già morta. Centrata alla schiena da un proiettile“.

La manifestazione  era stata vietata, ma il partito Radicale e la sinistra antagonista decisero comunque di effettuare un sit-in.

Nonostante i divieti il 12 maggio in piazza scesero migliaia di persone: studenti, femministe, lavoratori. Dall’altra parte, lo Stato rispose con la polizia, creando un’atmosfera incandescente, un clima in cui lo scontro divenne inevitabile.

Agenti in borghgiannino santoneese si infiltrarono tra i manifestanti, travestiti da “autonomi” ma con il distintivo nascosto in una tasca. Decine di persone vengono fermate, identificate e picchiate: anche fotografi, giornalisti e alcuni deputati. Intanto sulle strade si alzano improvvisate barricate, si lanciano molotov, e dall’altra parte si risponde con manganelli, lacrimogeni e pistole cariche. Fra gli agenti di Ps che aprono il fuoco viene ritratto in una foto Giovanni Santone, in forza alla squadra mobile.

 

E’ in questo clima che Giorgiana Masi venne uccisa. L’indomani, riferendo in Parlamento, Cossiga elogiò il “grande senso di prudenza e moderazione delle forze dell’ordine“.

Il Partito Radicale effettua un puntuale lavoro di ricostruzione dei fatti. Numerose testimonianze, e soprattutto inequivocabili foto e filmati riprendono agenti armati, in divisa e in borghese, mentre puntano armi da fuoco o sparano contro i manifestanti. Cossiga è costretto ad ammettere la presenza di squadre speciali, ma come tante altre volte è accaduto, anche per l’omicidio della giovane studentessa non si troveranno mai i responsabili: nel 1981 l’inchiesta viene archiviata, “per essere rimasti ignoti i responsabili del reato“.

Successivamente Giovanni Pellegrino, presidente della Commissione Stragi, affermò come “quel giorno ci possa essere stato un atto di strategia della tensione, un omicidio deliberato per far precipitare una situazione e determinare una soluzione involutiva dell’ordine democratico, quasi un tentativo di anticipare un risultato al quale per via completamente diversa si arrivò nel 1992-1993“.

In un’intervista rilasciata nel 2007, l’allora ministro degli interni Francesco Cossiga dichiarò di essere tra le cinque persone che sanno chi uccise Giorgiana Masi.

 

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