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100 avvocati: “Difendiamo gli attivisti del clima in tribunale”

Dopo la decisione della procura di Padova di indagare per associazione per delinquere cinque persone del movimento Ultima Generazione, che adesso rischiano fino a sette anni di reclusione, cento legali hanno sottoscritto un appello contro la criminalizzazione di chi denuncia il cambiamento climatico

di Natalie SclippaRedattrice lavialibera

“Questo cambio di passo nell’attività repressiva ci chiama a una decisione ferma, di metterci a disposizione per la difesa degli attivisti accusati, per spiegare anche davanti ai tribunali non solo le ragioni delle proteste ma la gravità della situazione rispetto al cambiamento climatico e le soluzioni”. Cento avvocati hanno sottoscritto un appello contro la criminalizzazione di chi manifesta per denunciare la crisi ecoclimatica. Il coordinamento nazionale arriva dopo la decisione della procura di Padova di indagare cinque persone del movimento nonviolento Ultima generazione per associazione per delinquere finalizzata alla commissione di delitti di interruzione di pubblico servizio, di deturpamento e contro la libera circolazione stradale. Una scelta che arriva a meno di un anno dall’inasprimento della legge contro gli attivisti: tra le conseguenze più note, l’introduzione del reato di danneggiamento di beni culturali, che risale a meno di un anno fa. Intanto, anche il Comune di Roma si è costituito parte civile al processo per gli imbrattamenti – puliti in poche ore visto l’utilizzo di vernice idrosolubile – sulla facciata del Senato di inizio gennaio, insieme a palazzo Madama e al ministero dei beni culturali.

Quali sono le accuse per gli attivisti di Padova

L’11 aprile la procura di Padova ha notificato a 12 persone un avviso di conclusione delle indagini preliminari, tra cui cinque per associazione per delinquere. Le indagini della Digos (Divisione investigazioni generali e operazioni speciali, ndr) erano iniziate già da tempo. Il gruppo è stato pedinato e, a seguito delle investigazioni, è scattata la contestazione di attività illecite come blocchi della circolazione stradale, deturpamento, imbrattamento di immobili e di beni culturali.

Il gruppo è stato pedinato e monitorato per due anni, dopo i quali è scattata la contestazione di attività illecite come blocchi della circolazione stradale, deturpamento, imbrattamento di immobili e di beni culturali

Secondo l’avvocato Leonardo De Luca, difensore dei dodici indagati, “i cosiddetti deturpamenti sono stati fatti con gessetti di carbone o addirittura solo tentati, come nel caso in cui gli attivisti sono stati fermati vicino a una sede della Lega con della vernice lavabile.  In un caso l’interruzione di pubblico servizio sarebbe consistita nel fatto che gli attivisti si sono incatenati a delle transenne presenti nella Cappella degli Scrovegni ed in un altro caso avrebbe comportato il ritardo di un bus”. Queste tipologie di azioni nonviolente, a detta del legale, hanno una minima o inesistente offensività e, in ogni caso, rappresentano una modalità di espressione.

Nonostante queste premesse – spiega De Luca – “la Procura ha ritenuto rilevante per contestare questo grave reato il fatto che alcuni ragazzi e appartenenti al medesimo movimento, in alcune occasioni, abbiamo commesso delle azioni non violente a scopo di protesta”.  Si notifica il reato all’articolo 416 del codice penale a cinque ragazzi perché  “promotori-organizzatori del movimento” visto che “[…] ponevano in essere nel tempo plurime condotte illecite finalizzate a impedire o ostacolare la libera circolazione su strade ordinarie, organizzandone la consumazione con più persone”. Al gruppo vengono anche contestati altri tipi di delitti: interruzioni di pubblico servizio, manifestazione non autorizzata e deturpamento o imbrattamento di immobili pubblici o privati con vernici o di interesse culturale.

Alcune di queste azioni sono state poi condivise sui social del movimento, come pubbliche erano molte riunioni svolte in un parco della città

Alcune di queste azioni sono state poi condivise sui social del movimento, come pubbliche erano molte riunioni svolte in un parco della città. “Non condivido la contestazione di associazione per delinquere avanzata dalla Procura e la ritengo giuridicamente sproporzionata– continua l’avvocato Leonardo De Luca – il delitto associativo richiede delle caratteristiche ben precise che, nel caso di specie, non emergono. La tesi accusatoria confonde il delitto di associazione per delinquere con la comune ipotesi di concorso di persone nel reato continuato. Ci troviamo, semplicemente, di fronte a giovani ragazze e ragazze che, in tempi diversi ed in gruppi diversi, hanno posto in essere delle azioni non violente di protesta. La sola comune appartenenza ad un medesimo movimento non può essere posta alla base di una contestazione così grave. Il diritto penale non può essere lo strumento per contrastare azioni di dissenso”.

L’appello: “Non sono pericolosi, stanno protestando per tutti”

La presa di posizione pubblica degli avvocati è una delle conseguenze più forti di questa decisione. Le motivazioni della scelta vengono elencate nelle righe dell’appello. “Non possiamo non notare – spiegano – come le legittime ragioni di queste proteste, tutte condotte con metodo non violento, non abbiano evidentemente avuto alcuno spazio, […] come se si trattasse di una banda di rapinatori seriali”. I legali si riferiscono alla ragione che spinge gli attivisti a infrangere la legge, ovvero la volontà di portare sotto i riflettori un disastro ambientale ormai in corso e rispetto al quale non rimane molto tempo per agire.

Le azioni di chi si espone per denunciare ciò che sta accadendo, quindi, “sono imposte dalla volontà di salvare non solo se stessi, ma l’umanità così come la conosciamo”. A confermarlo l’avvocato Cesare Antetomaso, che a lavialibera chiarisce: “Siamo professionisti e professioniste che hanno a cuore la libertà di dissenso e di manifestazione della libertà del pensiero.” Constatata la compressione degli spazi di confronto, i legali hanno deciso di procedere con un’azione concreta. “Abbiamo preso parola come uomini e donne di giustizia” dice, sottolineando come le attività dei gruppi ambientalisti e di Ultima generazione sia anche un atto di difesa della legalità costituzionale. Nell’articolo 9, infatti, si dichiara che la Repubblica tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle generazioni future.

Non solo Padova. A Roma, Stato e Comune contro Ultima generazione

La criminalizzazione degli attivisti di Ultima generazione non si ferma ai confini del Veneto. Il 12 maggio è iniziato il processo a tre persone che il 2 gennaio scorso hanno imbrattato con vernice idrosolubile la facciata del Senato, rimossa poi nel giro di qualche ora. Ora rischiano una pena fino a cinque anni di carcere. A costituirsi parte civile, oltre il Senato della Repubblica, anche il ministero dei Beni culturali guidato da Gennaro Sangiuliano e il Comune di Roma.

A costituirsi parte civile, oltre il Senato della Repubblica, anche il ministero dei Beni culturali guidato da Gennaro Sangiuliano e il Comune di Roma

L’avvocato Antetomaso spiega che mentre si era a conoscenza delle volontà delle prime due istituzioni, quella del municipio della capitale è arrivata inaspettata. “Se abbiamo una maggioranza di Governo di cui si può capire quale sia la visione in tema di diritti e di libertà – conclude – non altrettanto pensavamo del sindaco del Pd Roberto Gualtieri”. A sottolineare quanto questa posizione del primo cittadino sia arrivata del tutto imprevista sono state le reazioni di alcuni esponenti delle opposizioni presenti al sit-in, tra cui Ilaria Cucchi e Nicola Fratoianni (Sinistra italiana), Angelo Bonelli (Verdi) e Marta Bonafoni (Pd), insieme ad associazioni come Amnesty international e Greenpeace. La prossima udienza è prevista per il 18 ottobre prossimo.

Chi difende i difensori (dell’ambiente)

La posizione degli avvocati è una novità a livello italiano ma non la prima sul piano internazionale. A sottolineare l’esistenza di queste buone pratiche anche Michel Forst, primo relatore speciale delle Nazioni unite sui difensori dell’ambiente, che sostiene come questo possa essere “un segnale molto forte e un risultato eccellente” contro la criminalizzazione degli ambientalisti.

A lui, gli avvocati intendono comunicare la loro decisione una volta conclusa la fase di raccolta delle adesioni. Un caso simile era già avvenuto nel Regno Unito, dove 750 legali hanno firmato una “dichiarazione di coscienza”, secondo cui rifiutano di prendere servizio contro i manifestanti. Questo loro comportamento, però, si differenzia dalla presa di posizione italiana perché “nel Regno Unito – spiega Antetomaso – chi esercita questa professione ha l’obbligo di assistere tutti, senza possibilità di scelta. Così, chi ha deciso di firmare quella lettera ha compiuto un’azione controversa. Qui la legislazione è differente: ci dà la possibilità di difendere gli attivisti e le loro azioni che, di fatto, sono determinate da uno stato di necessità”. Così, i 100 professionisti mettono a disposizione le loro competenze per sostenere, “nella società e nelle aule dei tribunali”, le ragioni di chi si batte per il futuro del pianeta.

da lavialibera.it

 

 

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