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1 minuto di silenzio e 30 anni di battaglia per l’introduzione del reato di tortura

È presente in quasi tutti gli Stati, ma a 25 anni dalla ratifica il reato non è ancora stato inserito nel nostro codice. Un minuto di silenzio contro la tortura. Amnesty International, Antigone, Arci, Cild e Cittadinanzattiva, in occasione della Giornata internazionale dei diritti umani, il prossimo 10 dicembre alle ore 10.00, manifesteranno con un minuto di silenzio alla Camera le loro ragioni contro il fatto clic non esista ancora una legge che preveda il reato di tortura in Italia. Il 10 dicembre saranno passati 30 anni esatti dall’adozione della Convenzione Onu contro la tortura – e oltre 25 dalla ratifica italiana – che impone tale legge.

Quasi tutti i Paesi europei hanno il reato nel proprio codice. Il disegno di legge è attualmente pendente alla Camera. Da molti anni i principali organi di controllo internazionali sul rispetto dei diritti umani invitano il nostro Paese a colmare questa grave lacuna e ad adeguare l’ordinamento italiano a quanto previsto dal Protocollo Opzionale alla Convenzione contro la tortura.

Alla conferenza stampa, oltre alle organizzazioni promotrici, saranno presenti i seguenti parlamentari: Anna Rossomando, Daniele Farina, Giulia Sarti, Vittorio Ferraresi, Paolo Beni, Bruno Molca, Luigi Manconi, Gennaro Migliore, Davide Mattiello. Hanno aderito all’iniziativa le seguenti organizzazioni: A buon diritto, Acat – Italia, A Roma, Insieme – Leda Colombini, Aics, Associazione nazionale giuristi democratici, Cgil-Fp, Cir-Vito, Conferenza nazionale volontariato giustizia, Cnca, Gruppo Abele, Il Detenuto Ignoto, Forum droghe, Lidu – Lega italiana dei Diritti dell’uomo, Medici contro la tortura, Progetto diritti; Ristretti Orizzonti; Associazione Vic-Volontari in carcere; Società italiana psicologia penitenziaria; Società italiana di scienze psicosociali per la pace; Unione delle camere penali italiane.

Dal mondo dell’arte le prime adesioni: Erri De Luca, Massimo Carlotto, Noyz Narcos, Piotta. Il minuto di silenzio verrà osservato anche in altre città italiane durante iniziative pubbliche, il dibattito sull’introduzione del reato di tortura nell’ordinamento penale italiano si infiamma sempre di più. I governi che si sono succeduti hanno solo espresso buone intenzioni non riuscendo però ad arrivare a una codificazione definitiva.

Eppure nella Costituzione italiana l’articolo 13 si stabilisce il principio secondo cui “è punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà”, anche se il legislatore non ha mai trovato la forza di adottare una normativa specifica a tale riguardo.

Il divieto di tortura è contemplato non solo da numerose convenzioni generali sui diritti umani, ma anche da specifici trattati ai quali l’Italia ha aderito, come la Convenzione dell’Onu contro la tortura del 27 giugno 1987 e la Convenzione europea per la prevenzione della tortura e della pene o trattamenti crudeli, inumani e degradanti del 26 novembre 1987.

La Convenzione dell’Orni contro la Tortura prevede all’art. 1, in combinato disposto con l’articolo 4, l’obbligo per gli Stati di legiferare affinché qualsiasi atto di tortura (come pure il tentativo di praticare la tortura o qualunque complicità o partecipazione a tale atto) fosse espressamente e immediatamente contemplato come reato nel diritto penale interno. conformemente alla definizione prevista dall’articolo 1 della su citata Convenzione, la quale identifica la tortura come; “qualsiasi atto mediante il quale sono intenzionalmente inflitti ad una persona dolore o sofferenze forti, fisiche o mentali al fine di segnatamente ottenere da essa o da una terza persona informazioni o confessioni (…) qualora tale dolore o tali sofferenze siano inflitti da un funzionario pubblico o da qualsiasi altra persona che agisca a titolo ufficiale, o sotto sua istigazione, oppure con il suo consenso espresso o tacito”.

Se prendiamo ad esempio solo l’Europa, ci siamo rimasti soltanto noi senza il reato di tortura. I Paesi del vecchio continente che hanno inserito nel loro codice penale il reato di tortura sono: Austria, Belgio, Danimarca, Estonia, Francia, Germania, Islanda, Lettonia, Lussemburgo, Macedonia, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Regno Unito, Slovenia, Slovacchia, Spagna, Svezia, Svizzera, Turchia, Ungheria e, grazie all’attuale Papa, anche la Città del Vaticano.

In realtà, da noi, si è provato più volte ad introdurre il reato di tortura, ma con esiti negativi. Il primo tentativo avvenne nel lontano 1989 tramite il senatore Nereo Battello dell’allora Partito comunista italiano, il quale propose un disegno di legge che prevedeva per il pubblico ufficiale che si macchiava del reato di tortura una pena compresa tra tre e sette anni di reclusione. Ma la proposta non venne approvata.

Altro tentativo ci fu nel 1999 tramite Silvio Berlusconi, il quale presentò un’interpellanza alla Camera dove chiedeva al governo in carica a che punto fosse l’approvazione del reato di tortura, sottolineando quello che venne definito “un inqualificabile inadempimento” da parte dell’esecutivo allora in carica. Un altro tentativo d’introduzione del reato di tortura si ebbe il 28 agosto 2000 tramite Piero Fassino, l’allora ministro della Giustizia del Governo Amato, il quale presentò di concerto con il ministro degli Affari Esteri Lamberto Dini un disegno di legge dal titolo: “Norme in materia di tortura e di altri trattamenti crudeli, disumani o degradanti”.

Ma il documento non venne più presentato. Dopo cinque anni la patata bollente del reato di tortura toccò proprio al governo Berlusconi. Mercoledì 26 maggio 2004 il ministro della Giustizia Gaetano Pecorella, Forza Italia, in commissione giustizia sulla discussione relativa all’articolo sul reato di tortura, fece riferimento all’approvazione da parte dell’Assemblea, il 22 aprile 2004, dell’emendamento Lussana (Lega Nord) che prevedeva come il reato di tortura si conclamasse a seguito di reiterate minacce.

L’emendamento in questione bloccò una proposta che secondo le intenzioni di Pecorella avrebbe previsto una pena da uno a 15 anni alla persona ritenuta colpevole di aver inflitto torture fisiche e mentali ad un altro soggetto. Ma l’emendamento Lussana di fatto bloccò tutto. Passano due anni e il 12 Maggio del 2006, Alfredo Biondi di Forza Italia, presenta al Senato una proposta di legge che prevede l’istituzione del reato di tortura ai sensi dell’articolo 593-bis. La proposta venne affidata alla seconda commissione permanente giustizia presieduta da Cesare Salvi che arrivò alla calendarizzazione in aula nel 2008. Ma poi saltò tutto con la crisi del governo Prodi.

E arriviamo a marzo di quest’anno quando il senato ha dato il via libera all’introduzione nel Codice penale degli articoli 613 bis, che disciplina il delitto di tortura e l’articolo 613-ter, che incrimina il pubblico ufficiale che istiga altri alla commissione del fatto. In realtà il testo iniziale , presentato dal senatore del Pd Luigi Manconi, risulta depotenziato e ha creato insoddisfazione da parte di Antigone, Radicali e l’Unione delle Camere Penali.

Lo stesso Manconi ha espresso, pur votando la legge, una forte delusione: “La mia critica non si limita ad alcune questioni, pur rilevanti, ma all’impianto ed all’ispirazione complessiva del disegno di legge a mio avviso depotenziato in misura rilevante nel suo significato, come la prospettiva e la finalità di questa normativa, a partire dalla formulazione che prevede la reiterazione degli atti di violenza, cioè il fatto che debbano essere ripetuti perché si dia la fattispecie della tortura”.

La legge, attualmente pendente alla Camera, risulta molto debole perché affinché sia definito reato, la tortura diventa tale se è ripetuta più volte. Inoltre sarebbe imputabile a qualsiasi comune cittadino. In pratica non è un reato specifico dei funzionari di Stato, ma del cittadino comune. Il nostro Paese è destinato ad avere questa cultura insanabile qui; per quanto riguarda la repressione e costrizione, le leggi sono forti e brutali; invece per quanto riguarda il rispetto dei diritti civili e umanitari, le leggi sono deboli, depotenziate, perfino inutili.

Damiano Aliprandi da il Garantista

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