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Chiapas (Messico) 1 Gennaio 1994: La rivolta zapatista

marcos ezln

Il 1 gennaio del 1994 il mondo scopriva l’EZLN: Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale.

Il Messico, nel giorno dell’entrata in vigore del NAFTA  (Trattato di Libero Commercio del Nord America),  . scopriva il Chiapas e conosceva una guerra che aveva il sapore di un movimento politico e sociale che impugnava le armi per non doverle mai più utilizzare, non per conquistare il potere ma per contrastare il neoliberismo e conquistare diritti per gli indigeni discenendenti dei Maya.

Una storia lunga 30 anni, una storia piena di immagini, lotta, sofferenza e sogno. La guerra, intesa come conflitto armato tra esercito Messicano e guerriglieri indigeni, dura 12 giorni. Sette città  vengono prese militarmente all’alba del primo giorno dell’anno, scontri cruenti soprattutto a Ocosingo dove si conteranno la maggior parte dei morti tra cui il Comandante Hugo.

La prima dichiarazione della selva Lacandona viene letta dal comandante Felipe dal balcone del palazzo del municipio di San Cristobal De Las Casas.

Dal comune di San Cristóbal, il subcomandante Marcos ha letto la prima dichiarazione della Selva Lacandona, nella quale dichiaravano guerra al governo del Messico e annunciavano libertà, giustizia e democrazia per tutti i messicani.

La rivolta inizia pacificamente

La rivolta ha inizio il primo gennaio 1994 nel Chiapas, la regione messicana al confine con il Guatemala. in concomitanza con l’entrata in vigore del NAFTA (North American Free Trade Agreement) un accordo tra Messico, USA e Canada per agevolare delle attività commerciali tra questi paesi. Gli zapatisti occupano 5 municipalità del Chiapas, e da quella di San Cristobal de Las Casas, il Subcomandante Marcos, il portavoce del movimento, ha letto la “prima dichiarazione della Selva Lacandona”. L’EZLN dichiara guerra al governo del Messico e annunciavano libertà, giustizia e democrazia per tutti i messicani. Inoltre fu preso prigioniero l’ex-governatore del Chiapas, il generale Abasolón Castellanos Domínguez, in seguito giudicato e condannato da un simbolico “tribunale indigeno”, ma rilasciato senza avergli fatto alcuna violenza.

12 giorni di scontri, 300 morti

Il giorno dopo, i ribelli furono costretti alla fuga dal dispiegamento militare, così ricorsero alla violenza. In quel momento, la popolazione “civile” sosteneva seppur freddamente gli zapatisti, chiedendo proprio la risoluzione pacifica della questione.

Dopo 12 giorni di scontri, con 300 morti tra le due parti, il presidente Carlos Salinas de Gortari, al suo ultimo anno di mandato, ha accettato la proposta dell’EZLN di un dialogo con la mediazione della diocesi di San Cristòbal.

Gli accordi di San Andres

Le trattative tra le parti sono durate tre anni. Si conclusero con gli “accordi di San Andrés”. Sancirono un alto grado di autonomia in una cinquantina di municipi indigeni del Chiapas. Oggi li amministrano le “giunte zapatiste del buon governo”. “Adesso il governo non entra nelle nostre comunità, e nemmeno i militari e la polizia, che prima facevano quello che volevano” . Lo dice l’indio Antonio López Jiménez, della comunità di Patate, nel municipio di Ocosingo, dove avvennero gli scontri più sanguinosi. Tra i benefici ottenuti terre in proprietà. Le lavorano comunitariamente e privatamente contadini che prima erano peones .

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