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1 dicembre 1999, la rivolta di Seattle

Si riunisce il WTO Millennium Summit, farsa autocelebrativa del neoliberismo più becero; da subito raggiunsero la città decine di migliaia di persone con il dichiarato obbiettivo di non far svolgere il vertice.

C’erano tutti a Seattle. C’erano i governi, le multinazionali, le banche. C’era il denaro, il debito e l’inquinamento. E poi c’erano quei cinquantamila. Il movimento dei movimenti, lì fuori a sollevare mille proteste diverse, in mille modi diversi ma con una sola voce. Donne e uomini, adulti e giovani, popoli indigeni, contadini e urbani, lavoratori e disoccupati, senza casa, anziani, studenti, persone di ogni credo, colore, orientamento sessuale, tutti diversi ma tutti insieme, tutti abitanti dello stesso mondo, e tutti pronti a difenderlo su ogni fronte. Erano i primi giorni di una nuova stagione.

Si palesava quello che diventerà noto come il movimento NoGlobal, che già al suo esordio pubblico subì una sistematica repressione da parte delle forze dell’ordine. Le violenze di Seattle finirono su tutti i media mondiali e portarono alle dimissioni del locale capo della polizia. Seattle sarà una piccola anteprima di quello che accadrà due anni dopo a Genova, dove il movimento vivrà il suo apice e la sua sconfitta.

L’apparato repressivo messo in piedi per l’occasione era impressionante, migliaia di poliziotti in tenuta antisommossa supportati dai mezzi blindati della guardia nazionale; inoltre era stata imposto il divieto assoluto di entrare nella zona dove si sarebbe svolto il summit.

Il dramma ecologico (di cui la questione pandemica rappresenta una declinazione se non diretta quantomeno correlata), la finanziarizzazione dell’economia (pensiamo alla crisi del 2008), l’impoverimento delle classi popolari, la precarizzazione della nostra esistenza, il ritiro dello stato come erogatrice di pubblici servizi e il suo protagonismo come strumento di controllo sociale, la censura e la manipolazione dell’informazione, la cancellazione di intere culture: tutto questo e molto altro era stato denunciato dal movimento No Global. Movimento che fin da Seattle aveva cercato di impedire con proposte concrete e mobilitazioni di massa che il futuro si mostrasse per come lo vediamo oggi.

Durante i cortei partirono diverse azioni volte a sanzionare i simboli del capitalismo: furono distrutte banche, sedi di multinazionali, negozi di lusso. La polizia, per cercare di rompere i blocchi, attaccò i manifestanti con cariche, gas lacrimogeno e spray urticante in diversi punti della città non riuscendo comunque, se non in parte, a disperdere l’accerchiamento della zona rossa.

L’episodio più grave si svolse nel quartiere di Capitol Hill, dove la polizia caricò con proiettili di gomma e granate stordenti scatenando poi la caccia all’uomo.

Il bilancio degli scontri fu di oltre 600 arresti e centinaia di feriti tra i manifestanti.

Le giornate di Seattle vengono generalmente riconosciute come quelle che diedero il via al ciclo di mobilitazioni contro i vertici internazionali.

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