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Un uomo ombra scrive a Milena Gabanelli di “Report”

Se continueremo a non fare nulla, se continueremo in questo modo invecchieremo e moriremo in carcere per niente perché è terribilmente sbagliato sprecare il carcere solo per espiare la pena. Lo so! I buoni vogliono che rimaniamo cattivi per strumentalizzarci e usarci per poi dimostrare che loro sono migliori di noi“. (Diario di un ergastolano www.carmelomusumeci.com).

Milena, sono uomo ombra (così si chiamano gli ergastolani ostativi fra loro) prigioniero nell’Assassino dei Sogni di Padova (così i prigionieri chiamano il carcere) condannato alla “Pena di Morte Viva” (così è chiamato l’ergastolo ostativo che ti esclude qualsiasi possibilità di morire un giorno da uomo libero) chiamata da Papa Francesco la “Pena di Morte Nascosta”. Se vuoi sapere qualcosa di più dell’ergastolo ostativo ti puoi inserire nel sito www.carmelomusumeci.com e in quello www.ristretti.org.

Ho sempre apprezzato il tuo programma e le tue inchieste che hanno spesso messo sotto i riflettori la politica corrotta, i poteri forti e gli affari sporchi, ma sinceramente la puntata di “Report” sul lavoro in carcere non mi è per nulla piaciuta per la sua mancanza di approfondimento. Ti confido che fino all’ultimo sono stato indeciso se scriverti pubblicamente perché non credo che una lettera ti possa fare cambiare idea. E allora ho pensato di scriverti invitandoti a venire nel carcere di Padova a parlare e a confrontarti con i detenuti della redazione di “Ristretti Orizzonti” per scoprire l’inferno che tanti nostri politici hanno contribuito a creare e mal governano nelle nostre Patrie Galere.

Milena, si vuole che i detenuti prendano coscienza, si vuole che i prigionieri siano più responsabili, ma di fatto quasi sempre viene negata ogni responsabilità occupando i detenuti in lavori dequalificati. Ci si vuole costruttivi e positivi ma si crea in realtà un ambiente statico. Noi pensiamo che bisognerebbe riconoscere ai detenuti un ruolo attivo, non da semplice frequentatore delle patrie galere, per educarsi ed educare.

Invece spesso ci sentiamo parcheggiati nel limbo in una situazione incerta e indefinibile per mancanza di risposte e di atti concreti. Milena, il lavoro in carcere dovrebbe essere ciò che è per tutti i cittadini liberi, cioè un diritto, un mezzo di sussistenza e uno strumento di integrazione sociale. Solo il lavoro remunerato potrebbe diventare un buon strumento di sviluppo dell’autonomia personale e del reinserimento. Solo in questo modo il lavoro in carcere darebbe al detenuto le risorse economiche da usare al momento dell’uscita (per non tornare subito a delinquere), per mantenere una eventuale famiglia all’esterno e, soprattutto, per far fronte ai bisogni propri del prigioniero nel periodo di detenzione. Milena, in prigione tutto costa, prodotti per l’igiene, generi alimentari per migliorare gli scarsi pasti quotidiani, mandare qualcosa a casa, comprare libri per studiare e tante altre cose. Sono fortemente contrario a fare lavorare i detenuti in lavori socialmente utili senza uno stipendio decoroso, perché una paga decente aiuta molto a fare calare la recidiva, ma serve anche una crescita interiore come quella che riescono a raggiungere alcuni di noi frequentando “Ristretti Orizzonti”.

E incontrando migliaia di studenti durante l’anno che ci “puniscono” molto di più di tanti inutili anni di carcere senza fare nulla. Milena, non è vero chi lavora in carcere ha meno probabilità di tornare a commettere reati, a meno che non percepisca uno stipendio dignitoso e non abbini il lavoro con altre attività sociali di confronto e di crescita. Se puoi e se vuoi scambiare due chiacchiere con i criminali e i mafiosi, che però hanno imparato la responsabilità e il confronto, vieni a trovarci in redazione, forse scoprirai che in carcere c’è solo carne da cannone sfruttata dai media e dai politici. Un sorriso fra le sbarre.

Carmelo Musumeci

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