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Il Taser è buono solo per chi lo vende

Pistole, lacrimogeni tossici, idranti ad alta pressione. E manganelli, anfibi rinforzati, caschi, scudi, manette. Tutto (e altro) come “regolare dotazione” delle “forze dell’ordine”. E conseguentemente morti sparati, schiacciati, uccisi di botte e soffocati. Intossicati, contusi, spaccati, feriti. Tanti, troppi, sempre di più, sempre più spesso.

In questa escalation di violenza di Stato, in questo avvitamento repressivo specchio di un autoritarismo che solo formalmente mantiene assetti democratici, e che fatalmente si scontra con la rabbia collettiva dei movimenti sociali o individuale degli esclusi, proprio non si sarebbe detto mancasse una nuova arma di cui dotare i tutori dell’ordine. E invece il berlusconiano Gregorio Fontana ha proposto un emendamento al “decreto stadi” che consente la dotazione di pistole elettriche (Taser), già approvato dalle commissioni congiunte Affari Costituzionali e Giustizia della Camera dei deputati.

Presentato come “arma non letale”, in realtà il Taser letale lo può essere eccome. Secondo Amnesty International dal 2001 ad oggi fra USA e Canada sono 864 i morti a seguito dell’uso della pistola elettrica, di cui il 90% erano disarmati. L’ultimo un writer diciottenne, a Miami. Trovato a fare un graffito sul muro di una fabbrica abbandonata, all’arrivo della polizia è scappato, raggiunto dagli elettrodi del Taser è arrivato morto all’ospedale. Medici ed esperti sono unanimi nel rilevare la pericolosità dello strumento, a seconda delle circostanze e della salute della vittima. Gli unici che ne attestano l’innocuità sono le ditte produttrici.

Quindi un ulteriore passo verso la militarizzazione delle forze dell’ordine, verso l’innalzamento del livello di scontro, con un braccio armato (anzi diversi e armatissimi) dello Stato sempre più indirizzato al confronto violento, all’esercizio della forza, anche estrema, alla repressione dura.

E questo mentre si criminalizzano sempre più le forme di dissenso, contestazione e autorganizzazione, si aumenta la stretta repressiva anche nei casi di reati minori o addirittura infrazioni (tanto per ricordare, Davide Bifolco è morto per non essersi fermato con il motorino, Riccardo Magherini per essere in preda a una crisi di panico e chiedendo aiuto, Aldo Bianzino morto detenuto per aver coltivato qualche pianta di canapa).

Un quadro preoccupante, e non può non scappare un sorriso amaro leggendo che una ragazza siciliana, che ha tirato un paio di uova al premier Renzi, è stata incriminata per “getto pericoloso di cose”.

Maurizio De Zordo

perUnaltracittà | La Città invisibile | Firenze

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