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Storie ordinarie di repressione nei luoghi di lavoro

Sono storie di ordinaria e quotidiana repressione nei luoghi di lavoro in tempi di Covid 19, atti repressivi che colpiscono le avanguardie sindacali e sociali . Nelle settimane del contagio la repressione si è rafforzata e i datori di lavoro cercano ogni pretesto utile per ridurre al silenzio le voci scomode e conflittuali

Antonia lavora in una azienda di pulizie, dopo un tumore è di nuovo in servizio e ha paura per la sua salute. Chiede una mascherina adeguata e in assenza della quale si rifiuta di iniziare il suo turno di lavoro. Dopo due ore la responsabile dell’azienda la convoca in ufficio, le dice che o indossa le mascherine in dotazione oppure puo’ anche licenziarsi, Antonia chiede al sindacato di intervenire ma il sindacato ha già ratificato un protocollo con la azienda nel quale non c’è traccia di dpi adeguati e realmente rispondenti alle normative. Non le resta che tacere sotto la minaccia del licenziamento.

Michele lavora in una cooperativa in un progetto di aiuto agli homeless. Tutti i giorni va per la città a consegnare cibi, medicine e coperte, ha una mascherina che non è una ffp2 o una fpp3, mantiene il distanziamento sociale ma ha dovuto sedare una rissa tra senza fissa dimora e in questi giorni dovrà sottoporsi all’analisi del tampone. Ha chiesto alla cooperativa un protocollo condiviso con i lavoratori, la cooperativa ha risposto che applicano le circolari ministeriali e dell’inail ma all’atto pratico queste norme non assicurano la necessaria sicurezza. Ha chiesto aiuto ad uno sportello per la sicurezza nei luoghi di lavoro, inviato lettere alla cooperativa ma senza ricevere risposta, anzi a distanza di giorni si è ritrovato in Fis, a casa con l’ammortizzatore sociale pari all’80 per cento dello stipendio.

Davide è attualmente sospeso dal lavoro senza retribuzione in attesa di una decisione a seguito di un provvedimento disciplinare intrapreso dopo un commento su fb. Aveva scritto che la sua azienda non intendeva ascoltare i lavoratori e le richieste di operare in sicurezza, ora è accusato di avere violato il codice etico e le norme comportamentali, Un commento su Fb senza offese puo’ costargli il posto di lavoro.

Renato è un rls in un piccolo comune, ha intrapreso tante iniziative per la messa in sicurezza dei mezzi di servizio, per avere dpi adeguati. Renato è anche  attivista sociale e politico, in questi giorni è stato rinviato a giudizio per un presidio anti sfratto, lo accusano di resistenza e oltraggio a pubblico ufficiale. Il datore di lavoro, informato dell’accaduto, ha subito aperto un procedimento disciplinare a suo carico e nel frattempo ha subito un trasferimento, subito impugnato dal suo sindacato. Viene mandato in un ufficio isolato dove non potrà svolgere la sua attività sindacale con la scusa di una presunta incompatibiità tra il precedente lavoro svolto e una denuncia per violenza.

a cura dei delegati e lavoratori di sgb Pisa

 

 

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