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Seminario sull’ergastolo ostativo, lettera di Claudio Conte

Il 14 dicembre scorso avrebbe dovuto tenersi un seminario sull’ergastolo ostativo all’Università Magna Grecia di Catanzaro, all’interno del corso di Sociologia della sopravvivenza del prof. Charlie Barnao. Claudio Conte e Pasquale Zagari sarebbero dovuti essere tra i relatori. Alla richiesta di partecipazione di Claudio, il Dap ha risposto negativamente, elencando i reati di 30 anni fa per cui è detenuto, rimarcando una pericolosità che sta solo nella norma che regolamenta il circuito di Alta sicurezza ma è lontana anni luce dall’animo odierno di Claudio. Rispetto a Pasquale, attualmente libero ma sottoposto alla sorveglianza, l’ufficio delle misure di prevenzione di Reggio Calabria ha rigettato per vizio procedurale. Il seminario è stato rinviato a primavera e verrà nuovamente inoltrata richiesta…staremo a vedere. Intanto pubblichiamo il contributo che Claudio aveva inviato per la discussione consapevole che non avrebbero autorizzato la sua partecipazione in barba all’articolo 27 della Costituzione.

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Carissimi Prof. Barnao, Associazione Yairaiha e Convenuti tutti, se starete leggendo questa lettera vorrà dire che sono ancora a Parma e non mi hanno dato la possibilità di essere presente insieme a voi, entrare finalmente in un’aula universitaria, un sogno che resta irrealizzato a quanto pare.

L’ennesima occasione di reinserimento sociale soffocata dai tempi della burocrazia, dal formalismo giuridico, con buona pace della Costituzione e di quel compito della Repubblica di rimuovere gli ostacoli che impediscono di fatto il pieno sviluppo della persona o del dovere di ogni cittadino di contribuire al progresso spirituale o materiale della società.

Mi presento con le parole della Costituzione poichè come scriveva Tocqueville in La democrazia in America, non v’è nulla che eleva lo spirito umano più dell’idea dei diritti.

Ma più terra terra mi chiamo Claudio Conte, sono stato arrestato nel 1989, a 19 anni d’età nel mio Salento. E non sono più uscito. Ho scoperto di essere condannato all’ergastolo ostativo. Una pena che non esisteva fino a 10 anni fa per i delitti omicidiari: una “creazione giurisprudenziale”, che non potrebbe essere applicata retroattivamente, come sanno in pochi e dopo averlo letto nella tesi di laurea in giurisprudenza che mi è valsa un 110 e lode con menzione accademica, poi pubblicata come Manuale sulla pena dell’ergastolo, e che ha concluso un bellissimo percorso di studi universitari proprio a Catanzaro.

“Un uomo nuovo” scrivino di me giudici e direzioni carcerarie.

La prova vivente in cui le contraddizioni della pena dell’ergastolo deflagrano, lasciando in brandelli l’art. 27 della Costituzione e il suo reinserimento sociale, che non è ostacolato dalla legge ma dalla sua interpretazione, dal luogo in cui titrovi detenuto, non il reato o la pena. È questo il dato più allarmante sul quale vorrei richiamare l’attenzione.

Se fossi capitato in un carcere come Napoli, L’Aquila, Padova, Sassari, dove la magistratura di sorveglianza mette al centro la persona, e molti miei compagni ergastolani hanno avuto la possibilità di rinascere, rifarsi una vita, avrei avuto quella possibilità anch’io.

Questione di fortuna dunque…anche per questo motivo l’ergastolo è da abolire. Non si può lasciare il destino delle persone e loro famiglie al caso, alla burocrazia, all’inefficienza, al modo di interpretare una legge, all’arbitrio o se non peggio all’indifferenza. La legge è uguale per tutti.

Dovrebbe esserlo…nei pochi metri quadri in cui sono costretto a vivere, ho trovato nello studio l’unico spazio di libertà, di coerenza, di possibilità nel quale è stato possibile affermare una nuova identità.

Senza l’aiuto di nessuno, poichè i docenti potevo incontrarli solo agli esami e spesso dietro un vetro.

Sono stati i libri i miei compagni e insegnanti in 28 anni di carcere, di cui 13 al 41bis (nonostante tre tribunali avessero dichiarato illegittima l’applicazione nei miei confronti), ai quali si è aggiunto l’isolamento diurno.

Ho imparato un po di cose in questi lunghi anni, ma soprattutto che alla fine sono le cose semplici, quelle che diamo per scontate ad essere quelle veramente importanti. Come la libertà, anche solo quella di poter camminare su una strada o su una spiaggia e riflettere innanzi all’immensità del mare e del cielo. Semplici momenti di vita quotidiana che pure mi sono negati per sempre.

Viviamo in un paese incivile in cui vige una “pena di morte nascosta” come l’ha definita Papa Francesco, e nessuno lo sa.

L’ergastolo è un Totem che maschera in nome della legge la violenza, quel senso di vendetta che anima nel basso ventre della nostra società, la sua intolleranza per il diverso, l’immigrato, il gay o il senzatetto. Prima ne saremo consapevoli e prima si potrà pensare a risalire la china. E questo non è un problema solo di chi è condannato.

Torturare a vita una persona è peggio che ucciderla. Pensiamoci su. La tortura è vietata anche in tempo di guerra. Ed il carcere è tortura quando eccede la finalità rieducativa della pena.

Io ero uno di quei figli, un prodotto di quella sub-cultura arcaica alimentata dall’ignoranza che è stata sconfitta non da altra violenza o dalla tortura ma dall’ studio, dalla conoscenza. Non ero un cattivo, ero solo un ragazzo che pensava che il mondo finisse col suo paesino. Oggi lo posso affermare perchè ho raggiunta una diversa consapevolezza. Grazie alla Cultura che è la chiave di molti problemi.

Se per la Vita è importante la sopravvivenza, riprodursi. Per la Coscienza, il sapere, invece, è importante la sua Trasmissione.

Trasmettere conoscenza è un dovere ed un dono. Essendomi precluso di vivere degnamente, tento di partecipare nel secondo modo, nonostante tutte le mie vicessitudini e limiti.

Continuo ad appellarmi alla Costituzione per darle voce e darmi speranza, anche se tale voce cade nel vuoto. Ma bisogna crederci. Mia madre dice che “Dio non abbandona mai i suoi figli”, ed è vero.

Con Maria Elena a Parma abbiamo appena concluso la sua tesi di laurea proprio in sociologia, dal titolo “Ergastolo ostativo, una storia di vita”. Che risponde a tante di quelle domande che vi starete ponendo e speriamo sia pubblicata presto. Con Bibiana a Salerno, conosciuta tramite l’associazione Yairaiha, ne stiamo preparando un’altra…senza parlare dell’ateneo di Parma e di quello di Catanzaro che da lontano continua a sostenere non me, ma l’idea di nuove garanzie e il rispetto della Costituzione che mettano al riparo dagli abusi gli ignari cittadini.

Colpo su colpo dovrà cadere, prima o poi, questa pena indegna di un Paese civile. Nell’idea che si può silenziare una sola voce ma non un coro.

Pànta Rhèi, tutto scorre, tutto cambia o almeno non dobbiamo perdere la speranza nel cambiamento.

E come dice il Papa “basta una pesona buona perchè ci sia la speranza! E ognuno di noi può essere questa persona” (1).

Concludo ringraziandoVi tutti per l’attenzione e coloro che mi hanno dato la possibilità di intervenire, soprattutto il Prof Charlie Barnao e l’Associazione Yairaiha.

Il Natale è alle porte, per me sarà il 29° in carcere, l’ultimo che ho trascorso fuori, con le persone care, è stato quello del 1987, quando ero ancora minorenne (2). Per questo vi auguro di trascorrere un felice natale insieme alle vostre famiglie, che restano la cosa più importante, mi dispiace solo non potervi fare gli auguri personalmente. Sarà per un’altra volta, forse …

Claudio Conte, Parma 4 dicembre 2017

  1. Omelia pronunciata dal Papa durante la messa celebrata presso Terreno di Catama (Villavicencio) in Colombia l’8 settembre 2017.
  2. Nel 1988 fui recluso dal novembre al maggio 1989, quando usci per essere riarrestato dopo pochi mesi e per sempre.

 

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