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San Ferdinando: tendopoli cancellata, migranti in strada

Il comune non dà alternative ai braccianti. Usb: «Ora sono in 200 ma a ottobre torneranno per le arance e ci sarà ancora il Covid»

«I signori ospiti sono invitati a individuare una nuova e diversa soluzione abitativa»: una comunicazione stringata per informare i braccianti migranti della tendopoli di San Ferdinando, nella Piana di Gioia Tauro in Calabria, che dal 15 agosto gli unici alloggi forniti loro non ci saranno più, senza prevedere alternativa. Eppure sono una pezzo importante dell’economia locale: circa in 1.200 si radunano nell’unico campo formale, in via di cancellazione, e in quelli informali nei comuni di Rosarno, San Ferdinando, Gioia Tauro, Taurianova, in condizioni sanitarie molto precarie, per raccogliere le arance. I più fortunati avevano la tenda, da dividere in 7 o 8. Sette bagni per 500 persone. A Taurianova, contrada Russo, la condizione peggiore: tra le 150 e le 300 persone senza acqua e senza elettricità in edifici fatiscenti ricoperti di amianto.

IL SINDACO DI SAN FERDINANDO, in accordo con la prefettura e la questura di Reggio Calabria, ha deciso la chiusura del campo. La data del 15 agosto coincide con il termine dell’incarico della gestione della tendopoli alla cooperativa Borrello, che ha già iniziato la rimozione delle tende e l’eliminazione dei servizi. «Abbiamo sempre sostenuto il superamento della soluzione abitativa della tendopoli ma in presenza di un piano alternativo concreto – spiega Mauro Destefano, coordinatore del progetto di Emergency di Polistena -. Secondo le informazioni che abbiamo in questo momento il termine di affidamento non sarà rinnovato, né abbiamo notizie di un piano di ricollocamento».

EMERGENCY È PRESENTE nella piana dal 2011 con un ambulatorio che offre gratuitamente servizi di medicina di base, assistenza psicologica, educazione e orientamento socio-sanitario. I braccianti agricoli che lavorano nella zona soffrono di dolori muscolo-scheletrici, dermatiti e patologie gastrointestinali, malattie dovute alle condizioni estreme di vita e di lavoro. «Siamo molto preoccupati per i nostri pazienti più vulnerabili dal punto di vista fisico e psicologico – conclude Destefano -, potrebbero trovarsi in una situazione di ulteriore estrema difficoltà. Questo disagio abitativo ha chiaramente ricadute sullo stato di salute individuale e collettivo dei braccianti, a maggior ragione sullo sfondo di una pandemia ancora in corso».

I BRACCIANTI hanno proseguito la stagione a Foggia e in Basilicata. L’amministrazione vuole fare presto, adesso che il ghetto si è svuotato. Il comune conta solo 2mila abitanti e ha deciso di dire basta alla gestione emergenziale della tendopoli («costata in tre anni 300mila euro» di fondi pubblici). Però nessuno mette in campo un’alternativa, ad esempio non vengono rese disponibili, nella vicina Rosarno, le palazzine costruite per i migranti in contrada Serricella, né la foresteria dentro la Casa della solidarietà di contrada Carmine.
«Nel campo attualmente ci sono circa 200 persone – racconta Ruggero Marra dell’Usb – ma tra un mese e mezzo torneranno tutti perché ricomincerà la stagione delle arance e delle clementine. Sicuramente ci sarà ancora l’emergenza Covid-19 e l’unica alternativa per i braccianti sarà spostarsi di qualche metro, in condizioni sempre peggiori».

L’USB LA SOLUZIONE l’ha proposta: «Quando nel marzo del 2019 l’allora ministro degli interni Salvini aveva realizzato a furor di telecamere lo sgombero della baraccopoli, lasciando peraltro le macerie abbandonate per mesi, eravamo stati i soli a denunciare la miopia politica di sostituire un ghetto con un campo – prosegue Marra -. Avevamo chiesto alla regione di istituire un fondo di garanzia per consentire ai braccianti di affittare gli appartamenti sfitti».

Ma gli enti non hanno il coraggio di attuare la proposta: «Di questo percorso – conclude Marra – avrebbero beneficiato i lavoratori e gli stessi abitanti della Piana: la provincia di Reggio Calabria è la seconda in Italia per patrimonio edilizio non utilizzato. Invece i braccianti finiranno nei centri di accoglienza o per strada. È questa la tutela che lo stato garantisce ai lavoratori agricoli?».

Adriana Pollice

da il manifesto

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