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Roma 12 maggio 1977 – L’Omicidio di Giorgiana Masi

Per celebrare il terzo anniversario della vittoria del referendum sul divorzio i Radicali indicono un sit-in a piazza Navona (Roma) al quale partecipano anche i movimenti di sinistra.

Il presidio assume ben presto un’ulteriore finalità: ribadire la legittimità di scendere in strada, dal momento che – a seguito della morte dell’agente Settimio Passamonti avvenuta il 21 aprile nel corso di uno scontro – il ministro dell’Interno Francesco Cossiga proibisce qualsiasi tipo di manifestazione a Roma per un mese intero. A tutela di questo ordine sono chiamati agenti in tenuta antisommossa che non lesinano lacrimogeni e proiettili, mentre loro colleghi in borghese in veste di autonomi si inseriscono tra i manifestanti.

Poco prima delle otto di sera una studente di 19 anni raggiunge il corteo che sta resistendo alle cariche: è Giorgiana Masi, una giovanissima donna capace di sensibilità e autodeterminazione – come molte sue coetanee – che vuole firmare un nuovo referendum lanciato dai Radicali. Non riuscirà a farlo: la gestione militarizzata dell’ordine pubblico rende impossibile avvicinarsi, ma lei non demorde e cammina fino al lungotevere cercando un varco libero per poter lasciare la sua firma. Arrivata all’ultimo tratto del ponte Garibaldi viene colpita da uno sparo alla schiena e muore prima di arrivare in ospedale, trafitta da un proiettile di cui l’ordine pubblico non si è mai assunto davvero la responsabilità. Il giorno seguente il ministro Cossiga garantisce la sua solidarietà alle forze dell’ordine che avrebbero agito con “grande senso di prudenza e moderazione” e continua a negare la loro responsabilità ignorando l’evidenza di fotografie e filmati: nel 1981 l’inchiesta per l’omicidio di Giorgiana Masi viene archiviata dal giudice Claudio D’Angelo “per essere rimasti ignoti i responsabili del reato” (fonti: www.reti-invisibili.net/giorgianamasi/ http://www.doppiozero.com/materiali/giorgiana-masi-la-vera-storia-di-un-mistero-italiano).

Nonostante le molte differenze (storiche, oltre che relative alle peculiarità dei movimenti e dell’assetto politico), la morte di Giorgiana Masi è spesso ricordata insieme a quella di Carlo Giuliani: non solo perché segnano i confini storici di una gestione iper-militarizzata dell’ordine pubblico (Giorgiana è l’ultima persona ad essere uccisa in manifestazione fino al 20 luglio 2001), ma anche per le caratteristiche delle loro uccisioni, entrambe seguite da un incondizionato e grottesco supporto da parte dei capi di Stato alla pretesa “legittimità” di quegli spari, un supporto capace di ignorare le evidenze agli atti dei processi, di far deviare proiettili, di trasformare estintori in bombole di gas (come disse Gianfranco Fini a Porta a Porta la sera del 20 luglio 2001), di rendere “moderate” le azioni dei tutori dell’ordine il 12 maggio 1977.

A Giorgiana sono state dedicate alcune canzoni: una di queste, Bologna 77 una ballata molto dolce composta da Stefano Rosso, a distanza di anni è ancora utilizzata come supporto di memoria , a dimostrare che ancora – generazione dopo generazione – siamo su quel ponte a ribadire che “il sole che splende, e il grano che nasce, e l’acqua che va è un dono di tutti, padroni non ha”.

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