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Tra repressione e “seconda transizione”, si riaccende la protesta in Catalunya

La sentenza contro i prigionieri catalani responsabili dell’organizzazione del referendum del primo ottobre ha generato una vera e propria ondata di proteste che ieri si sono diffuse a macchia d’olio in tutto il paese. L’immagine della Catalunya ricondotta all’ordine e alla ragionevolezza dalla decisa azione repressiva del governo provvisorio del PSOE, è andata in frantumi nelle scorse 24 ore.

Di fatto la condanna pronunciata dal Tribunale Supremo ha riavvicinato nelle piazze i differenti settori dell’indipendentismo, da mesi attestati su posizioni differenti: da un lato ERC e i moderati del movimento, impegnati a allargare la propria base di consenso, dall’altro la CUP attestata sulla linea della disobbedienza e della rottura con la Spagna e l’UE. Ieri le differenze sono state momentaneamente oscurate dalle piazze, che hanno riportato alla ribalta l’autorganizzazione popolare e il conflitto.

Se è vero che molte delle proteste sono state spontanee, è da sottolineare la capacità di mobilitazione dei CDR, che sembrano essere passati indenni dalla repressione e dalla campagna di criminalizzazione con la quale l’unionismo spagnolo ha cercato invano di dipingerli come terroristi.

Anche la campagna Tsunami Democratico, apparsa in rete qualche settimana fa e sostenuta da tutto lo schieramento indipendentista, ha contribuito alla riuscita delle azioni della giornata. Appena diffusa la notizia delle dure condanne, i primi a reagire sono stati gli studenti che si sono immediatamente riversati in strada: a Barcelona come a Girona, durante tutto il giorno si sono susseguiti numerosi blocchi stradali (alla Diagonal e sull’autostrada).

Le linee ferroviarie regionali e quelle dell’alta velocità sono state occupate in differenti momenti nel corso della mattina, fatto che ha reso più difficile il lavoro della polizia, impegnata contemporaneamente su differenti fronti.

Ma gli eventi hanno preso una piega insperata nel primo pomeriggio, quando si è diffuso l’appello a dirigersi verso l’aereoporto di Barcelona, raggiunto da migliaia di manifestanti in metro, in treno e perfino a piedi in colonne improvvisate che hanno reso ancora più incontrollabile la manifestazione. La colonna di gente ha invaso il terminal 1 e provocato la cancellazione di almeno un centinaio di voli.

L’assedio all’aeroporto ha infatti collassato il traffico e impedito a molti piloti di arrivare a destinazione. I Mossos d’Esquadra e la Policia Nacional hanno ripetutamente caricato i manifestanti, sparando anche proiettili di gomma. Solo dopo le dieci di sera la manifestazione ha cominciato a ripiegare, arretrando sull’autostrada (ulteriormente bloccata) davanti allo schieramento delle forze di polizia.

Secondo l’organizzazione per la difesa legale e contro la repressione Alerta Solidaria, sia i Mossos che la Policia Nacional hanno sparato senza rispettare la distanza e l’angolo prescritti per l’uso delle pallottole di gomma. I feriti tra i manifestanti sarebbero circa una cinquantina.

Contemporaneamente a Barcelona migliaia di persone si sono dirette alla via Laietana, dove davanti alla prefettura si sono susseguite diverse cariche della Policia Nacional, che non è riuscita a disperdere i manifestanti, ancora in piazza attorno alle 23. Scontri si sono verificati anche a Lleida, mentre a Girona, Reus, Manresa, Terrassa, Tortosa, Tarragona, Vic e davanti alla prigione di Lledoners si sono svolte manifestazioni assai partecipate.

Nelle intenzioni del movimento indipendentista, la sentenza ha dato l’avvio a una nuova stagione di lotta che, abbandonate le illusioni in una spallata risolutiva al regime del ’78, si prevede lunga e complicata. Se l’obbiettivo dichiarato di ERC è costringere il governo spagnolo alla trattativa, la CUP annuncia di voler intensificare la battaglia ideologica e denuncia le tentazioni dell’indipendentismo moderato e retorico di utilizzare la mobilitazione per avviare una trattativa al ribasso con lo stato, rendere impraticabile qualsiasi progetto di rottura e chiudere così il cerchio di una ipotetica “seconda transizione”.

Contro questo scenario, la CUP ribadisce la centralità del diritto all’autodeterminazione e mette in discussione il potere economico e finanziario che domina le istituzioni statali e dell’UE.

Pur esprimendo il loro disaccordo con la sentenza, i sindacati maggioritari non hanno aderito allo sciopero generale convocato dalla Intersindical CSC per venerdì, giornata nella quale è prevista una grande manifestazione a Barcelona.

Lo sciopero rivendica la deroga della riforma del lavoro, approvata dal PP e mai messa in questione dal PSOE, l’aumento del salario minimo e l’uguaglianza di genere ma a nessuno sfugge la coincidenza con le proteste contro la condanna pronunciata dai giudici di Madrid. E infatti Òmnium Cultural e l’ANC hanno organizzato cinque marce che da differenti città catalane (Girona, Berga, Vic, Tarragona e Tàrrega) dovrebbero raggiungere Barcelona proprio tra mercoledi e venerdi, per saldarsi con lo sciopero generale.

Nonostante la diffusione della protesta, il nazionalismo spagnolo rifiuta di riconoscerne la legittimità, mantenendosi arroccato sulla linea della repressione (dalle invocazioni di un nuovo commissariamento della Generalitat fino all’applicazione della legge per la sicurezza nazionale). Un atteggiamento che, se può indubbiamente assicurare dei risultati nel breve periodo, sembra rafforzare la maggioranza indipendentista nella società catalana.

 Una raccolta di foto e video delle manifestazioni della giornata si trovano alla pagina: https://www.vilaweb.cat/noticies/en-directe-resposta-sentencia-contra-proces/

Andrea Quaranta

da contropiano

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