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Quattro arresti nei Paesi Baschi. Ancora repressione contro la sinistra nazionalista

L’ex prigioniera basca Ohiana Garmendia è incinta di sette mesi. E martedì 20 marzo aveva una visita dal ginecologo, ma non è andata all’appuntamento. O meglio, non gliel’hanno lasciato fare. Alle 7 si sono presentate a casa sua diverse guardie civili, con un mandato di cattura. Fino a poco dopo mezzogiorno è rimasta nella caserma di Intxaurrondo. Poi l’hanno rilasciata. A metà pomeriggio, il suo telefono era ancora “spento o fuori copertura”.

Garmendia è il volto e la voce di Kalera Kalera (per strada, per strada), un’iniziativa volta a trovare la liberazione delle prigioniere e dei prigionieri baschi condannati per terrorismo. Si tratta di una delle scommesse della sinistra nazionalista di fronte alla nuova era aperta dopo il disarmo dell’Eta – l’8 aprile sarà un anno dalla consegna degli arsenali – e il suo imminente scioglimento, previsto – come coincidono nel segnalare diverse fonti – per la tarda primavera o l’inizio dell’estate.

Tuttavia, il governo del Pp non vuole sentirne parlare. Mariano Rajoy e i suoi non sono nemmeno disposti a modificare la politica penitenziaria di eccezione che viene applicata contro questo gruppo di prigionieri, che si trovano per lo più a distanze che oscillano tra i 400 e i 1.000 chilometri dalle loro case. Uno di loro, Xabier Rey, si è suicidato nella sua cella il 6 marzo. Era nella prigione di Puerto de Santamaría, a quasi dieci ore dalla sua città natale, Pamplona.

Garmendia vuole che tutto ciò finisca. E lo vogliono anche Olatz Dañobeitia, Miren Zabaleta e Antton López Ruiz, altri tre membri della sinistra nazionalista che sono stati arrestati e che oggi partecipano a vario titolo in questo movimento. In questo piovoso martedì di marzo, Dañobeitia, Zabaleta e López hanno avuto la stessa sorte di Garmendia: alle prime ore del mattino, tutti loro sono stati arrestati dalla Guardia Civil e portati a Intxaurrondo. E anche loro sono stati rilasciati nel primo pomeriggio.

“Aurresku-Carmen”

“Quattro arrestati nel #PaeseBasco e #Navarra per un presunto reato di apologia del terrorismo dopo la partecipazione a un omaggio alla leader Belen Gonzalez Penalba dell’#ETA, morta in ospedale dopo essere stata condannata a più di 700 anni di carcere”, ha scritto la Guardia Civil sul suo profilo twitter. Il messaggio è stato accompagnato da un link a una storia pubblicata dal quotidiano El Mundo sull’operazione di martedì, battezzata dagli agenti della Benemérita come “Aurresku-Carmen”. L’aurresku è una danza tradizionale che si suole offrire a mo’ di omaggio, mentre Carmen era il nome usato da Belén González quando militava nell’Eta.
L’atto in questione si è verificato lo scorso 26 novembre nella città di Lazkao (Gipuzkoa). Secondo l’archivio del giornale, sul palco c’erano tre delle quattro persone arrestate: Garmendia, Zabaleta e López. L’omaggio si è svolto normalmente e senza ulteriori ripercussioni. Fino a oggi.

La campagna di Pp e Covite

Gli arresti di martedì in diverse parti dei Paesi Baschi fanno presagire che potrebbero arrivare altre e nuove notizie di questo tipo. Di fatto, sia il PP che il Collettivo delle vittime del terrorismo nei Paesi Baschi (Covite) mantengono una ferma campagna affinché il sistema giudiziario proibisca e persegua atti di omaggio agli ex prigionieri dell’Eta.
Questo stesso lunedì, diversi membri del partito di Rajoy nei Paesi Baschi si sono incontrati nella città di Durango per protestare contro l’accoglienza di Zunbeltz Larrea, uscito dal carcere quello stesso giorno, dopo 15 anni di prigione.

Danilo AlbínEl Salto

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