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Processo Nuovo Cinema Palazzo, il pm chiede sei mesi

Per l’occupazione del 2011 a processo l’attrice Sabina Guzzanti, Marco Miccoli (deputato Pd), gli ex consiglieri comunali Nunzio D’Erme e Andrea Alzetta e altri otto attivisti della capitale. La Camene Spa vuole 1,6 milioni di euro di danni. Lo stabile è stato sgomberato il 25 novembre scorso, ma la battaglia degli attivisti continua

Sei mesi di carcere e 1,6 milioni di euro di danni, di cui 250mila da pagare già dopo la sentenza di primo grado. Sono le richieste che pm e parte civile, la Camene Spa, hanno avanzato ieri nella penultima tappa del processo contro 12 persone accusate dell’occupazione del Nuovo Cinema Palazzo. Il 25 marzo discuteranno i legali della difesa mancanti, poi il giudice emetterà la sentenza o la rinvierà al 6 aprile. Tra gli imputati ci sono l’attrice Sabina Guzzanti, l’allora segretario del Pd romano Marco Miccoli (oggi deputato), gli ex consiglieri capitolini dei movimenti Nunzio D’Erme e Andrea Alzetta e poi diversi attivisti.

IL PROCEDIMENTO PENALE ruota intorno alle vicende dell’edificio di piazza dei Sanniti, nel cuore del quartiere romano di San Lorenzo, sgomberato il 25 novembre scorso. Tutto inizia alla fine del 2010, quando la Camene affitta lo storico cinema e teatro per trasformarlo in un casinò. Il 15 aprile 2011 dovrebbero partire i lavori, ma nelle strade sanlorenzine si è già diffuso il malcontento. Così abitanti del quartiere, studenti e artisti occupano lo stabile. Quella che doveva essere un’azione simbolica riceve un’incredibile ondata di solidarietà e l’occupazione viene mantenuta. Anche quando il 12 dicembre 2011 la dirigente della polizia giudiziaria della procura di Roma Rosa Mileto si presenta per apporre i sigilli i presenti si rifiutano di uscire e in pochi minuti accorrono decine di persone che pacificamente impediscono lo sgombero. È in quell’occasione che sono identificati i 12 imputati, in mezzo a una «moltitudine di 100/150 persone», secondo le stime della stessa accusa.

IL PM CHE IERI ha chiesto la condanna per «invasione di terreni o proprietà altrui», senza peraltro diversificare le posizioni dei coinvolti, ha dovuto riconoscere che il reato è di natura più politica che criminale, perché non esisteva alcun interesse patrimoniale né ci sono state condotte violente. Gli avvocati della difesa hanno ribadito che l’accusa di invasione è «priva di ogni fondatezza sul piano giuridico e sfornita di prove». Se a livello processuale il nodo è che le persone accusate di invasione sono state identificate all’esterno dell’edificio in base alla loro riconoscibilità pubblica più che all’azione effettivamente compiuta, è quello politico il paradosso più grande.

SIA PERCHÉ a chiedere il risarcimento è una società dal retroterra ambiguo che avrebbe voluto aprire un casinò senza disporre di tutti i permessi necessari. Sia perché l’enorme valore sociale e culturale promosso nei quasi 10 anni di occupazione è stato (tardivamente) riconosciuto anche a livello istituzionale. Dopo lo sgombero, infatti, la Regione Lazio ha intensificato la ricerca di una soluzione con la proprietà ed è entrato in campo anche il Comune di Roma, fino ad allora silente. Il 18 dicembre il Campidoglio ha votato una memoria di giunta in cui riconosce il valore sociale e culturale del Cinema Palazzo e si impegna a garantirne continuità. Analoga presa di posizione era venuta dal II municipio.

OLTRE AGLI ATTI delle istituzioni resta l’enorme ricchezza di esperienze, iniziative, biografie che si sono incontrate tra le mura dell’occupazione. «Se condanna ci deve essere – scrivono su Facebook gli attivisti – non sono i dodici contro cui il pm punta il dito a doverla subire, ma tutti coloro che in questi dieci anni hanno attraversato lo spazio». Tra loro ci sono il compianto giurista Stefano Rodotà, l’attuale segretario della Cgil Maurizio Landini, il vice presidente emerito della corte costituzionale Paolo Maddalena e perfino la sindaca di Roma Virginia Raggi. L’ex presidente della commissione parlamentare antimafia Francesco Forgione e il capo della procura di Roma Michele Prestipino (allora procuratore aggiunto della Dda di Reggio Calabria) varcarono l’ingresso per discutere di mafie e gioco d’azzardo.

INSIEME AI NOMI FAMOSI il Cinema Palazzo è stato attraversato da migliaia di persone, utilizzato da movimenti sociali come Non Una Di Meno e Fridays For Future, trasformato durante la pandemia nella base di distribuzione di beni fondamentali per le famiglie in difficoltà. Non c’è dubbio che tutto ciò sia nato da un gesto di rottura della legalità. In caso contrario ci sarebbe stato solo un casinò.

Giansandro Merli

da il manifesto

 

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