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Poggioreale: si indaga sulla cella delle torture

Che nel carcere di Poggioreale ci fosse una cella all’interno della quale sono avvenuti per anni tremendi pestaggi delle guardie nei confronti dei detenuti si sapeva da anni, molti dei pestati lo avevano denunciato ma la notizia era rimasta appannaggio “dell’ambiente”.

Qualche giorno fa l’intervista pubblicata da alcuni siti ad un detenuto che raccontava in maniera dettagliata le botte subite e il metodo di punizione scientificamente adottato dalle guardie carcerarie nei confronti dei riottosi è servita finalmente a sollevare il problema pubblicamente. Il video ha fatto il giro del web ed ora finalmente la Procura di Napoli si è decisa ad aprire un’inchiesta. Si tratta di un atto dovuto, spiegano, dal momento che la garante dei diritti dei detenuti della Campania, Adriana Tocco, ha inviato in Procura un dettagliato esposto in merito. A coordinare gli accertamenti sarà il procuratore aggiunto Alfonso D’Avino.

Cosa accadeva (o accade ancora?) nella cosiddetta ‘cella zero’? Ha raccontato per esempio un ex detenuto a Fanpage.it: «Erano le dieci e mezza di sera. All’improvviso, senza motivo sono stato portato giù nella cella zero: le guardie mi hanno fatto spogliare nudo, mi hanno picchiato, mi hanno umiliato. La cella zero è una cella del piano terra dove ti puniscono, ti picchiano, è isolata da telecamere e da tutto». Alcuni testimoni hanno riferito anche di schizzi di sangue sulle pareti, di squadre di agenti della polizia penitenziaria che infliggono punizioni ingiustificate quanto dure.

Scriveva il settimanale l’Espresso pochi giorni fa in merito:

Uno dei carcerati picchiati si chiama Luigi (è un nome di fantasia). E’ stato condannato a due anni e dieci mesi, nel marzo 2011, per ricettazione di buoni pasto per un valore di trentamila euro. Durante la permanenza nel carcere di Poggioreale è stato vittima di atti di violenza da parte di tre guardie penitenziarie: trascinato di notte in una cella isolata dell’istituto di pena, ha spiegato di esser stato costretto a denudarsi completamente per poi essere percosso con pugni e calci. L’ex detenuto è uscito dall’istituto di pena lo scorso 10 gennaio, ma già dietro le sbarre aveva deciso di denunciare le violenze subite.
Luigi, 42 anni, comproprietario di una salumeria a Napoli, sposato con figli adolescenti, dopo un primo periodo detentivo, in appello ottiene gli arresti domiciliari con successiva autorizzazione a riprendere il lavoro. Un giorno, andando al negozio, fa tardi e sfora l’orario assegnato dai giudici. Per lui ricominciano i guai. La Corte di appello aggrava la misura restrittiva e così Luigi finisce di nuovo a Poggioreale. Nei due mesi e mezzo di detenzione che deve ancora scontare gli capita un incidente: cade dal letto a castello, un terzo piano a quattro metri dal pavimento, e si frattura una caviglia. Poi, in una notte di luglio arriva il pestaggio da parte di tre agenti penitenziari.
Scontata la pena e tornato libero, Luigi ha messo nero su bianco il racconto dei maltrattamenti subiti dietro le sbarre. 

Presto potrebbero essere acquisiti altri documenti in possesso del garante, ma anche di associazioni o di avvocati particolarmente sensibili al tema. Il Dap (Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria) ha già fatto sapere che offrirà ai magistrati la massima collaborazione, rivendicando la professionalità e il senso di giustizia del proprio personale. Ma tra i familiari dei detenuti restano molti dubbi sul fatto che l’indagine andrà fino in fondo, e cresce la richiesta che i responsabili dei pestaggi vengano individuati e puniti.

Il caso della «cella zero», però, potrebbe non essere l’unico sul quale la Procura di Napoli dovrà condurre accertamenti. Adriana Tocco riferisce al Corriere del Mezzogiorno che «le denunce per maltrattamenti in tutto sono circa 150». Alcune sono individuali, una «è sottoscritta da 50 detenuti, e l’ho già inoltrata alla Procura, un’altra mi è appena arrivata ed è firmata da 70 reclusi». La «cella zero», però, quella non sa se esista: «Ho segnalato alla magistratura ciò che i detenuti hanno riferito. Io non l’ho mai vista, ma chiederò di poter effettuare un sopralluogo nel carcere di Poggioreale per appurare se c’è o meno». Le segnalazioni in questione — precisa la garante — sono «tutte firmate», mentre quelle anonime vengono girate all’ufficio ispettivo del Dap. Che, sul caso della «cella zero», avvierà un’inchiesta interna. «Da Secondigliano non ho ricevuto alcuna segnalazione di maltrattamenti, le denunce riguardano solo Poggioreale. Penso che ciò sia dovuto sia al fatto che gli altri istituti non hanno un numero così elevato di detenuti, sia alla circostanza che questa situazione di affollamento determina una situazione di stress tra il personale della polizia penitenziaria. Beninteso, questo non giustifica nulla, ma per onestà intellettuale devo anche dire che gli stessi reclusi — nella maggioranza dei casi — parlano di agenti molto professionali e collaborativi» aggiunge Tocco. Di nuovo la teoria delle ‘poche e isolate mele marce che non inficiano professionalità e correttezza delle forze dell’ordine”.

Luca Fiore da Contropiano

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