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Pescatori tunisini arrestati dopo una azione di soccorso in alto mare

Era successo già lo scorso anno, è successo ancora pochi giorni fa. Alcuni pescatori tunisini che, mentre avevano calato le reti in mare, si erano trovati vicino una barca con una dozzina di migranti a bordo, che hanno poi assistito, restando in acque internazionali, sono stati arrestati dopo che le autorità di polizia li hanno ritenuti scafisti, come se avessero favorito l’immigrazione “clandestina”, piuttosto che salvare vite umane in mare. Nessuno ha voluto credere ai naufraghi che li hanno scagionati. Per questi pescatori che erano intenti a svolgere il loro lavoro quando hanno avvvistato il barchino stracarico di migranti, dunque in evidente situazione di distress immediato, non si è riconosciuta la motivazione umanitaria delle attività di assistenza e salvataggio.

Secondo il Guardian “According to their lawyers, the Tunisians maintain that they saw a migrant vessel in distress and a common decision was made to tow it to safety in Italian waters. They claim they called the Italian coastguard so it could intervene and take them to shore”.  Dalla visione complessiva del video ripreso da un mezzo aereo di Frontex, molte ore prima dell’intervento delle autorità italiane, sembrerebbe confermata la versione dei fatti fornita dai pescatori e dalle persone che hanno soccorso, in contrasto con quanto poi contestato dalla polizia giudiziaria italiana.

Il video dimostra chiaramente che, prima del soccorso, i pescatori erano intenti a lavorare con le loro reti e dunque in nessun modo potevano avere scortato il barchino con i migranti, partito presumibilmente dalle coste tunisine. Come emerge dai Regolamenti europei n.626 del 2014 e n.1624 del 2016 (in nota), tra le attività di Frontex ( oggi definita Guardia di frontiera e costiera europea) e le attività della Guardia costiera del paese ospitante, in questo caso l’Italia, esiste un continuo rapporto sinergico, gestito da agenti di collegamento, la cui documentazione potrà chiarire meglio le responsabilità dei pescatori e delle autorità nazionali. Le chiamate senza risposta, da parte dei pescatori tunisini, alla guardia costiera italiana, non saranno rimaste senza traccia.

In realtà i fatti contestati sono documentati ancora in modo parziale e le successive fasi processuali dovrebbero ristabilire la reale sequenza delle attività di assistenza e soccorso prestate dai pescatori tunisini, a partire dai video integrali registrati da Frontex e dalle comunicazioni con la Guardia costiera italiana. Le persone arrestate sono note da tempo, a livello internazionale, per il loro impegno umanitario e per la grande quantità di corpi ritrovati a mare, corpi che hanno dovuto riportare a terra, dopo avere interrotto le loro normali attività di pesca. Sono testimoni scomodi di una strage silenziosa che si è compiuta nell’indifferenza generale. Mentre i porti sono stati sbarrati per le navi umanitarie, dalla Tunisia è ripreso un flusso costante di natanti di piccole dimensioni e dunque assai pericolosi, che raggiungono direttamente Lampedusa e le altre coste siciliane. Quando non fanno naufragio.

I pescatori attualmente in carcere ad Agrigento sono conosciuti a Zarzis e nel resto della Tunisia come persone che si sono sempre battute per garantire la salvaguardia della vita umana in mare e per scoraggiare l’immigrazione clandestina. Una manifestazione di protesta si è già tenuta a Zarzis ed un’altra a Tunisi. Il governo tunisino, sulla base della ricostruzione dei fatti in suo possesso, ha già chiesto il rilascio dei pescatori, tra i quali si trova anche il responsabile dell’associazione dei pescatori di Zarzis.

Come è stato ricordato, “la Tunisia ha chiesto formalmente all’Italia il rilascio immediato dei sei pescatori tunisini che si trovano in carcere dal 29 agosto ad Agrigento con l’accusa di favoreggiamento aggravato dell’immigrazione illegale. Lo ha dichiarato il segretario di Stato per le Migrazioni, Adel Jarboui, aggiungendo che il governo garantirà il rispetto dei diritti degli arrestati e fornirà loro tutto il supporto necessario”.

Un rigoroso accertamento degli elementi probatori addotti dalla polizia giudiziaria e le indagini difensive, che chiariranno meglio le circostanze di fatto e i ruoli delle diverse autorità convolte nell’azione di soccorso, potranno consentire agli organi giurisdizionali una valutazione imparziale delle responsabilità e del rispetto dei Regolamenti europei, che sono direttamente vincolanti nel nostro ordinamento interno, e delle Convenzioni internazionali di diritto del mare che gli stessi Regolamenti europei richiamano espressamente, conferendo loro una immediata efficacia vincolante anche negli stati membri.

Si deve altresì ricordare la ridotta estensione della zona SAR tunisina, neppure riportata nei data base dell’IMO, e degli obblighi di coordinamento e di salvataggio incombenti su Frontex, in base al Regolamento n. 656 del 2014 e su Malta, oltre che sulle autorità italiane. Occorre che l’IMO faccia chiarezza sulla attuale effettiva ripartizione delle zone SAR e degli organi di coordinamento tra stati per le attività SAR ( ricerca e soccorso in mare). Va chiarita la sovrapposizione tuttora ricorrente tra la zona SAR italiana e la zona SAR riconosciuta a Malta, con i problemi di cordinamento tra i diversi (MRCC) comandi centrali delle guardie costiere, a Roma e a La Valletta, emersi da ultimo nel caso Diciotti. Come è noto Malta non ha aderito alle Linee guida dell”IMO ( in nota) che fissano la responsabilità di indviduare il luogo di sbarco in capo al paese a cui spetta la responsabilità di coordinare le attività SAR in acque internazionali.

Si deve anche ricordare come i respingimenti collettivi siano vietati non solo verso la Libia, ma anche verso la Tunisia, sulla base dell’art. 4 del Quarto Protocollo allegato alla CEDU e dell’art. 19 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea. In ogni caso qualunque misura di allontanamento forzato deve essere adottata dopo lo sbarco a terra, se ne ricorrono i presupposti legali, nell’ambito dellìappproccio Hotspot, e non può essere applicata rispetto ad un gruppo indistinto di persone che si trovano in navigazione in acque internazionali, a notevole distanza dalle coste del paese di origine.

La criminalizzazione della solidarietà si batte dimostrando nelle competenti sedi giudiziarie la innocenza di chi, dopo avere contribuito al soccorso in alto mare finisce sotto inchiesta, e si batte anche creando un vasto fronte sociale, che si estenda sulle due sponde del Mediterraneo, che rivaluti il princpio di solidarietà. Per evitare che si diffonda tra i pescatori la tendenza già molto forte, per precedenti accuse elevate in casi simili dagli organi di polizia, disattese dagli organi giudicanti, ad abbandonare le persone che, a bordo di imbarcazioni fatiscenti, rischiano la vita in alto mare per raggiungere l’Europa. A mare non si distingue tra “migranti economici” e potenziali richiedenti asilo, tra adulti e minori, ci sono soltanto vite da salvare e persone da fare sbarcare in un porto che sia qualificabile come “place of safety”.

Per quanto enfatizzato dalla frequenza degli arrivi, direttamente sulle coste siciliane, il numero dei migranti che dalla Tunisia riesce ancora a raggiungere l’Italia rimane molto basso, non costituisce alcuna emergenza, e potrebbe benissimo essere assorbito con la creazione di canali di ingresso legale, anche per lavoro stagionale.

Chi punta sulla criminalizzazione dei migranti, e delle persone che intervengono disinteressatamente per soccorrerli o assisterli, costituisce il primo alleato dei trafficanti che sfruttano la disperazione di persone comunque in cerca di chance di sopravvivenza, ed offrono le uniche vie praticabili, anche a costo della vita, per raggiungere l’Italia. I cittadini solidali delle due sponde del Mediterraneo saranno accanto a tutti coloro che saranno incriminati per avere compiuto azioni di salvataggio in mare.

Fulvio Vassallo Paleologo

da Associazione Diritti e Frontiere – ADIF


NOTA CON RIFERIMENTI NORMATIVI SULLE ATTIVITA’ DI FRONTEX E DELLA GUARDIA COSTIERA DEL PAESE OSPITANTE

REGOLAMENTO UE n.656/2014

Articolo 3 Sicurezza in mare

Le misure adottate ai fini di un’operazione marittima sono attuate in modo da assicurare in ogni caso l’incolumità delle persone intercettate o soccorse, delle unità partecipanti o di terzi.

Articolo 4 Protezione dei diritti fondamentali e principio di non respingimento

1. Nessuno può, in violazione del principio di non respingimento, essere sbarcato, costretto a entrare, condotto o altrimenti consegnato alle autorità di un paese in cui esista, tra l’altro, un rischio grave di essere sottoposto alla pena di morte, alla tortura, alla persecuzione o ad altre pene o trattamenti inumani o degradanti, o in cui la vita o la libertà dell’interessato sarebbero minacciate a causa della razza, della religione, della cittadinanza, dell’orientamento sessuale, dell’appartenenza a un particolare gruppo sociale o delle opinioni politiche dell’interessato stesso, o nel quale sussista un reale rischio di espulsione, rimpatrio o estradizione verso un altro paese in violazione del principio di non respingimento.

2. In sede di esame della possibilità di uno sbarco in un paese terzo nell’ambito della pianificazione di un’operazione marittima, lo Stato membro ospitante, in coordinamento con gli Stati membri partecipanti e l’Agenzia, tiene conto della situazione generale di tale paese terzo. La valutazione della situazione generale di un paese terzo è basata su informazioni provenienti da un’ampia gamma di fonti, che può comprendere altri Stati membri, organi, uffici e agenzie dell’Unione e pertinenti organizzazioni internazionali e può tener conto dell’esistenza di accordi e progetti in materia di migrazione e asilo realizzati conformemente al diritto dell’Unione e con fondi dell’Unione. Tale valutazione fa parte del piano operativo, è messa a disposizione delle unità partecipanti e, se necessario, è aggiornata.
Qualora lo Stato membro ospitante o gli Stati membri partecipanti siano o avrebbero dovuto essere a conoscenza del fatto che un paese terzo mette in atto le pratiche di cui al paragrafo 1, le persone intercettate o soccorse non sono sbarcate, costrette a entrare, condotte o altrimenti consegnate alle autorità di tale paese.

3. Durante un’operazione marittima, prima che le persone intercettate o soccorse siano sbarcate, costrette a entrare, condotte o altrimenti consegnate alle autorità di un paese terzo e tenuto conto della valutazione della situazione generale di tale paese terzo ai sensi del paragrafo 2, le unità partecipanti utilizzano, fatto salvo l’articolo 3, tutti i mezzi per identificare le persone intercettate o soccorse, valutare la loro situazione personale, informarle della loro destinazione in un modo per loro comprensibile o che si possa ragionevolmente supporre sia per loro comprensibile e dar loro l’opportunità di esprimere le eventuali ragioni per cui ritengono che uno sbarco nel luogo proposto violerebbe il principio di non respingimento.
Per tali fini sono previsti ulteriori dettagli nel piano operativo, compresa, se necessario, la disponibilità a terra di personale sanitario, interpreti, consulenti legali e altri esperti competenti degli Stati membri ospitanti e partecipanti. Ciascuna unità partecipante comprende almeno una persona dotata di una formazione di pronto soccorso di base.
La relazione di cui all’articolo 13, basata sulle informazioni trasmesse dagli Stati membri ospitanti e partecipanti, comprende ulteriori dettagli relativi ai casi di sbarco in paesi terzi e il modo in cui ciascun elemento delle procedure di cui al primo comma del presente paragrafo sia stato applicato dalle unità partecipanti per assicurare il rispetto del principio di non respingimento.

4. Nel corso di un’operazione marittima le unità partecipanti rispondono alle particolari esigenze dei minori, compresi i minori non accompagnati, delle vittime della tratta di essere umani, di quanti necessitano di assistenza medica urgente, delle persone con disabilità, di quanti necessitano di protezione internazionale e di quanti si trovano in situazione di particolare vulnerabilità.

5. Eventuali scambi con paesi terzi di dati personali ottenuti durante un’operazione marittima ai fini del presente regolamento sono strettamente limitati a quanto assolutamente necessario e sono effettuati a norma della direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio ( 1 ), della decisione quadro 2008/977/GAI del Consiglio ( 2 ) e delle pertinenti disposizioni nazionali sulla protezione dei dati.
Lo scambio con paesi terzi di dati personali riguardanti persone intercettate o soccorse, ottenuti durante un’operazione marittima, è vietato qualora sussista un serio rischio di violazione del principio di non respingimento.

6. Le unità partecipanti esercitano le loro funzioni nel pieno rispetto della dignità umana.

7. Il presente articolo si applica a tutte le misure adottate dagli Stati membri o dall’Agenzia a norma del presente regolamento.

8. Le guardie di frontiera e altro personale che partecipano a un’operazione marittima ricevono una formazione sulle disposizioni pertinenti in materia di diritti fondamentali, del diritto dei rifugiati e del regime giuridico internazionale in materia di ricerca e soccorso a norma dell’articolo 5, secondo comma, del regolamento (CE) n. 2007/2004.

Articolo 6 Intercettazione nelle acque territoriali

1. Qualora sussistano fondati motivi per sospettare che un natante possa trasportare persone intenzionate a eludere le verifiche ai valichi di frontiera o sia utilizzato per il traffico di migranti via mare, lo Stato membro ospitante o uno Stato membro partecipante limitrofo autorizza le unità partecipanti ad adottare una o più delle seguenti misure nelle proprie acque territoriali:
a) chiedere informazioni e documenti riguardanti la proprietà, l’immatricolazione ed elementi relativi al viaggio del natante, nonché l’identità, la cittadinanza e altri dati pertinenti delle persone a bordo, compreso se vi sono persone che necessitano di assistenza medica urgente, e comunicare alle persone a bordo che non possono essere autorizzate ad attraversare la frontiera;
b) fermare il natante e provvedere alla visita a bordo, all’ispezione del natante, del carico e delle persone a bordo e interrogare le persone a bordo e informarle che i conducenti del natante potrebbero essere passibili di sanzioni per aver favorito il viaggio.
2. Qualora siano riscontrate prove a conferma di tale sospetto, lo Stato membro ospitante o lo Stato membro partecipante limitrofo in questione può autorizzare le unità partecipanti ad adottare una o più delle seguenti misure:
a) sequestrare il natante e fermare le persone a bordo;
b) ordinare al natante di cambiare la rotta per uscire dalle acque territoriali o dalla zona contigua o per dirigersi altrove, anche scortandolo o navigando in prossimità fino a che non sia confermato che il natante stia rispettando la rotta indicata;

c) condurre il natante o le persone a bordo nello Stato membro costiero in conformità al piano operativo.
3. Le misure adottate a norma del paragrafo 1 o 2 sono proporzionate e si limitano a quanto è necessario per conseguire gli obiettivi del presente articolo.
4. Ai fini dei paragrafi 1 e 2, lo Stato membro ospitante dà opportune istruzioni all’unità partecipante attraverso il centro internazionale di coordinamento.
L’unità partecipante comunica allo Stato membro ospitante, tramite il centro internazionale di coordinamento, se il comandante del natante ha chiesto la notifica di un agente diplomatico o funzionario consolare dello Stato di bandiera.
5. Qualora sussistano fondati motivi di sospettare che un natante privo di nazionalità stia trasportando persone intenzionate a eludere le verifiche ai valichi di frontiera o sia utilizzato per il traffico di migranti via mare, lo Stato membro ospitante o lo Stato membro partecipante limitrofo nelle cui acque territoriali è intercettato il natante privo di nazionalità autorizza una o più delle misure elencate al paragrafo 1 e può autorizzare una o più delle misure di cui al paragrafo 2. Lo Stato membro ospitante dà opportune istruzioni all’unità partecipante attraverso il centro internazionale di coordinamento.
6. Tutte le attività operative nelle acque territoriali di uno Stato membro che non partecipa all’operazione marittima si svolgono in conformità all’autorizzazione di tale Stato membro. Lo Stato membro ospitante dà istruzioni all’unità partecipante attraverso il centro internazionale di coordinamento sulla base delle azioni autorizzate da tale Stato membro.

Articolo 7 Intercettazione in alto mare

1. Qualora sussistano fondati motivi di sospettare che un natante in alto mare sia utilizzato per il traffico di migranti via mare, le unità partecipanti adottano una o più delle seguenti misure, previa autorizzazione dello Stato di bandiera, conformemente al protocollo per combattere il traffico di migranti e, se del caso, al diritto nazionale e internazionale:
a) chiedere informazioni e documenti riguardanti la proprietà, l’immatricolazione ed elementi relativi al viaggio del natante, nonché l’identità, la cittadinanza e altri dati pertinenti delle persone a bordo, compreso se vi sono a bordo persone che necessitano di assistenza medica urgente;
b) fermare il natante e provvedere alla visita a bordo, all’ispezione del natante, del carico e delle persone a bordo e interrogare le persone a bordo e informarle che i conducenti del natante potrebbero essere passibili di sanzioni per aver favorito il viaggio.
2. Qualora siano riscontrate prove a conferma di tale sospetto, le unità partecipanti possono adottare una o più delle seguenti misure, previa autorizzazione dello Stato di bandiera, conformemente al protocollo per combattere il traffico di migranti e, se del caso, al diritto nazionale e internazionale:
a) sequestrare il natante e fermare le persone a bordo;
b) avvertire il natante e ordinargli di non entrare nelle acque territoriali o nella zona contigua e, se necessario, chiedere al natante di cambiare la rotta per dirigersi verso una destinazione diversa dalle acque territoriali o dalla zona contigua;
c) condurre il natante o le persone a bordo in un paese terzo o altrimenti consegnare il natante o le persone a bordo alle autorità di un paese terzo;
d) condurre il natante o le persone a bordo nello Stato membro ospitante o in uno Stato membro limitrofo partecipante.

3. Le misure adottate a norma del paragrafo 1 o 2 sono proporzionate e si limitano a quanto è necessario per conseguire gli obiettivi del presente articolo.
4. Ai fini dei paragrafi 1 e 2, lo Stato membro ospitante dà opportune istruzioni all’unità partecipante attraverso il centro internazionale di coordinamento.
5. Qualora il natante batta bandiera dello Stato membro ospitante o partecipante o ne rechi i dati di immatricolazione, detto Stato membro, previa conferma della nazionalità del natante, può autorizzare una o più delle misure di cui ai paragrafi 1 e 2. Lo Stato membro ospitante dà in seguito opportune istruzioni all’unità partecipante attraverso il centro internazionale di coordinamento.
6. Qualora il natante batta bandiera ovvero rechi dati di immatricolazione di uno Stato membro che non partecipa all’operazione marittima o di un paese terzo, lo Stato membro ospitante o partecipante, a seconda dell’unità partecipante che ha intercettato tale natante, notifica lo Stato di bandiera e a questo chiede conferma della matricola e, se la nazionalità è confermata, l’adozione di azioni per inibire l’uso del natante per il traffico di migranti. Qualora lo Stato di bandiera non voglia o non possa procedere in tal senso, direttamente o con l’assistenza dello Stato membro di appartenenza dell’unità partecipante, detto Stato membro chiede allo Stato di bandiera l’autorizzazione ad adottare le misure di cui ai paragrafi 1 e 2. Lo Stato membro ospitante o partecipante informa il centro internazionale di coordinamento delle comunicazioni con lo Stato di bandiera e delle azioni o misure previste autorizzate da quest’ultimo. Lo Stato membro ospitante dà in seguito opportune istruzioni all’unità partecipante attraverso il centro internazionale di coordinamento.
7. Se sussistono fondati motivi di sospettare che, pur battendo bandiera straniera o rifiutando di esibire la bandiera, il natante abbia in effetti la nazionalità dell’unità partecipante, quest’ultima provvede a verificare il diritto del natante di battere la sua bandiera e a tal fine può avvicinarsi al natante sospetto. Se i sospetti permangono, essa procede con ulteriori indagini a bordo, che sono svolte con ogni possibile riguardo.
8. Ove sussistano fondati motivi di sospettare che, pur battendo bandiera straniera o rifiutando di esibire la bandiera, il natante abbia in effetti la nazionalità dello Stato membro ospitante o di uno Stato membro che partecipa all’operazione, l’unità partecipante verifica il diritto del natante di battere la sua bandiera.
9. Qualora, nei casi di cui al paragrafo 7 o 8, siano riscontrate prove a conferma di sospetti sulla nazionalità del natante, tale Stato membro ospitante o partecipante può autorizzare una o più delle misure di cui ai paragrafi 1 e 2. Lo Stato membro ospitante dà in seguito opportune istruzioni all’unità partecipante attraverso il centro internazionale di coordinamento.
10. In attesa o in mancanza dell’autorizzazione dello Stato di bandiera, il natante è sorvegliato a prudente distanza. Non può essere disposta nessun’altra misura senza l’esplicita autorizzazione dello Stato di bandiera, salvo quanto necessario per far fronte a un pericolo imminente per la vita umana o quanto previsto da accordi bilaterali o multilaterali pertinenti.
11. Qualora sussistano fondati motivi di sospettare che un natante privo di nazionalità sia utilizzato per il traffico di migranti via mare, l’unità partecipante può salire a bordo e ispezionare il natante al fine di verificarne l’assenza di nazionalità. Qualora siano riscontrate prove a conferma di tale sospetto, l’unità partecipante ne informa lo Stato membro ospitante che può adottare, direttamente o con l’assistenza dello Stato membro di appartenenza dell’unità partecipante, ulteriori opportune misure ai sensi dei paragrafi 1 e 2, nel rispetto del diritto nazionale e internazionale.
12. Lo Stato membro la cui unità partecipante ha adottato misure ai sensi del paragrafo 1 informa tempestivamente lo Stato di bandiera dei risultati di tali misure.

13. Il funzionario nazionale che rappresenta lo Stato membro ospitante o partecipante presso il centro internazionale di coordinamento è responsabile per l’agevolazione delle comunicazioni tra le autorità pertinenti di tale Stato membro in sede di richiesta dell’autorizzazione a verificare il diritto di un natante di battere la sua bandiera o ad adottare le misure di cui ai paragrafi 1 e 2.
14. Qualora non siano riscontrate prove a conferma di sospetti che un natante sia utilizzato per il traffico di migranti in alto mare o qualora l’unità partecipante non sia competente per intervenire, ma sussistano fondati sospetti che il natante trasporti persone intenzionate a raggiungere la frontiera di uno Stato membro e a eludere le verifiche ai valichi di frontiera, il natante in questione continua a essere monitorato. Il centro internazionale di coordinamento comunica le informazioni su tale natante ai centri nazionali di coordinamento degli Stati membri verso i quali esso è diretto.

Articolo 8 Intercettazione nella zona contigua

1. Nella zona contigua dello Stato membro ospitante o di uno Stato membro partecipante limitrofo, le misure di cui all’articolo 6, paragrafi 1 e 2, sono adottate conformemente a detti paragrafi e ai paragrafi 3 e 4. Un’autorizzazione di cui all’articolo 6, paragrafi 1 e 2, può essere concessa solo per misure necessarie a impedire la violazione di pertinenti disposizioni legislative e regolamentari all’interno del territorio o delle acque territoriali di tale Stato membro.
2. Le misure di cui all’articolo 6, paragrafi 1 e 2, non sono adottate nella zona contigua di uno Stato membro che non partecipa all’operazione marittima, senza l’autorizzazione di tale Stato membro. Il centro internazionale di coordinamento è informato di ogni comunicazione con detto Stato membro e delle azioni successive da questo autorizzate. Se detto Stato membro non concede l’autorizzazione e sussistano fondati motivi per sospettare che il natante trasporti persone intenzionate a raggiungere la frontiera di uno Stato membro, si applica l’articolo 7, paragrafo 14.
3. Ove un natante privo di nazionalità transiti nella zona contigua, si applica l’articolo 7, paragrafo 11.

Articolo 9 Situazioni di ricerca e soccorso

1. Gli Stati membri osservano l’obbligo di prestare assistenza a qualunque natante o persona in pericolo in mare e durante un’operazione marittima assicurano che le rispettive unità partecipanti si attengano a tale obbligo, conformemente al diritto internazionale e nel rispetto dei diritti fondamentali, indipendentemente dalla cittadinanza o dalla situazione giuridica dell’interessato o dalle circostanze in cui si trova.
2. Al fine di affrontare le situazioni di ricerca e soccorso che possono presentarsi durante un’operazione marittima, il piano operativo contiene, conformemente al pertinente diritto internazionale, compreso quello in materia di ricerca e soccorso, almeno le seguenti disposizioni:
a) se, nel corso di un’operazione marittima, le unità partecipanti hanno motivo di ritenere di trovarsi di fronte a una fase di incertezza, allarme o pericolo per un natante o qualunque persona a bordo, esse trasmettono tempestivamente tutte le informazioni disponibili al centro di coordinamento del soccorso competente per la regione di ricerca e soccorso in cui si è verificata la situazione e si mettono a disposizione di tale centro di coordinamento del soccorso;
b) le unità partecipanti informano quanto prima il centro internazionale di coordinamento di ogni contatto con il centro di coordinamento del soccorso e di quanto da esse eseguito;
c) si considera che un natante o le persone a bordo siano in una fase di incertezza, in particolare:
i) quando una persona è stata segnalata come scomparsa o un natante è in ritardo; oppure
ii) quando una persona o un natante non ha inviato il rapporto di posizione o di sicurezza previsto;

d) si considera che un natante o le persone a bordo siano in una fase di allarme, in particolare:
i) quando in seguito a una fase di incertezza, i tentativi di stabilire un contatto con una persona o un natante sono falliti e le richieste di informazioni rivolte ad altre fonti appropriate non hanno dato esito; oppure
ii) quando sono state ricevute informazioni secondo cui l’efficienza operativa di un natante è compromessa, ma non al punto di rendere probabile una situazione di pericolo;

e) si considera che un natante o le persone a bordo siano in una fase di pericolo, in particolare:
i) quando sono ricevute informazioni affermative secondo cui una persona o un natante è in pericolo e necessita di assistenza immediata; oppure
ii) quando in seguito a una fase di allarme, ulteriori tentativi falliti di stabilire un contatto con una persona o un natante e più estese richieste d’informazioni senza esito portano a pensare alla probabilità che esista una situazione di pericolo; oppure
iii) quando sono ricevute informazioni secondo cui l’efficienza operativa del natante è stata compromessa al punto di rendere probabile una situazione di pericolo;
f) per valutare se un natante si trovi in una fase di incertezza, allarme o pericolo, le unità partecipanti tengono in conto, e trasmettono al centro di coordinamento del soccorso competente, tutte le informazioni e osservazioni pertinenti, anche per quanto riguarda:
i) l’esistenza di una richiesta di assistenza, anche se tale richiesta non è l’unico fattore per determinare l’esistenza di una situazione di pericolo;
ii) la navigabilità del natante e la probabilità che questo non raggiunga la destinazione finale;
iii) il numero di persone a bordo rispetto al tipo di natante e alle condizioni in cui si trova;
iv) la disponibilità di scorte necessarie per raggiungere la costa, quali carburante, acqua e cibo;
v) la presenza di un equipaggio qualificato e del comandante del natante;
vi) l’esistenza e la funzionalità di dispositivi di sicurezza, apparecchiature di navigazione e comunicazione;
vii) la presenza a bordo di persone che necessitano di assistenza medica urgente;
viii) la presenza a bordo di persone decedute;
ix) la presenza a bordo di donne in stato di gravidanza o di bambini;
x) le condizioni e previsioni meteorologiche e marine;
g) in attesa delle istruzioni del centro di coordinamento del soccorso, le unità partecipanti adottano tutte le opportune misure per salvaguardare l’incolumità delle persone interessate;

h) qualora un natante sia considerato in una situazione di incertezza, allarme o pericolo ma le persone a bordo rifiutino l’assistenza, l’unità partecipante ne informa il centro di coordinamento del soccorso competente e segue le sue istruzioni. L’unità partecipante continua ad adempiere al proprio dovere di diligenza sorvegliando il natante e adottando tutte le misure necessarie per salvaguardare l’incolumità delle persone interessate ed evitando qualsiasi azione che possa aggravare la situazione o aumentare le probabilità di lesioni alle persone o perdite di vite umane;
i) qualora il centro di coordinamento del soccorso di un paese terzo competente per la regione di ricerca e soccorso non risponda alle informazioni trasmesse dall’unità partecipante, questa contatta il centro di coordinamento del soccorso dello Stato membro ospitante, salvo che tale unità partecipante ritenga che un altro centro di coordinamento del soccorso riconosciuto a livello internazionale sia in condizione di assumere in maniera più efficace il coordinamento della situazione di ricerca e soccorso.
Il piano operativo può contenere dettagli adattati alle circostanze dell’operazione marittima interessata.
3. Qualora la situazione di ricerca e soccorso si sia conclusa, l’unità partecipante, in consultazione con il centro internazionale di coordinamento, riprende l’operazione marittima.

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REGOLAMENTO UE n.1624/2016 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 settembre 2016, relativo alla guardia di frontiera e costiera europea

Articolo 3 – Guardia di frontiera e costiera europea

1.   L’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera («Agenzia») e le autorità nazionali degli Stati membri preposte alla gestione delle frontiere, comprese le guardie costiere nella misura in cui svolgono compiti di controllo di frontiera, costituiscono la guardia di frontiera e costiera europea.

2.   L’Agenzia, con decisione del consiglio di amministrazione e su proposta del direttore esecutivo, definisce una strategia operativa e tecnica per la gestione europea integrata delle frontiere. L’Agenzia tiene conto, ove giustificato, della situazione specifica degli Stati membri, in particolare della loro ubicazione geografica. Detta strategia deve essere conforme all’articolo 4. Essa promuove e sostiene l’attuazione della gestione europea integrata delle frontiere in tutti gli Stati membri.

3.   Le autorità nazionali preposte alla gestione delle frontiere, comprese le guardie costiere nella misura in cui svolgono compiti di controllo di frontiera, definiscono le rispettive strategie nazionali per la gestione integrata delle frontiere. Dette strategie nazionali devono essere coerenti con l’articolo 4 e con la strategia di cui al paragrafo 2 del presente articolo.

Art.6 – Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera

1.   Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera è il nuovo nome dell’Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell’Unione europea, istituita dal regolamento (CE) n. 2007/2004. Le sue attività sono basate sul presente regolamento.

2.   Per assicurare una gestione europea integrata delle frontiere coerente, l’Agenzia facilita e rende più efficace l’applicazione delle misure dell’Unione esistenti e future relative alla gestione delle frontiere esterne, in particolare il codice frontiere Schengen istituito dal regolamento (UE) 2016/399.

3.   L’Agenzia contribuisce a un’applicazione continua e uniforme della legislazione dell’Unione, compreso l’acquis dell’Unione in materia di diritti fondamentali, a tutte le frontiere esterne dell’Unione. Il suo contributo include lo scambio di buone prassi.

Articolo 14 – Interventi dell’Agenzia alle frontiere esterne

1.   Uno Stato membro può chiedere all’Agenzia assistenza nell’adempimento dei propri obblighi riguardo al controllo delle frontiere esterne. L’Agenzia attua anche misure conformemente all’articolo 19.

2.   L’Agenzia organizza la necessaria assistenza tecnica e operativa per lo Stato membro ospitante e può adottare, in conformità del pertinente diritto dell’Unione e internazionale, compreso il principio di non respingimento, una o più delle seguenti misure:

a)

coordinare operazioni congiunte per uno o più Stati membri e dispiegare squadre della guardia di frontiera e costiera europea;

b)

organizzare interventi rapidi alle frontiere e dispiegare squadre della guardia di frontiera e costiera europea attinte dalla riserva di reazione rapida, nonché, se del caso, squadre della guardia di frontiera e costiera europea aggiuntive;

c)

coordinare attività per uno o più Stati membri e paesi terzi alle frontiere esterne, comprese operazioni congiunte con Stati membri vicini;

d)

dispiegare squadre della guardia di frontiera e costiera europea nell’ambito delle squadre di sostegno per la gestione della migrazione nei punti di crisi;

e)

nell’ambito delle operazioni di cui alle lettere a), b) e c) del presente paragrafo e a norma del regolamento (UE) n. 656/2014 e del diritto internazionale, fornire assistenza tecnica e operativa agli Stati membri e ai paesi terzi, a sostegno delle operazioni di ricerca e soccorso per le persone in pericolo in mare, che possono svolgersi nel corso di operazioni di sorveglianza delle frontiere in mare;

f)

impiegare i propri esperti e membri delle squadre che erano stati distaccati dagli Stati membri presso l’Agenzia per sostenere le autorità nazionali competenti degli Stati membri in questione per il tempo necessario;

g)

impiegare attrezzatura tecnica.

3.   L’Agenzia finanzia o cofinanzia le attività di cui al paragrafo 2 a titolo del proprio bilancio, conformemente alla normativa finanziaria applicabile all’Agenzia.

4.   In caso di sostanziale fabbisogno finanziario supplementare ascrivibile a una particolare situazione alle frontiere esterne, l’Agenzia ne informa tempestivamente il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione.

Articolo 34

Protezione dei diritti fondamentali e strategia in materia di diritti fondamentali

1.   La guardia di frontiera e costiera europea garantisce la tutela dei diritti fondamentali nell’esecuzione dei suoi compiti a norma del presente regolamento in conformità del pertinente diritto dell’Unione, in particolare la Carta, il diritto internazionale pertinente, compresi la convenzione del 1951 relativa allo status di rifugiati e il suo protocollo del 1967, così come degli obblighi inerenti all’accesso alla protezione internazionale, in particolare il principio di non respingimento.

A tal fine, l’Agenzia elabora, sviluppa ulteriormente e attua una strategia in materia di diritti fondamentali, che preveda un meccanismo efficace per monitorare il rispetto dei diritti fondamentali in tutte le proprie attività.

2.   Nell’esecuzione dei suoi compiti, la guardia di frontiera e costiera europea provvede affinché nessuno sia sbarcato, obbligato a entrare o condotto in un paese, o altrimenti consegnato o riconsegnato alle autorità dello stesso, in violazione del principio di non respingimento, o in un paese nel quale sussista un rischio di espulsione o di rimpatrio verso un altro paese in violazione di detto principio.

3.   Nell’esecuzione dei suoi compiti, la guardia di frontiera e costiera europea tiene conto delle particolari esigenze dei minori, dei minori non accompagnati, delle persone con disabilità, delle vittime della tratta di esseri umani, delle persone bisognose di assistenza medica, delle persone bisognose di protezione internazionale, delle persone in pericolo in mare e di chiunque si trovi in una situazione di particolare vulnerabilità.

La guardia e di frontiera e costiera europea presta particolare attenzione ai diritti dei minori in modo da garantire che in tutte le sue attività sia rispettato il loro interesse superiore.

4.   Nell’esecuzione dei suoi compiti, nelle sue relazioni con gli Stati membri e nel quadro della cooperazione con i paesi terzi, l’Agenzia tiene conto delle relazioni redatte dal forum consultivo di cui all’articolo 70 («foro consultivo») e dal responsabile dei diritti fondamentali.


NOTA SULLE LINEE GUIDA DELL’IMO ( ORGANIZZAZIONE MARITTIMA DELLE NAZIONI UNITE) PER LA RICERCA ED IL SALVATAGGIO DELLE PERSONE IN MARE.

Gli emendamenti alle Convenzioni SOLAS e SAR ( Risoluzione MSC.167(78) (adottata nel maggio 2004 dal Comitato Marittimo per la Sicurezza insieme agli emendamenti), che il governo maltese non ha ratificato, mirano a preservare l’integrità dei servizi di ricerca e soccorso (SAR), garantendo che le persone in pericolo in mare vengano assistite e, allo stesso tempo, riducendo al minimo gli inconvenienti per la nave che presta assistenza. Essi richiedono agli Stati e alle Parti contraenti di: coordinarsi e cooperare per far sì che i comandanti delle navi che prestano assistenza imbarcando persone in difficoltà in mare siano sollevati dai propri obblighi con una minima ulteriore deviazione rispetto alla rotta prevista dalla nave; e di organizzare lo sbarco al più presto, per quanto praticabile. Essi inoltre obbligano i comandanti che hanno imbarcato persone in difficoltà in mare a trattare queste ultime con umanità, compatibilmente con le possibilità della nave. Al fine di fornire una guida alle autorità di governo ed ai comandanti che si trovano a metter in pratica questi emendamenti, sono state elaborate delle Linee guida sul trattamento delle persone 5soccorse in mar e . Esse contengono le seguenti disposizioni: il governo responsabile per la regione SAR in cui sono stati recuperati i sopravvissuti è responsabile di fornire un luogo sicuro o di assicurare che tale luogo venga fornito. (para. 2.5) Un luogo sicuro è una località dove le operazioni di soccorso si considerano concluse, e dove: la sicurezza dei sopravvissuti o la loro vita non è più minacciata; le necessità umane primarie (come cibo, alloggio e cure mediche) possono essere soddisfatte; e può essere organizzato il trasporto dei sopravvissuti nella destinazione vicina o finale. (para. 6.1)

Le linee guida IMO sul trattamento delle persone soccorse in mare prevedono che “ogni operazione e procedura, come l’identificazione e la definizione dello status delle persone soccorse, che vada oltre la fornitura di assistenza alle persone in pericolo, non dovrebbe essere consentita laddove ostacoli la fornitura di tale assistenza o ritardi oltremisura lo sbarco” (par. 6.20, Risoluzione MSC.167(78) adottata nel maggio 2004 dal Comitato Marittimo per la Sicurezza insieme agli emendamenti SAR e SOLAS).

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